Dafne Mombelli, gruppo Genitori per il clima
Il prossimo 30 settembre parteciperò alla Manifestazione nazionale per il clima a Berna (https://manifestazione-clima.ch/) perché sono sempre più preoccupata per il futuro dei miei figli e per l’eredità avvelenata che lasceremo alle nuove generazioni.
Scendere in piazza per il clima è un atto civico efficace. Lo abbiamo visto nel 2019, quando a manifestare a Berna fummo in 100.000. Il movimento per il clima riuscì a mandare un messaggio chiaro e forte ai politici: il pianeta brucia, agite, ora. A distanza di quattro anni, qualche risultato è stato raggiunto e le pressioni degli attivisti, soprattutto dei giovani dello
Sciopero per il clima, hanno sicuramente avuto un ruolo importante.
Tuttavia, i passi intrapresi dalla Svizzera non sono certo all’altezza delle sue possibilità. Per questo motivo è importante tornare a Berna. Prima di tutto, per chiedere che la politica dia immediata priorità alla protezione dell’ambiente. Secondariamente, per ribadire che la giustizia climatica deve diventare realtà. Terzo, per pretendere che i principali responsabili della crisi climatica si assumano le loro responsabilità. La questione della responsabilità riguarda anche il settore agricolo. Affermazione scontata? Purtroppo non per tutti. Recentemente Giovanni Berardi ha diffuso una fallacia contenuta in un rapporto dell’Unione svizzera dei contadini (una fonte non propriamente indipendente) che, partendo da uno studio che prende in esame il calcolo delle emissioni, conclude semplicisticamente che “l’allevamento bovino svizzero non concorre ad aumentare il riscaldamento climatico” (https://www.tio.ch/rubriche/ospite/1688487/mucche-anni-giovanni-berardi-vita).
Insomma, ci voleva un rapporto dei lobbisti per azzerare… non le emissioni di gas metano di cui l’allevamento bovino è responsabile, bensì tout court le sue responsabilità. Peccato che si ometta di considerare che l'obiettivo urgente è la riduzione delle emissioni, non il raggiungimento di un equilibrio ai livelli attuali, soprattutto considerando il fatto che l’attuale quantità di metano nell’atmosfera è ben al di sopra di quella dello scenario di 2oC sviluppato dall’IPCC. Al di là di qualsiasi calcolo, è lapalissiano: se il numero di bovini non diminuisce, non diminuirà nemmeno la concentrazione di metano, che in Svizzera proviene per l’83% dall’agricoltura.
L’intento di coloro che, sempre più spesso, ricorrono a fallacie argomentative in riferimento al clima, è chiaro. Minimizzare i fatti e sviare dai veri problemi. Rallentare la messa in atto delle soluzioni. Ostacolare il cambiamento. Mantenere il più possibile lo statu quo. Come accaduto in passato con la lobby del tabacco, quando non si può più negare l’evidenza, si può almeno creare tanta nebbia. Funziona altrettanto bene mettere in cattiva luce chi propone le misure necessarie: ecco che si scrive allora di persone che “urlano”, che hanno “idee strampalate”, che attentano alla vita dei pacifici ruminanti svizzeri. Oppure si ridicolizzano i loro argomenti: L’NO2, potente gas climalterante che si forma con l’uso di concimi azotati, diventa uno spassoso “gas che fa ridere”. Infine si può suscitare ilarità con qualche battuta su peti e petomani… Sempre in tema di fallacie, fa riflettere che si definiscano “deleteri piani di abbattimento” le proposte di diminuire progressivamente il numero di bovini per ottemperare agli obbiettivi climatici. Premesso che le opposizioni degli allevatori a queste misure riguardano questioni economiche, non certo etiche, teniamo presente che deleteria è in realtà l’enorme produzione di carne che sta distruggendo le risorse del pianeta: in Svizzera nel 2022 sono stati mandati al macello ben 1.592.349 capi bovini, in gran parte di età compresa fra 1 e 2 anni, e la produzione di carne aumenta di anno in anno (fonte Agristat,
https://www.sbv-usp.ch/fileadmin/user_upload/03_SES2022_Viehwirtschaft.pdf. tab. 3.13, 3.15).
Giovanni Berardi, sindaco, granconsigliere e candidato al Consiglio nazionale, ci ha così offerto, suo malgrado, uno spunto per riflettere più in generale su un certo modo di intendere la politica. Di fronte alla gravità della crisi climatica, come cittadini dobbiamo svegliarci e pretendere di più da chi ci rappresenta. Dobbiamo ricordare loro che hanno grandi responsabilità nei nostri confronti e nelle decisioni che riguardano il futuro di tutta la società. Ciascuno di noi deve assumersi le proprie responsabilità, ma prima di tutto è indispensabile che la classe politica abbia il coraggio di dire la verità senza condizionamenti di parte.
È per questo motivo che sarò a Berna il prossimo 30 settembre: per chiedere alla politica di affrontare la crisi climatica con maggiore rettitudine e senza farci perdere altro tempo! Non dovesse farlo, nemmeno le mucche svizzere si salveranno