Giuseppe Cotti, vicesindaco di Locarno e candidato al Consiglio Nazionale per il Centro.
«Per la nostra società queste persone sono come l’intestino cieco, non essenziali per la sopravvivenza dell’organismo». «Sono nemici dello Stato, che in piena consapevolezza si collegano a pensieri e azioni contrarie alla democrazia». «Che vengano additati dall’intera società, e paghino per le loro azioni». «Dobbiamo isolare questi idioti dal resto della società!».
Queste frasi sono riportate da articoli e trasmissioni dei media di lingua tedesca – e no, non si riferiscono a quella Germania lì, alla quale sicuramente avete pensato. Risalgono ad appena due anni fa, quando i vaccini per il coronavirus erano già disponibili ma il numero di casi stava ancora aumentando. Le hanno raccolte due studiosi, Marcus Klöckner e Jens Wernicke, concentrandosi sul mondo germanofono. È però evidente che un esercizio simile, nel mondo di lingua italiana, produrrebbe risultati analoghi.
Il bersaglio polemico di questa raccolta di orrori giornalistici sono i mezzi di informazione più autorevoli, che durante la pandemia sono venuti meno al loro tradizionale ruolo di «cani da guardia» della democrazia. Totalmente appiattiti sulla posizione dei Governi (talvolta addirittura in contatto diretto con gli uffici dei Consiglieri federali…) si sono trasformati in strumenti di comunicazione istituzionale e, in caso di necessità, in tribunale improvvisato –per processare senza appello, e mettere alla gogna, chi osava metteva in discussione la posizione dell’autorità.
Questa martellante campagna durata mesi e mesi, più ancora delle divisioni attorno ai vaccini e alle misure restrittive, ha creato una profondissima spaccatura nella popolazione. Perfino all’interno delle famiglie (!), ci siamo scoperti nettamente divisi fra «buoni» e «cattivi» – da una parte i cittadini diligenti di serie A, dall’altra i reietti meritevoli solo di essere esclusi dal dibattito democratico.
Tutto questo è più o meno noto, e ognuno di noi ha una propria posizione personale riguardo a ciò che è successo a partire dal marzo 2020. Il problema, però, è che abbiamo smesso di confrontarci. Ancora più incredibile, e inquietante, è il fatto che in questa campagna per le elezioni federali 2023 ci stiamo comportando come se la pandemia non fosse mai esistita.
È vero: il Consiglio degli Stati ha commissionato un rapporto indipendente, che valuterà le decisioni prese durante la pandemia – un bello strattone alla coda di un’Amministrazione federale reticentissima, come sempre e forse più del solito, di fronte alla prospettiva di sottoporre il proprio operato a una valutazione esterna.
Tutto bello, tutto giusto. Ma davvero questo atto (dovuto, per altro) basterà per archiviare una vicenda che ha sconvolto le vite di ognuna e ognuno di noi? Davvero i membri e gli aspiranti membri di un Parlamento che è stato a lungo esautorato – come del resto è accaduto anche per la guerra in Ucraina e la crisi di Credit Suisse – non hanno nulla da dire a proposito della pandemia?
Questo silenzio politico mi preoccupa moltissimo, e non tanto perché qualche movimento minoritario potrebbe catalizzare il malcontento di chi negli ultimi anni è stato etichettato come «idiota» e «nemico del popolo». La coesione della nostra società ha subito un colpo durissimo durante la pandemia, e le divisioni di quel periodo sono tutt’altro che riassorbite. Fare finta di niente è di sicuro la ricetta peggiore, se vogliamo che in futuro esista ancora un terreno comune per tutti, sul quale esercitare la nostra democrazia diretta.