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Se sono i giovani a dire come si fa la classica

LUGANOSe sono i giovani a dire come si fa la classica

10.10.23 - 06:30
L'Orchestra Le Nove, composta da giovanissimi musicisti, si appresta questa sera a conquistare per la prima volta il Lac
Le Nove di Beethoven
Se sono i giovani a dire come si fa la classica
L'Orchestra Le Nove, composta da giovanissimi musicisti, si appresta questa sera a conquistare per la prima volta il Lac

LUGANO - Una musica classica dai più giovani e per tutti. È ciò che si propone di fare il progetto "Le nove di Beethoven", nato nel 2019 dall'idea di nove ragazze e ragazzi che allora avevano tra i 14 e i 17 anni. Un progetto che ha saputo oltrepassare le insidie dettate dal Covid, ma anche il divario generazionale e che, finita la pandemia, è riuscito nel corso dell'ultimo anno a percorrere varie sale da concerto ticinesi per infine approdare questa sera al Lac.

Ormai prevalentemente composto da membri stabili, dall'iniziale progetto è nata l'Orchestra Le Nove che si pone come obiettivo quello di rendere maggiormente attrattiva la musica classica, di reinventare il rapporto tra il pubblico e i musicisti e di aprire una discussione - si legge in una nota - sul ruolo della musica in una società che sembra volersi autodistruggere. Il tutto senza precludere la possibilità a nessuno dei musicisti di poter anche crescere per conto proprio e del farsi conoscere anche in altre formazioni.

Quello di stasera sarà il primo concerto al Lac della giovane orchestra che, guidata dal direttore d’orchestra Yuram Ruiz, si esibirà nella Sinfonia numero Nove di Beethoven. Per l'occasione abbiamo sentito il violoncellista Leandro Pezzoli, fra i membri fondatori del progetto.

Il progetto è nato con le stesse intenzioni con cui viene portato avanti oggi?
«Sì, perché comunque l'idea iniziale era di suonare le nove sinfonie di Beethoven. Ed è proprio quello che faremo questa settimana, portando sul palco la Nona Sinfonia. Ma allo stesso tempo no perché all'inizio non eravamo sicuri di farcela. In realtà volevamo solo fare il primo concerto e vedere, per così dire, come andava. E abbiamo davvero superato le nostre aspettative. Dell'inizio è rimasto anche il desiderio di essere dei giovani musicisti che organizzano un'orchestra e che questa orchestra sia loro, senza quindi la necessità di dover suonare in composizioni che appartengano ad altri».

Qual è la vostra soluzione per rendere la musica classica attrattiva?
«Il primo punto è rispettare la qualità e la complessità della musica classica, senza quindi cercare di semplificarla o di toccare quello che è il contenuto musicale. Lavoriamo invece sulla cornice, cercando di alleggerirla. Per esempio abbassando i prezzi dei biglietti, permettendo a ognuno di pagare secondo i propri mezzi. Ci sono biglietti da cento franchi, come sempre, ma anche da cinque dedicati agli adulti. Sui social puntiamo invece a conquistare un pubblico più giovane. Puntiamo sulla divulgazione e non solo sul concerto».

Siete riusciti effettivamente a conquistare un pubblico che normalmente non ascolta questo tipo di musica?
«Questo è indubbio. Non abbiamo ancora le statistiche per il concerto di domani, ma in passato la presenza di giovani è stata estremamente alta e anche di tutte quelle persone che rientrano nella fascia 30-40. Insomma, non abbiamo visto solo anziani».

A cosa aspettarsi per il concerto di stasera?
«Si tratta della conclusione del nostro percorso ed è una tappa importantissima perché è una sinfonia che quando è stata scritta, se ne scrisse. Non so dire chi, ma se ne parlò come di una musica che si capirà al più presto fra cento anni. È volta al futuro, estremamente moderna per l'epoca in cui è stata composta per la prima volta. Anche oggi è qualcosa che sfida alcune delle norme a cui siamo abituati. È un brano molto ricco e l'orchestra che lo suona è davvero grande. Parliamo di 150 persone tra coro e strumenti. A questo si aggiunge una durata del brano importante: ossia un'ora e mezza. Il tutto in un contesto sarà di estrema unità, vogliamo riuscire a dare un'esperienza completamente immersiva. È qualcosa di molto speciale rispetto a ciò che abbiamo fatto fino a oggi, più di un semplice brano che inizia e finisce. E poi è la nostra prima volta al Lac».

Siete tutti musicisti molto giovani. Cosa rappresenta per voi questo percorso? Vi aspettavate tanto sostegno?
«No, assolutamente. Soprattutto arrivare al Lac è stata una sorpresa positiva, qualcosa a cui lavoriamo dal vero inizio. Avere accesso a una sala del genere per noi è stato un grande successo. Perché vuol dire avere un pubblico per riempirla e avere accesso a dei fondi, che nel nostro caso derivano dai biglietti venduti. Ciò che stiamo facendo è un po' un'emancipazione da quella visione dei giovani che non sanno fare niente».

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