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PICCOLE STORIEDal debutto (a 16 anni) con l'HCL, alla... cura del corpo: la storia di Jelmini

06.03.24 - 23:28
Il ticinese aveva esordito nella massima serie nel 1989: «Andavo ancora a scuola. Mi tremavano le gambe, ma me la sono cavata senza intoppi»
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Dal debutto (a 16 anni) con l'HCL, alla... cura del corpo: la storia di Jelmini
Il ticinese aveva esordito nella massima serie nel 1989: «Andavo ancora a scuola. Mi tremavano le gambe, ma me la sono cavata senza intoppi»
Il 50enne ha attualmente una vita molto attiva e nel mese di giugno percorrerà in canoa il fiume Yukon: «Cercheremo di sopravvivere in mezzo agli orsi per tre settimane, ho sempre bisogno di scaricare l'adrenalina»
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LUGANO - Davide Jelmini è stato uno dei primi ticinesi – del settore giovanile bianconero – a esordire nella prima squadra del Grande Lugano alla fine degli anni'80.

Nella sua carriera il 50enne – ideatore e gestore dello studio DESEO, dove pratica attualmente Pilates e massaggi medicali (ginnastica posturale) – ha disputato con i sottocenerini in totale 121 partite (4 punti) nella massima serie. «Il mio esordio è avvenuto nel 1989 – a soli 16 anni – e in panchina c'era il maestro John Slettvoll. Effettivamente all'epoca non erano presenti molti ticinesi nella rosa, visto che in quegli anni a Lugano il livello in generale si era alzato notevolmente e non era semplice per nessuno del vivaio fare il grande salto. Nel periodo in cui ho potuto assaporare l'aria dei grandi – fino al 1993 – militavo ancora nelle giovanili e ho condiviso questa esperienza anche con Nicola Fraschina, Krister Cantoni e Marco Werder, con i quali sono cresciuto. Il mio debutto? Sono venuti a prelevarmi a mezzogiorno a scuola per andare a Porrentruy, dove in serata sfidavamo l'Ajoie. Mi tremavano le gambe, ma me la sono cavata senza intoppi e il giorno dopo a scuola mi hanno fatto sentire importante. Sono state delle emozioni incredibili».

In seguito Jelmini – a 21 anni – è sceso di categoria per farsi le ossa, dove ha difeso i colori di Ajoie e Martigny per due stagioni, dopodiché è tornato a Lugano nel 1996. La sua seconda esperienza sulle rive del Ceresio è però durata soltanto un anno e mezzo, dato che all'inizio del 1998 si è poi accasato al Coira – nuovamente fra i cadetti – per tre campionati. In Lega Nazionale B il ticinese ha messo a referto 48 punti in 175 match e nei Grigioni ha conquistato due campionati (1999 e 2000), centrando al secondo tentativo la promozione. «Con Mats Waltin in panchina ho firmato il mio primo contratto da professionista con il Lugano e ho iniziato a giocare in pianta stabile. In seguito è arrivato Jim Koleff e il mio spazio sul ghiaccio si è ridotto notevolmente. Venivo schierato nella checker-line, ma siamo stati in grado di non incassare nemmeno una rete per dodici partite di fila e per me si è trattato di un grande traguardo, anche perché in pista avevo un ruolo prettamente difensivo: ero poco tecnico, ma portavo tanto peso. Ricordo il compianto Tiziano Muzio – storico preparatore atletico – che mi chiamava "animale". Diceva che quando svolgevo i test ero sempre uno dei primi nonostante non mi impegnassi al massimo e che se lui avesse avuto il mio fisico - unito alla sua volontà - avrebbe vinto le Olimpiadi. In ogni caso, visto il poco spazio concessomi, ho deciso a malincuore di lasciare il Lugano e di scendere di categoria. A Coira, arrivando dalla massima serie, mi trattavano come una sorta di straniero, la paga era buona e vivevo in un bell'appartamento. La squadra era inoltre competitiva, avevo tanto ghiaccio e il pubblico sugli spalti era molto caloroso. Nei Grigioni ho anche ritrovato il mio vecchio amico Werder e insieme ci siamo veramente divertiti».

