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CANTONEUn Frankenstein al passo con i tempi

05.03.24 - 06:30
Il thriller psicologico "Cerebrum" sarà presentato al cinema Art Lux di Massagno dal 7 al 21 marzo
Lakeside Pictures e NEBEL productions
Un Frankenstein al passo con i tempi
Il thriller psicologico "Cerebrum" sarà presentato al cinema Art Lux di Massagno dal 7 al 21 marzo

Il film racconta la storia di William, un ragazzo angosciato e insicuro che, uscito dal coma, decide di scoprire la verità sulla misteriosa scomparsa di sua madre. Mentre la tensione aumenta e le ombre si fanno più minacciose, il protagonista si trova a fronteggiare le conseguenze delle sue scelte passate.

Interamente prodotto a Londra dalle ticinesi Lakeside Pictures e Nebel Productions sarà proiettato dal 7 al 21 marzo al cinema Art Lux di Massagno. In intervista a tio/20minuti i produttori Davide Marangoni e Alessio Di Naro, assieme al regista Sébastien Blanc, raccontano del processo che ha portato alla realizzazione del film.

La trama di Cerebrum è avvolta in una nube di mistero. Lo spettatore rimane letteralmente incollato alla sedia non solo perché la fotografia, la scenografia e l'interpretazione degli attori sono di alto livello, ma anche perché vuole sapere come va a finire la storia. Da dove avete tratto ispirazione?

Sapevamo che doveva essere un film del genere horror, che permette di essere creativi anche a budget limitato. Abbiamo cominciato a pensare, a discutere e a dissotterrare le vecchie idee scaturite durante la scuola di cinema. Siamo partiti dall'idea di un ragazzo che si sveglia dopo un anno di coma: "tutto è cambiato, cosa è successo?" Siamo partiti da lì.

Il carattere fantascientifico dell’opera funge da filo conduttore. Una scelta originale oppure dettata dall'andamento del mercato? In fondo, il genere "sciencefiction" tira molto (pensiamo a serie televisive come Black Mirror o a Ex Machina) e garantisce, forse, qualche possibilità di successo in più. 

All'inizio, quando discutevamo dell'idea, pensavamo di fare qualcosa di più sovrannaturale, tipo horror classico. Ma più ci pensavamo e più ci rendevamo conto che avremmo voluto fare qualcosa di diverso, che giocasse con le aspettative del pubblico. Siamo partiti dal sovrannaturale per andare verso il fantascientifico.

Nel film viene posto l’accento sulle relazioni familiari. Da una parte quella tra William (il personaggio principale) e il padre dispotico e, dall’altra, quella con la madre amorevole. Un contrasto percepito per l’intera durata del film. A cosa "serve" approfondire a tal punto le relazioni tra i personaggi? Si può dire che fungono da "collante" alla trama? 

Il film è concentrato su un protagonista e un antagonista. Per noi era fondamentale lavorare sulla loro relazione. Soprattutto per quello che riguarda la percezione della morte di un proprio caro. Era importantissimo che la madre Amelia fungesse da catalizzatrice. Nel momento in cui viene a mancare crolla il castello di cartapesta. Spetta poi ai personaggi restanti capire se elaborare e superare il lutto oppure scontrarsi uno con l'altro.

Un altro tema è quello della gabbia. William è intrappolato all’interno di una grande casa bianca e sterile. Fisicamente è impossibilitato dal suo corpo spezzato. Sul piano spirituale è tormentato da pensieri e incubi che non gli lasciano scampo. Qual è l’effetto di tutto ciò sul pubblico? 

Effettivamente c'è anche la scena con il topolino legato con i cavi elettrici oppure le persone che vengono segregate in cantina. Volevamo trasmettere un senso di claustrofobia per legare lo spettatore al protagonista e alla sua mente intrappolata in un mondo dal quale tenta disperatamente di fuggire. Tutti elementi che si ricollegano a quello della gabbia.

Vorrei proporre un termine un po' azzardato: "Frankenstein moderno". Cosa ne pensate?
Non è assolutamente un termine a caso. Anche le critiche apparse sui principali media internazionali, tra i quali il Guardian, sono andate in quella direzione. Nel film c'è anche il personaggio della dottoressa, che è la dottoressa Shelley.

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