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Lugano's Plan ₿Julian Assange, nome e cognome della libertà di parola

07.09.23 - 06:30
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Julian Assange, nome e cognome della libertà di parola

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Il fondatore di WikiLeaks, tra i personaggi più controversi del ventunesimo secolo, sarà al centro del dibattito che animerà il Plan ₿ Forum 2023

La presenza della moglie, del padre e del fratello di Julian Assange alla seconda edizione del Plan ₿ Forum, in programma venerdì 20 e sabato 21 ottobre a Lugano, è probabilmente uno dei momenti più attesi di un evento che mira a divenire un punto di riferimento assoluto per leader mondiali, imprenditori ed esperti di finanza, economia, informatica e crittografia. 

La vicenda che ha coinvolto il noto giornalista, divenuto in poco tempo un vero e proprio totem della libertà di espressione, riesce, infatti, a 17 anni di distanza dal suo esordio sulla scena pubblica, a destarne ancora l’interesse, per il peso che la sua storia ha rappresentato, per le sue implicazioni politiche e finanziarie su scala internazionale.

 

17 passi indietro: storia e conseguenze del “caso WikiLeaks”

Nel 2006, il giornalista, programmatore e attivista australiano, classe ’71, Julian Assange, fonda WikiLeaks, una piattaforma online che si pone da subito un obiettivo ambizioso: divulgare informazioni segrete, notizie inedite e documenti riservati - fatti trapelare da fonti anonime - in nome della trasparenza e dell'accesso senza limiti all'informazione. 

Il primo grande scoop arriva nel 2010, con la pubblicazione di un video denominato "Collateral Murder", che mostra un elicottero Apache statunitense sparare su civili e giornalisti, a Baghdad, in Iraq. Nello stesso anno, WikiLeaks - rivoluzionando il giornalismo e il diritto che “le masse” hanno di attingere alle notizie - carica e rende facilmente accessibili online centinaia di migliaia di documenti sugli interventi militari statunitensi in Iraq e Afghanistan e, ancora, materiale, classificato come top secret dal governo degli Stati Uniti, che fa emergere trame e intrecci connessi a delicati rapporti militari e diplomatici, che destano dibattiti sulla sicurezza nazionale e internazionale. 

WikiLeaks, da quel momento, collabora con diversi organi di stampa internazionali, proprio allo scopo di diffondere queste informazioni. La reazione degli Stati Uniti, però, è immediata: viene avviata un'indagine penale, e Julian Assange si trasforma, da quel momento, in un bersaglio. Sempre nel 2010, probabilmente non a caso, la Svezia emette un mandato di arresto europeo per il giornalista. L’accusa? Violenza sessuale: un caso, questo, peraltro successivamente risoltosi con l’archiviazione, in cui in tanti vedono una strumentalizzazione politica. 

Assange, a quel punto, cerca rifugio nell'ambasciata dell'Ecuador in Gran Bretagna - a Londra, nel 2012 - temendo che l'estradizione in Svezia possa tradursi in un'ulteriore estradizione negli Stati Uniti. Da qui in avanti, per sette anni, l'ambasciata diviene la casa del fondatore di WikiLeaks. La piattaforma WikiLeaks, durante questo periodo, prosegue la sua opera di divulgazione e pubblicazione di materiali sensibili (scottanti a dir poco), tra cui, nel 2016, alcune email del Partito Democratico statunitense, che alimentano ulteriori polemiche e discussioni sull'etica della trasparenza e del giornalismo investigativo. 

Nel 2019, il governo dell'Ecuador revoca l'asilo a Julian Assange e ne consente l’arresto alla polizia britannica. Da allora al momento in cui leggete questo articolo, Julian Assange è ancora detenuto nel carcere di massima sicurezza di Belmarsh, a Londra, e continua a combattere contro la richiesta di estradizione negli Stati Uniti, paese in cui è accusato di violazione della legge sullo spionaggio, per aver pubblicato documenti segreti. 

Il caso è tuttora in attesa di giudizio, e il giornalista resta, a prescindere da un finale ancora tutto da scrivere, una figura polarizzante: per alcuni, è un eroe della libertà di stampa, per altri, un pericolo per la sicurezza nazionale, forse mondiale. Riguardo al primo fronte, e cioè quello composto dai sostenitori di Assange, merita una citazione Nils Melzer, professore svizzero (titolare della cattedra di diritti umani all’Accademia di diritto internazionale umanitario di Ginevra) e relatore speciale delle Nazioni Unite - dal 2016 al 2022 - sulla tortura, che ha denunciato il trattamento riservato ad Assange, bollandolo come "tortura psicologica" e sottolineando quanto e come il lungo isolamento e la pressione giuridica abbiano prodotto gravissime ripercussioni sulla salute mentale e fisica dell’ormai 52enne australiano. 

 

Assange come simbolo 

Nello spiegare perché abbia deciso di scrivere un libro su Julian Assange, il professor Melzer ha detto: «Questa pubblicazione vuole essere un appello urgente. Un monito rivolto alla comunità internazionale degli Stati, perché il sistema di tutela dei diritti umani da esse stabilito non funziona. Un campanello d’allarme per l’opinione pubblica, perché questo fallimento dovrebbe preoccupare qualsiasi cittadino di uno stato democratico di diritto».

Oggi, mentre Assange attende di conoscere il verdetto sul suo futuro, tutti noi attendiamo ancora la risoluzione di un caso che si presenta come un test cruciale per le prospettive della libertà di parola e del diritto di accesso all’informazione, un punto focale nei dibattiti sulla giustizia. All'atteso Plan ₿ Forum 2023, dunque, la presenza della famiglia Assange avrà un peso determinante. Probabilmente, sarà il passaggio in grado di destare maggiore curiosità e attesa in chi, tra poco più di un mese, avrà la possibilità di vivere un evento (e un palcoscenico) in cui spiccheranno alcuni dei più grandi nomi della tecnologia, della sicurezza e, ovviamente, della trasparenza e della libertà finanziaria.


Questo articolo è stato realizzato da Lugano's Plan ₿, non fa parte del contenuto redazionale.
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