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BELLINZONAPer i "Nostran" si chiude la trilogia

19.06.23 - 06:30
Il gruppo punk-rock ticinese ha sfornato l'ultimo album di un progetto iniziato tre anni fa
Nostran
Per i "Nostran" si chiude la trilogia
Il gruppo punk-rock ticinese ha sfornato l'ultimo album di un progetto iniziato tre anni fa

BELLINZONA - «Il dialetto, gli aspetti goliardici e i riferimenti al territorio ci sono sempre stati. E per la volontà di fare musica per un contesto locale». Sono le parole di Donat Walder, chitarrista dei "Nostran", il famigerato gruppo tutto alla ticinese che, di recente, ha pubblicato l'ultimo Ep di una trilogia cominciata nel 2020 con "Al prim gott". L'abbiamo intervistato. 

Con il vostro ultimo Ep "Nostran" si chiude la trilogia. Qual'è il fil-rouge che collega i tre Ep? 
«In ognuno sono presenti canzoni che rispecchiano bene la nostra paletta sonora: c’è un piacevole equilibrio tra rock, punk, metal e folclore».

Come si differenzia il terzo Ep dagli ultimi due? 
«Rispetto ai primi due è probabilmente più rock e le parti pesanti sono meno. Ciò non significa però che ci stiamo alleggerendo. Infatti, considerando le canzoni che stiamo preparando al momento, sembrerebbe che la prossima uscita sarà di nuovo un po’ più dura».

Entriamo nel vivo: qual è il messaggio che sta dietro ai brani "Canzon d'amor" e "Dì di mort"? 
«Parlare di messaggio nel nostro caso è forse un po' altisonante. I nostri testi sono in genere delle semplici storielle di vita quotidiana. In "Canzon d’amor" il narratore racconta dapprima alcuni suoi approcci amorosi poco fruttuosi. Alla fine si rende però conto che ciò che cercava era sempre stato lì accanto a lui, pronto ad accoglierlo. Semplicemente non era stato in grado di vederlo».

«In "Dì di mort" il protagonista vuole andare a messa per il giorno dei morti. Si accorge però che tutto ciò che dava per scontato è svanito, non c’è più il cimitero e il prete ha definitivamente perso la fede. Atterrito dal nichilismo il nostro eroe si sente perso. Per sua fortuna, alla fine il tutto si rivela un sogno e lui può tornare a credere. Se volessimo fare un’analogia colta, potremmo dire che si tratta di una modesta rivisitazione dialettale del "Discorso del Cristo Morto" di Jean Paul». 

Puoi raccontarci del processo creativo che ha portato alla realizzazione di entrambi i brani?
«Le nostre canzoni nascono tutte allo stesso modo: si parte da una melodia attorno alla quale viene costruito un arrangiamento musicale. Il testo è sempre l’ultima cosa a venir aggiunta». 

Siete sempre stati molto coerenti nelle vostre scelte musicali e stilistiche. Mi riferisco in particolare all'uso del dialetto, al carattere dei personaggi dei quali raccontate le vicende e al sound rockeggiante delle vostre canzoni. Si può dire che siete rimasti "immutati" nell'arco degli anni? 
«È vero. Sono ormai più di trent’anni che, con i Vomitors prima e con i Nostran ora, facciamo questo tipo di musica. Se da una parte si tratta di una cosa molto spontanea, è però anche il frutto di una scelta molto precisa. Il dialetto, gli aspetti goliardici e i riferimenti al territorio ci sono sempre stati. E proprio per la volontà di fare musica per un contesto locale. Pur facendo canzoni che dal punto di vista stilistico possono essere molto diverse tra loro, il nostro suono e il nostro senso per la melodia rimangono sempre molto riconoscibili». 

Cosa vi riserva il futuro? Avete progetti in cantiere? 
«Il nostro Ep è appena uscito in forma digitale e stiamo pubblicando un CD con tutte le 18 canzoni contenute nei tre Ep. A inizio mese abbiamo girato un video per la canzone intitolata "Sciüscia" e presto vorremmo realizzare un paio di altri video. Abbiamo inoltre già pronta un’altra decina di canzoni che inizieremo a registrare a breve. E ovviamente cercheremo di intensificare i concerti. Nei prossimi mesi sono previste alcune date interessanti, speriamo se ne possano aggiungere altre». 

 

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COMMENTI
 

sirio 10 mesi fa su tio
Va cunosi mia adess a cerchi i vos canzon
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