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RUSSIALa brigata Wagner non è ancora morta

24.08.23 - 20:00
Quali effetti avrà la scomparsa di Yevgeny Prigozhin? Sul fronte ucraino probabilmente pochi. Ma in Africa la storia è differente
Reuters
La brigata Wagner non è ancora morta
Quali effetti avrà la scomparsa di Yevgeny Prigozhin? Sul fronte ucraino probabilmente pochi. Ma in Africa la storia è differente

La fine di Yevgeny Prigozhin, il leader e fondatore del gruppo Wagner, rimasto ucciso ieri nello schianto (sulle cui cause, in attesa di saperne di più, non ci soffermeremo, ndr.) del jet Embraer su cui stava viaggiando, con il suo "vice" Dmitry Utkin, alla volta di San Pietroburgo, rilancia inevitabilmente i dadi su alcuni degli scenari di quel "risiko" che vede impegnati gli uomini della brigata. Con risultati diversi.

Il primo sguardo, neanche a dirlo, si rivolge di default in direzione del fronte ucraino; quello che, di fatto, ha portato nome e fama della compagnia di Prigozhin anche alle nostre latitudini. Qui, gli uomini della Wagner sono stati a lungo il "key player" di Mosca, chiamato a operare su alcuni dei campi di battaglia più complicati, quelli in cui la forza delle sole armi e dei numeri non era sufficiente. Come Bakhmut e Soledar. Ma ricordiamo anche gli orrori di Bucha. Negli ultimi mesi però, il peso delle milizie wagneriane al fronte - di pari passo con la catena di eventi che ha spianato la strada alla tentata insurrezione dello scorso 24 giugno, innescata dalla volontà del Cremlino di "assorbire" la compagnia privata nell'esercito - si è ridotto.

A oggi, di conseguenza, le scosse di assestamento derivanti dalla scomparsa di Prigozhin non sembrano potersi riverberare con particolari effetti in Ucraina. E a dimostrarlo ci sono i fatti di queste ultime settimane, caratterizzate a lungo da un conflitto "a lenta combustione". Una controffensiva, quella delle forze di Kiev, che già avevamo definito al rallentatore. Detto altrimenti, le forze dell'esercito regolare russo stanno riuscendo, anche senza l'apporto massiccio della Wagner - escludendo quelli che, nel frattempo, hanno deciso di accogliere "l'offerta" di Mosca e si sono arruolati - a mettere un freno all'avanzare di Kiev.

In Africa invece i dadi raccontano eventualità ben diverse. Le milizie di Wagner sono attive in paesi come Mali, Sudan, Libia, Repubblica Centrafricana e, in passato, in Mozambico. In un recente commento pubblicato dal Royal United Service Institute (RUSI), a firma dell'analista Simon Rynn, la Wagner viene definita «una delle tante risposte imperfette all'instabilità dell'Africa»; e lo è dal 2017, anno in cui ha iniziato a insediarsi nel continente offrendo i suoi principali servigi al miglior offerente, tra regimi e ribelli: addestramento, sicurezza, disinformazione e, ovviamente, "muscoli" sul campo di battaglia. Il tutto, senza scordarsi di portare l'acqua al pozzo di Mosca, ampliando l'influenza russa nella regione, ma lasciando pulite le mani del Cremlino.

Proprio in quest'ottica, il gruppo Wagner resta un attore di primo piano per quelli che sono gli interessi della Federazione Russa nello scenario africano. «Lì la milizia svolge ancora una funzione essenziale e probabilmente Mosca avrà necessità di ripensarla - ha commentato oggi, in un video pubblicato su Instagram, l'analista geopolitico Dario Fabbri - evitando che questa, anche da quelle parti, sia assorbita nelle truppe regolari russe». E questo «perché la sua posticcia distanza dal Cremlino serve spesso come escamotage e de-responsabilità». Il tempo dei funerali per la Wagner non sembra quindi ancora arrivato.

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