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L’ANEDDOTO DEL SEBABotte al giornalista, il coach va a processo, «E noi che ci aspettavamo una punizione…»

19.10.23 - 11:00
«Adesso ci fa pattinare fino a che non vomitiamo»
Imago
Botte al giornalista, il coach va a processo, «E noi che ci aspettavamo una punizione…»
«Adesso ci fa pattinare fino a che non vomitiamo»
Seba Reuille ritorna con un aneddoto divertente e… “doloroso”.
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LUGANO -  Milletrentacinque match ufficiali in National League, tra regular season e playoff, sono un’enormità. Una vita intera dedicata all’hockey, contando poi pure gli anni trascorsi da direttore sportivo dei Rockets. Una vita fatta di emozioni, trionfi, cadute, gioie e dolori. E aneddoti. Come quelli di cui è piena la valigia di Sébastien Reuille. Una valigia che, ora che disco e ghiaccio li guarda da fuori, il 42enne ha aperto per noi.

«Nel febbraio 2009, mentre ero al Rapperswil, andammo a giocare una partita a Friborgo - ha raccontato Seba - E perdemmo male. Quell’anno avevamo un allenatore finlandese, Raimo Summanen, che era abbastanza, diciamo… bipolare. Voglio dire, era uno che da un minuto all’altro poteva cambiare completamente umore. Poteva ridere e scherzare e l’istante dopo essere molto duro, arrivando a spaccare il bastone sulla balaustra. Insomma, vivemmo questa brutta serata, di sabato, e tornando a casa potete immaginare l’atmosfera che c’era nel pullman. Non c’era aria di festa. Visto il coach, poi, già ci aspettavamo di poter subire una punizione. E le nostre paure aumentarono quando, arrivati alla nostra arena - saranno state le due o le tre di notte - proprio Summanen ci convocò nello spogliatoio. Di solito a quell’ora uno prende le sue cose e se ne torna a casa, invece in quell’occasione ci sarebbe toccato altro...».

Strigliata?
«All’inizio ci fu questa paura. Un po’ tutti ci dicemmo: “Adesso ci fa pattinare fino a che non vomitiamo”».

Non andò così?
«Entrò nello spogliatoio con un sorriso enorme e cominciò a raccontare una storia tutta sua. Ci disse che non sarebbe stato presente all'allenamento del lunedì mattina perché sarebbe dovuto rientrare velocemente in Finlandia».

Un problema imprevisto?
«No, ci spiegò che l’estate precedente, mentre era in un bar, un giornalista aveva cominciato a importunarlo. Così lui l’aveva preso a botte. E così dicendo cominciò a mimare la scena, lasciandoci di stucco, divertiti».

E l’assenza cosa c’entrava?
«Era atteso dal giudice per il processo. La situazione fu surreale. Potete immaginare le risate che ci facemmo».

Alla fine non lo arrestarono?
«Non credo proprio. Forse lo multarono. Ricordo solo che tornò il martedì mattina e, ovviamente, si comportò come se nulla fosse successo».

 

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