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RUSSIA / UCRAINALo spauracchio nucleare che "abita" il Cremlino

20.04.22 - 14:30
Le armi atomiche trovano spesso spazio nelle parole di Mosca. Ma in quale caso potrebbero essere davvero utilizzate?
Depositphotos (foto d'archivio)
Lo spauracchio nucleare che "abita" il Cremlino
Le armi atomiche trovano spesso spazio nelle parole di Mosca. Ma in quale caso potrebbero essere davvero utilizzate?

MOSCA - Deterrenza. Le sue radici etimologiche sono limpide. Quel “de” che implica un allontanamento e il verbo latino “terrere”, che letteralmente significa spaventare. Scacciare e dissuadere qualcuno dal fare qualcosa mediante lo strumento della paura. O di un suo diretto "ambasciatore". E poche entità ricoprono questo ruolo con la stessa efficacia di quelle armi nucleari che il Cremlino ricorda così spesso a tutti di avere nei suoi bunker.

Per intercettare l’ultimo accenno basta riavvolgere i dispacci d’agenzia a ieri, quando Mosca ha assicurato che «non sta valutando la possibilità di utilizzare armi nucleari in Ucraina». Vero è che il ministro russo degli Esteri, Sergei Lavrov, non è andato a “sfiorare” il pulsante rosso di sua iniziativa, perché stava rispondendo a una precisa domanda posta dalla stampa. Ma altrettanto lo è il fatto che domande di questo tipo sono figlie (legittime) dell’ordine con cui il presidente russo Vladimir Putin ha messo in stato di allerta le forze di deterrenza nucleare della Federazione Russa. Era il 27 febbraio e l’esercito russo, lo ricordiamo, aveva sfondato il confine ucraino solo tre giorni prima.

Che si trattasse o meno di una carta per aggiungere pressione a quei negoziati che avrebbero preso il via solo poche ore dopo, lo spauracchio atomico era ormai stato evocato. E da quel momento non ha più smesso di aleggiare sullo sfondo della cosiddetta «operazione militare speciale» di Putin. E di fatto, scriveva già un mese fa su Foreign Policy il ricercatore del Royal United Services Institute (RUSI) Matthew Harries, «le armi nucleari, pur non essendo ancora state utilizzate, hanno modellato la guerra in Ucraina» e quelli che saranno gli esiti del conflitto andranno a loro volta «a rimodellare il nostro punto di vista» su queste armi «per i prossimi anni».

La deterrenza, sottolinea sempre Harris, esiste «a patto che l’altra parte consideri credibile e reale» la minaccia in questione. In questo caso quella posta dalla Russia; che afferma di non stare valutando il ricorso ad armi atomiche, ma che al contempo si rifiuta di escluderlo a priori. Quello di deterrenza è però anche un concetto «dinamico», che può subire variazioni a seconda di come il conflitto sposta gli interessi e modifica la posta in gioco. Ma in quale eventualità Mosca potrebbe ritenerne giustificato l’utilizzo? La risposta si trova in un documento strategico - le Basi della politica di Stato della Federazione Russa in materia di deterrenza nucleare - datato al 2020, realizzato dagli strateghi militari del Cremlino.

Putin uguale Russia, l'equazione pericolosa
In estrema sintesi: per Mosca la via nucleare diventa un'opzione concreta solo come rappresaglia in caso di un altro attacco nucleare - o di uno effettuato con altri tipi di armi di distruzione di massa - o qualora l'esistenza stessa dello Stato fosse messa a repentaglio. Su carta, due ipotesi improbabili. Nel concreto un po' meno, specie nel secondo caso. E il motivo trova spazio nell'idea che - per farla molto breve - «senza Putin, non esiste la Russia». Parole che l'attuale presidente della Duma, Viaceslav Volodin, aveva pronunciato nel lontano 2014 ma che nonostante gli anni non sembrano essersi ossidate più di tanto.

Il punto quindi sta nell'equazione secondo cui "Putin uguale Russia". E, ovviamente, nell'eventuale tentativo di volerla sbilanciare. «La logica è semplice», spiega a Radio Free Europe l'ex diplomatico Nikolai Sokov, oggi analista per il Centro per il disarmo e la non proliferazione di Vienna. «Se viene forzato un cambiamento di governo dall'esterno, lo Stato non è più sovrano». E non può non tornare alla mente il recente "scivolone" del presidente statunitense Joe Biden, che in Polonia affermò che Putin «non può restare al potere», costringendo la Casa Bianca a rettificare in tutta fretta sul fatto che il commander-in-chief «non stava parlando di Putin al potere in Russia o di un cambio di regime».

Ed è in virtù di quell'equazione che, osserva l'esperto, «il momento più rischioso» sarà probabilmente «dopo la fine dei combattimenti». Quando «l'Occidente dovrà decidere cosa fare con la Russia. E se dovesse spingersi troppo oltre, non escludo che si possa arrivare all'uso delle armi nucleari».

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