Il sottocenerino ha poi terminato la sua carriera nel 2000, a soli 27 anni. «Sono purtroppo incappato nella sesta commozione cerebrale – con danni all'apparato vestibolare – e ho dovuto appendere i pattini al chiodo. In principio è stato difficile, ma ho iniziato a immergermi in un'altra mia grande passione – ovvero la cura del corpo – e la mia vita ne ha beneficiato. In precedenza, a 22 anni, ero anche andato per un mese in Thailandia – a seguire dei corsi con dei monaci buddisti – e dopo quell'esperienza, in parallelo all'hockey, ho cominciato a studiare come massaggiatore medicale in Svizzera. Quando ho smesso la mia carriera sportiva ero di conseguenza già introdotto nella professione, per cui è stato più semplice il mio ambientamento in questo settore, dove ho conseguito numerosi diplomi. Non riuscivo a stare fermo e quindi, per scaricare tutta l'adrenalina che avevo in corpo, sono anche diventato sia istruttore di Pilates sia personal trainer. In seguito ho aperto il mio studio privato – il primo di questo genere in centro città a Lugano – in cui lavoro tuttora e che nel tempo è cresciuto notevolmente. In questo contesto mi sono realizzato sotto tutti i punti di vista: sono per esempio stato per 11 anni il terapista di riferimento del Cirque du Soleil e ho lavorato sia con Madonna sia con Lenny Kravitz».

Con il tempo sei riuscito a calmare le scariche di adrenalina? «No, le ho ancora e le cerco costantemente. Ho programmato una vacanza da brividi in Canada il prossimo mese di giugno insieme a un mio amico. Per l'occasione percorreremo in canoa il fiume Yukon in solitaria per 550km, cercando di sopravvivere in mezzo agli animali selvatici nell'arco di tre settimane. Porteremo lo stretto necessario, ovvero attrezzi da pesca, una scorta di viveri (riso, fagioli e noci), così come lo spray al pepe contro gli orsi, sperando di non incrociarne mai uno. Sono inoltre intenzionato a conseguire prossimamente il brevetto di paracadutista, ma il mio vero sogno è la tuta alare. Adoro godermi la vita e cerco di stare sempre molto attivo, svolgendo anche delle attività insieme alle mie due figlie di 16 e 18 anni, che sono delle vere sportive e con le quali ho un'ottima intesa. Ho una vita frenetica, ma sono consapevole che quando sarò vecchio non potrò più correre e a quel punto mi fermerò».

Raccontaci qualche aneddoto riguardante la tua carriera. «Ricordo con piacere la vittoria della medaglia d'oro colta agli Europei B U18 nel 1991 con la nazionale svizzera, momento in cui siamo stati promossi nel gruppo A. In squadra erano presenti – fra gli altri – anche Marcel Jenni, Lars Weibel, Tiziano Gianini e Ivan Gazzaroli. Oltre a questo nel 1989 avevo passato un draft a livello giovanile in Canada (LHJMQ), dopo aver preso parte a un prestigioso torneo con una squadra locale e su 160 difensori presenti, hanno premiato proprio il sottoscritto come il migliore della competizione. Ho provato una grande emozione e mi sarebbe piaciuto restare, ma visto che dovevo ancora finire la scuola sono rientrato in Ticino. Il giocatore più forte con cui ho condiviso lo spogliatoio? Igor Larionov».

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COMMENTI
 

L'Azzeccagarbugli 1 mese fa su tio
Jelmini è un vero fenomeno! Buon viaggio in Canada 🥳🥳

nuska 1 mese fa su tio
whow

cle72 1 mese fa su tio
Erano gli anni in cui il "grande" Lugano, non condiderabmva i suoi giovani giocatori ticinesi. Davano false speranze e poi relegati tutti in serie B. Difatti alcuni sono venuti ad Ambri per poter giocare in serie A. Che dire un plauso alla vecchia dirigenza. Davide sicuramente avrebbe meritato molto di più. Un vero peccato per lui.
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