Il 20 novembre il Tribunale cantonale amministrativo ha accolto il ricorso di una ditta che contestava l’obbligo d’iscrizione all’albo
BELLINZONA - Il Tribunale cantonale amministrativo (Tram) ha emesso una sentenza che potrebbe rivoluzionare le basi della Legge sulle imprese artigianali (Lia) e mettere in discussione l’esistenza dell’albo che ha introdotto. Una ditta del Sopraceneri aveva ricorso contro l’obbligo di iscrizione all’albo e il Tram le ha dato ragione.
Cade l’obbligatorietà - L’avvocato Paolo Tamagni, rappresentante legale della ditta in questione, è soddisfatto della sentenza del Tram: «È una vittoria per l’imprenditorialità del canton Ticino». Il Tribunale ha messo in discussione l’aspetto essenziale dell’albo Lia: la sua obbligatorietà.
«Gli imprenditori - continua l’avvocato - non dovranno più sottostare a una cosa totalmente inutile». Cosa succederà ora? «Molte ditte inoltreranno ricorso» facendosi forza da questo primo caso.
Il ricorso - La ditta in questione è attiva nel commercio di mobili e attrezzature per l’arredamento di case e uffici, ma offre anche come servizio la posa di rivestimenti di pavimenti. In questo ambito è stato stabilito che soggiace all’obbligo d’iscrizione all’albo della Lia. L’azienda ha presentato ricorso, contestando l’assoggettamento che «limiterebbe il suo diritto di svolgere l’attività economica».
La decisione - Il Tram ha accolto il ricorso della ditta ricorrente, annullando la decisione della Commissione di vigilanza sulle imprese artigianali che stabiliva l’obbligo della sua iscrizione all’albo Lia. La motivazione? L’iscrizione «è lesiva della libertà economica».
L’obbligo d’iscrizione dovrebbe essere «sorretto da un sufficiente interesse pubblico e soddisfare il principio della proporzionalità». Lo stesso Tram riconosce che in questo caso «giustificare le restrizioni della libertà economica appare alquanto carente» e «sproporzionato».
«Abrogate la legge» - Andrea Genola, primo firmatario della petizione contro la Lia, pensa che la sentenza del Tram sia un primo passo nella direzione giusta: «Spero che ora si facciano avanti anche tutti i piccoli artigiani, ma soprattutto che la polizia abbia il coraggio di abrogare questa aberrante legge».
La petizione per l’abrogazione della Lia ha raccolto 4'602 firme. «Quelle delle persone penalizzate da una legge che crea concorrenza sleale perché impone gli stessi costi a tutti, piccoli artigiani e grandi aziende». Genola coglie l’occasione per sottolineare come nonostante siano 4’500 le ditte interessate, le iscrizioni a distanza di 22 mesi dall’entrata in vigore siano 2’500, «alcune della stessa società, doppie o triple». Se c’è chi sta versando la quota per il rinnovo del secondo anno, altre aziende «hanno inoltrato i documenti entro i termini previsti ma non sono ancora state iscritte, esercitando senza pagare, con un permesso provvisorio di lavoro». Genola conclude: «Incoraggio tutti a inoltrare ricorso».
L'Iva ai "padroncini" - Se la Lia era stata creata con l'obiettivo di «tutelare la qualità dei lavori delle imprese che operano sul territorio ticinese e prevenire gli abusi nell’esercizio della concorrenza», c'è una nuova legge che risolverà il problema. Dal 1. gennaio - come riporta laRegione - anche le imprese con sede in un Paese Ue che fatturano in Svizzera (senza minimo d'importo) saranno sottoposte alla legislazione sull'Iva.
Se fino a oggi l'obbligo riguardava solo chi produceva su territorio confederato importi superiori ai 100'000 franchi, dal 2018 i cosiddetti "padroncini" dovranno dotarsi di un rappresentante fiscale per l'Iva in Svizzera. La nuova normativa non si applica alle importazioni, ma solo ai lavori svolti sul nostro territorio, anche quelli delle piccole imprese italiane su suolo ticinese.