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NATALIA FERRARAPer non fare diventare davvero la democrazia aria fritta

16.03.23 - 14:00
di Natalia Ferrara, avvocato, deputata PLR e candidata al Gran Consiglio
Natalia Ferrara
Per non fare diventare davvero la democrazia aria fritta
di Natalia Ferrara, avvocato, deputata PLR e candidata al Gran Consiglio

Il professor Renato Martinoni, nella sua intervista al Corriere del Ticino del 9 marzo scorso, ha rimproverato alla politica di mancare perlopiù di spessore analitico e, ai media, di essere cassa di risonanza della sola parte da lui definita «non migliore» della società. Le sue riflessioni sono utili, ma, a mio avviso, spesso afflitte dagli stessi mali che denunciano, primo fra tutti far venire meno il primato dell’analisi sulla semplificazione.

Si tratta di un intellettuale che stimo e, proprio perciò, preferisco dissentire pubblicamente da lui invece di assecondare, come egli giustamente lamenta, la dilagante propensione a ignorare le opinioni che non si condividono. L’intervista tocca tantissimi temi ma vorrei soffermarmi su quello che mi pare il fondo del ragionamento di Martinoni, ovvero che «nel suo lato buono la nostra società è di gran lunga migliore del mondo politico che esprime».

Qualche anno fa scrivevo che la cultura politica liberale va difesa e penso che l’intervista di Martinoni offra un bello spunto per farlo. I concetti che il professore locarnese esprime, in particolare la divisione tra mondo politico e società civile e tra lati buoni e i lati cattivi della società, non sono nuovi. Una cultura liberale, tuttavia, non divide la società in buoni e cattivi, bensì, semmai, tra chi rispetta le leggi e chi le trasgredisce. Tutto il resto confonde i peccati con i reati, la morale con le norme, la contesa tra opinioni in competizione tra i migliori e i peggiori o, appunto, tra i buoni e i cattivi. Non penso che Martinoni lo creda, ma la sua intervista potrebbe farlo ritenere, ed è un peccato.

La seconda suddivisione che emerge dal docente emerito dell’Università di San Gallo è quella tra la società civile e la classe politica. Neppure questa è una novità e sorvolo sul fatto che il concetto di “classe”, in conclamata crisi da decenni, sembri ormai utilizzabile solo per descrivere (denigrare?) il mondo politico. A proposito della coppia politici-società vorrei, invece, far notare un altro aspetto. Da tempo congiunge il linguaggio di una certa sinistra e quello di una certa destra l’idea che ci si contrappongano, appunto, il “popolo” e quelli di Bellinzona o quelli di Berna. Ovviamente o insensibili ai bisogni dei meno abbienti o dimentichi della difesa degli interessi della “vera” Svizzera. Svizzera, tra l’altro, dove meno che altrove corriamo il rischio di scollegarci dalla società civile, grazie all’impegno politico di milizia (la politica non è una professione, per fortuna) e grazie anche alla possibilità di presentare iniziative ed anche lanciare referendum. Peccato che un divulgatore dello spessore di Martinoni abbia sorvolato su questi aspetti, concentrandosi su una retorica che a mio avviso allontana la possibilità di trovare soluzioni serie a problemi concreti e rafforza il sentimento di sfiducia verso la democrazia, aiutando proprio chi reputa un assetto politico liberale aria fritta oppure lo fraintende, per dirla con il professor Martinoni.

Ha ragione Martinoni, bisognerebbe effettivamente portare la discussione al livello dei problemi. Utile sarebbe però farlo percorrendo piste analitiche più promettenti e, soprattutto, provando a fare dell’arena politica ciò che lui auspica per la scuola, ossia «un luogo critico, in cui si impara faticando e rispettando delle regole» e, aggiungo io, dove intellettuali della sua caratura evitino la corrente principale, il cosiddetto mainstream, critico o apologetico che sia. Insomma, più approfondimento e meno semplificazione.

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