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LUGANOUna crepa che spezza il "Cemento"

07.03.24 - 06:30
L'ultimo album del duo svizzero Crème Solaire spiegato dalla ticinese Rebecca Solari: «Il catrame è un simbolo molto semplice e diretto».
Irascible Records
Una crepa che spezza il "Cemento"
L'ultimo album del duo svizzero Crème Solaire spiegato dalla ticinese Rebecca Solari: «Il catrame è un simbolo molto semplice e diretto».

LUGANO - Un fiore che spacca il cemento, che emerge da una fessura e non muore soffocato sotto terra imprigionato dal catrame. Questo il fil rouge che lega gli 11 brani dell’album “Cemento”, la terza fatica del duo elettro punk Crème Solaire, in uscita il prossimo 22 di marzo con l’etichetta Irascible Records. «Il cemento è un elemento che ci ha inseguite. Dopo l’ultimo album sull’autostrada (“Pannenstreifen ist ohne pic-nic”, letteralmente “la corsia d’emergenza è senza picnic”) ci è sembrato naturale continuare su questa linea», ci ha raccontato la ticinese Rebecca Solari, che con Pascal Stoll compone il gruppo. «È un simbolo molto semplice e diretto che ci ha permesso di scavare in varie idee, personaggi e storie». Il primo assaggio di Crème Solaire in Ticino si potrà gustare durante il release party previsto per oggi, 7 di marzo, al Fresh Festival presso il Teatro Foce di Lugano. 

Dove tutto è iniziato
Come ogni impresa anche "Cemento" è nato da un brano: “Calicanti”. «È stato il punto di partenza, la prima canzone su cui abbiamo sviluppato il progetto». Ed è proprio il fiore su cui si fonda la metafora del catrame. «Cercavamo un inno per invitare le persone a unirsi, un'idea che torna nel ritornello grazie all’aggiunta dei cori». Un appello rivolto al pubblico per spingere le persone a reagire e abbandonare l’inerzia spesso troppo conveniente. «Volevamo creare un movimento, provocare un'attivazione e unire le persone, perché solo così si può essere più forti». 

Gli strumenti impiegati dal duo per scuotere gli spettatori non si limitano al suono elettro punk unito al pop. I testi presentano un’altra proprietà unica nel suo genere: il plurilinguismo. «Nella nostra vita quotidiana ci confrontiamo sempre più spesso con le lingue. Io sono cresciuta in Ticino, ho imparato il francese e ho studiato il tedesco. Invece Pascal è bilingue, francese e svizzero tedesco». 

La scoperta di un nuovo linguaggio
I brani “saltano” da un idioma all’altro con naturalezza spiazzando, inizialmente, l'ascoltatore. «Abbiamo un'attrazione speciale per il romancio, che trovo molto simile al dialetto della Val di Blenio, dove sono cresciuta. Facciamo parte di una generazione costretta a dover imparare nuove lingue, nuovi linguaggi per poter comunicare e uscire dalla nostra bolla». 

Una scelta, nata all’inizio del progetto, che permette un’espressione libera dai confini che un solo idioma immancabilmente impone. «Volevamo riportare i nostri pensieri esattamente come si creano nella nostra testa. Mischiare le lingue nei testi è stato quindi naturale, un metodo per creare più spazio e per sviluppare più in profondità i temi che trattiamo». 

Un po' di anticonformismo
Se in italiano non si trova l'espressione giusta per trasmettere un sentimento o un concetto preciso e lineare ecco che l'inglese, il dialetto ticinese oppure il romancio corrono in aiuto. «Tutto il progetto ruota attorno alla volontà di prendersi tanta libertà: nella musica, nei testi, ma anche nelle performance live. Non mi limito a iniziare la frase in italiano e finirla in italiano, ma al contrario mi lascio trasportare senza limitazioni. È quasi un atto politico» che rappresenta bene la voglia di rompere con gli schemi tradizionali per produrre qualcosa di diverso. 

Una certa dose di anticonformismo che si ritrova anche nel nome stesso del duo Crème Solaire. «Abbiamo scelto qualcosa con un po’ di umorismo», ci confida ridendo Rebecca. «In francese quando una canzone diventa un hit, un tormentone, viene definita con l’espressione “un tube”». Il passo è stato breve. «Ci siamo detti: perché non fare dei “tube de crème solaire”. Ma la nostra musica, fin dall’inizio, non è mai stata in quella direzione. La nostra idea è stata l'opposta. Questo contrasto ci ha sempre divertito e ci piace. È qualcosa che rievoca le vacanze, che si mette per proteggersi ma che allo stesso tempo inquina».

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