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Abusi nella Chiesa, parla la Diocesi di Lugano: «Quanto emerso ci spaventa e ci sconcerta»

CANTONEAbusi nella Chiesa, parla la Diocesi di Lugano: «Quanto emerso ci spaventa e ci sconcerta»

13.09.23 - 09:49
«Riconosciamo la nostra responsabilità e ci impegniamo per un cambiamento definitivo», così l'amministratore apostolico Alain de Raemy.
Tipress (Alessandro Crinari)
Abusi nella Chiesa, parla la Diocesi di Lugano: «Quanto emerso ci spaventa e ci sconcerta»
«Riconosciamo la nostra responsabilità e ci impegniamo per un cambiamento definitivo», così l'amministratore apostolico Alain de Raemy.

LUGANO - Sono oltre un migliaio, 1'002 per l'esattezza, i casi di abusi sessuali emersi dal 1950 a oggi nella Chiesa cattolica svizzera. È quanto ha svelato ieri uno studio condotto a livello nazionale dall'Università di Zurigo.

I ricercatori hanno avuto accesso agli archivi ecclesiastici, rivelando quella che hanno definito «solo la punta dell'iceberg». E anche il Ticino ha le sue ombre. Gli archivi della Diocesi di Lugano sono stati definiti «frammentari» a causa di una prassi archivistica inadeguata, il che «rende difficile la ricostruzione dei casi di abuso». Diverse fonti suggeriscono inoltre che le lacune riscontrate siano dovute anche alla distruzione volontaria di documenti da situare tra la metà e la fine degli anni Novanta.

Un silenzio assordante - «Quanto rivelato da questo documento ci spaventa, ci sconcerta, ci rattrista e ci sfida», esordisce nell'odierna conferenza stampa l'amministratore apostolico della Diocesi di Lugano Alain de Raemy. «Quello che mi ha colpito di più, e mi colpisce sempre, è il silenzio assordante dietro il numero delle vittime, poche delle quali hanno potuto esprimersi. E il silenzio che in chiesa viene vissuto come un momento di meditazione e di contatto spirituale in questo caso si fa denso di grida, di richieste di aiuto e sofferenza. Queste vicende rappresentano una contraddizione flagrante con quello che Gesù ci dice, perciò non possiamo paragonare gli abusi perpetrati all'interno della Chiesa e al di fuori».

«Riconosciamo la nostra responsabilità» - «Gli abusatori agiscono non come dei pastori, come dovrebbero, ma come dei lupi. E non c'è peggior tradimento», continua de Raemy. «I 1'002 casi identificati testimoniano che spesso gli autori di questi misfatti sono riusciti a passarla liscia. Non bastano delle semplici scuse per superare il passato, lo studio dell'Università di Zurigo proseguirà per altri tre anni e non servirà a voltare pagina, ma al contrario ad aprire tutte le pagine. Non possiamo non riconoscere questa colpa, c'è un dovere di giustizia verso le vittime e siamo davanti a un momento di verità e di conversione: la Chiesa svizzera garantisce piena collaborazione e farà di tutto per impedire, in futuro, ulteriori abusi sessuali. Riconosciamo la nostra responsabilità e ci vogliamo impegnare per un cambiamento definitivo e repentino».

«VIttime: fatevi avanti» - I casi trattati dalla Commissione diocesana di esperti per la gestione di abusi sessuali in ambito ecclesiale, nata nel 2009, sono stati però, finora, solo cinque. «Tengo a precisare che negli ultimi 20 anni nessun documento è mai stato distrutto, e c'è stata una grande volontà di trasparenza», afferma dal canto suo la giudice Fabiola Gnesa, presidente della Commissione. «I casi che ci sono stati segnalati sono avvenuti negli anni '60, i reati sono dunque prescritti e gli abusatori sono deceduti, per questo si è proceduto con dei risarcimenti», continua. «Ci rivolgiamo però alle vittime di abusi e le esortiamo a farsi avanti. Il fatto che la gente non lo faccia, in Ticino, è probabilmente legato a una questione culturale».

«Forse manca un ente del tutto indipendente, che non abbia il sapore della Chiesa», ammette, interpellato sul tema, de Raemy. Nel nostro cantone non esistono infatti associazioni di sostegno alle persone vittime di abuso al pari di quelle esistenti nella Svizzera francese e tedesca. L'amministratore apostolico invita dunque a indirizzarsi, se non a lui e alla Commissione, al Servizio per l'aiuto alle vittime di reati (LAV). «Riteniamo comunque che creare un'associazione indipendente a cui possano rivolgersi i cittadini rispetto a questo tipo di problematiche possa essere utile, ma non spetta a noi metterci il naso, proprio perché dovrebbe essere indipendente».

Documentazioni distrutte - «Riconosciamo, dalle lettere esposte nello studio, che dei documenti in passato sono stati distrutti (dietro ordine del vescovo Eugenio Corecco, in carica dal 1986 al 1995 ndr.)», continua Don Nicola Zanini, delegato ad omnia dell'amministratore apostolico. Zanini precisa però che «a partire dall’inizio del XXI secolo, con l’episcopato Grampa, la costruzione del nuovo archivio, l’episcopato Lazzeri e l’episcopato de Raemy, nessuna documentazione è stata distrutta». E rispetto alla gestione «sommaria» degli archivi rilevata dai ricercatori: «Per noi il riordino iniziato nel 2013 è stato lento e difficoltoso. In questi ultimi anni, con l'arrivo del nuovo archivista, è ulteriormente e considerevolmente aumentato. Per velocizzare il processo, in linea con quanto auspicato dai ricercatori dell'Università di Zurigo, a ottobre entrerà in carica un'altra persona che si occuperà degli archivi».

De Raemy e il caso Frochaux - Per quanto concerne invece l'indagine relativa agli abusi sessuali perpetrati ai danni di un ragazzo di 17 anni, nel 1998, da parte del parroco Paul Frochaux in uno chalet in Vallese, chalet di proprietà sua e di Alain de Raemy, la Diocesi non si esprime. «È in corso un'indagine e non possiamo parlare».

Alla luce di quanto emerso, la Diocesi ha organizzato un incontro di preghiera che si terrà giovedì 21 settembre a Giubiasco. Quest'ultimo «rappresenterà la conversione della Chiesa svizzera e l'impegno per un aiuto duraturo alle vittime di abusi sessuali». De Raemy visiterà inoltre ogni singola parrocchia sul territorio ticinese per un momento di incontro con i fedeli.

Qui di seguito i contatti utili per chi è stato vittima di abusi (sessuali e non) da parte di un membro della Chiesa

Servizio per l'aiuto alle vittime di reati (LAV): 0800 866 866, dss-lav@ti.ch

Per la Diocesi di Lugano: oltre al monsignor de Raemy e alla Commissione diocesana di esperti, sono a disposizione lo psichiatra Carlo Calanchini: carlo.calanchini@catt.ch e la psicologa Rita Pezzati: pezzri@gmail.com 

Anche l'Università di Zurigo si è fatta avanti per ascoltare le testimonianze di potenziali vittime. Si può contattare il gruppo di ricerca via email, in qualsiasi lingua, a forschung-missbrauch@hist.uzh.ch. 

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