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SVIZZERA58 morti in cinque mesi: «In montagna serve maggior responsabilità»

08.10.23 - 09:19
La montagna attira un numero sempre maggiore di escursionisti e in parallelo crescono pure gli incidenti. Ne parliamo con due esperti.
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Fonte ats
58 morti in cinque mesi: «In montagna serve maggior responsabilità»
La montagna attira un numero sempre maggiore di escursionisti e in parallelo crescono pure gli incidenti. Ne parliamo con due esperti.

BERNA - Luogo di libertà per eccellenza, la montagna attira un numero sempre maggiore di escursionisti e alpinisti che sfruttano le estati sempre più lunghe. Parallelamente cresce il numero di incidenti mortali. Gli esperti puntano sulla prevenzione e chiamano tutti alla responsabilità.

Cinquantotto persone hanno perso la vita sulle montagne svizzere tra maggio e fine settembre 2023, secondo un conteggio effettuato dall'agenzia Keystone-ATS. «Sono ovviamente troppi, ma questa cifra va vista nel contesto della crescente attrattiva della montagna, in particolare dopo la pandemia», commenta Jean-Christophe Sauterel, direttore della prevenzione e della comunicazione della polizia cantonale vodese.

Alexandre Briguet, responsabile delle operazioni dell'Organizzazione cantonale vallesana di soccorso (OCVS) la vede allo stesso modo: «Anche se è impossibile stimare il numero di persone in montagna, il feedback regolare dei nostri operatori e partner indica chiaramente che da diversi anni a questa parte c'è sempre più gente ovunque. Persino i cacciatori, che spesso non usano i sentieri "tradizionali", ci raccontano del numero di persone che incontrano, anche a tarda sera su sentieri poco segnalati».

Soprattutto in Vallese, meno nei Grigioni
Questo aumento, dovuto alle estati lunghe e calde, si riflette nel numero di interventi di soccorso, anch'esso in crescita: quest'estate, nel solo Vallese, ne sono stati effettuati oltre 300, rileva Briguet.I dati raccolti evidenziano che circa la metà degli incidenti è avvenuta in Vallese, un cantone considerato dagli esperti «una culla dell'escursionismo e dell'alpinismo». Mi sarei aspettato più casi nei Grigioni (5), che è anche un vero paradiso dell'escursionismo, prosegue Briguet.

Metà delle vittime erano escursionisti (29) e l'altra alpinisti (29). Trentanove erano uomini e diciannove donne. Ventidue avevano meno di 40 anni, tredici tra i 40 e i 59 e venti oltre 60 anni. Mancano informazioni in merito a tre vittime.

Queste cifre «riflettono le nostre attività di soccorso, sia in termini di localizzazione delle vittime che di informazioni su di esse», osserva Briguet. La percentuale di vittime di età superiore ai 60 anni, che di solito sono considerate più ragionevoli rispetto ai più giovani, solleva degli interrogativi per Sauterel, che non riesce a spiegare questo dato.

Raggiungere i turisti stranieri

«Le montagne e i laghi sono gli ultimi due spazi di libertà in cui le persone pensano di poter agire senza regole», sostiene ancora Sauterel, «ma dobbiamo ricordare loro che si tratta di aree che possono essere estremamente ostili e non sono adatte a tutti, soprattutto a 3000 metri o nell'ascensione di un 4000».

Per ridurre il numero di incidenti, i professionisti concordano sul fatto che non si debba lasciare nulla di intentato in termini di prevenzione, anche se le autorità, le istituzioni e le altre associazioni stanno già facendo molto, osserva Rolf Sägesser, responsabile della formazione estiva del Club alpino svizzero (CAS).

Briguet ritiene da parte sua che si debba insistere maggiormente sui i turisti stranieri. Secondo i dati, 28 delle 58 vittime non risiedevano in Svizzera. La maggior parte di loro erano alpinisti. È «una vera sfida raggiungere questi turisti stranieri, anche perché non utilizzano gli stessi canali mediatici», rileva ancora Briguet.

Preparazione accurata
«In alcuni casi è inevitabile: ci si trova nel posto sbagliato al momento sbagliato», secondo Briguet. In altri casi, «c'è un concatenarsi di condizioni non ottimali che portano a una situazione che non si riesce più a gestire, come ad esempio una leggera impreparazione, una sopravvalutazione delle proprie capacità, un'attrezzatura sconosciuta o poco usata, una partenza tardiva o un telefono mezzo scarico».

Sägesser raccomanda un'autovalutazione oggettiva delle proprie capacità, una pianificazione che preveda un percorso di ripiego e un equipaggiamento completo, adeguato e ben padroneggiato: «A volte bisogna anche avere il coraggio di tornare indietro o di interrompere un'escursione in caso di sovraffaticato o di peggioramento delle condizioni, in particolare quelle meteorologiche. In Svizzera», conclude, «gli avvisi di pericolo sono già molto completi, chiari e comprensibili, solo che spesso non vengono letti o vengono ignorati».

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COMMENTI
 

centauro 6 mesi fa su tio
Frequentemente io con amici (siamo il gruppo GLI STAMBECCHI) facciamo trekking in base alle nostre possibilità, siamo responsabili e ci aiutiamo a vicenda, non andiamo mai soli consapevoli che il rischio zero non esiste, fondamentale l'esperienza e valutare dove si presentano pericoli. Spesso si leggono notizie di escursionisti che vanno soli in totale solitudine senza fare più ritorno a casa, come andare a cercarsela!

Cula 6 mesi fa su tio
Troppa gente inesperta che va in montagna.

carlo56 6 mesi fa su tio
responsabilità individuale che sappiamo non esserci dal covid… la responsabilità c’era finché la montagna era appannaggio di veri appassionati, ma poi abbiamo creato i presupposti per un turismo di massa (Everest insegna!) e anche l’esercito dei non pensanti è diventato importante sull’onda di “tutti hanno diritto ad andarci”. L’epilogo in disgrazie e incidenti poi è solo la logica conseguenza. Ovviamente però la disgrazia può accadere anche ai più preparati e attenti perché la montagna, come il mare, sono ambienti naturali dove noi siamo e restiamo ospiti precari.

Fulisca 6 mesi fa su tio
Frase chiave dell'argomento: Le persone pensano di poter agire senza regole. Anche una conoscenza ambientale minima non guasterebbe.
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