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RROGOZHINËMorte in campo: Dwamena si era fatto espiantare il defibrillatore

13.11.23 - 23:15
«Se il defibrillatore non fosse stato espiantato, Raphael sarebbe ancora vivo»
keystone-sda.ch (Elia Bianchi)
Morte in campo: Dwamena si era fatto espiantare il defibrillatore
«Se il defibrillatore non fosse stato espiantato, Raphael sarebbe ancora vivo»
L’attaccante ghanese aveva avuto altri malori ed era già stato salvato da un defibrillatore sottocutaneo.
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RROGOZHINË - La tragedia rimane. Più che dal dolore, nelle ultime ora questa è però accompagnata dallo sgomento. Dalla triste certezza che Raphael Dwamena si sarebbe potuto salvare.

Colto da un malore durante il match del campionato albanese fra il suo Egnatia e il Partizani, il 28enne attaccante è deceduto in ospedale dopo essere stato soccorso in campo. L’epilogo drammatico si sarebbe però potuto evitare se il ghanese non avesse preferito il calcio alla vita. Già accertati i problemi di cuore - per essi saltò un trasferimento dallo Zurigo al Brighton - Raphael aveva subito un intervento durante il quale gli era stato impiantato un defibrillatore sottocutaneo. Con quello aveva ripreso la carriera, giocando in Spagna, Austria (nel 2021, con indosso la maglia del Blau-Weiss Linz, ebbe un collasso in coppa), ancora Svizzera prima di arrivare in Albania. Per non “chiudersi” a priori diversi mercati, per avere maggiori possibilità di strappare un contratto, nel 2021 Dwamena aveva tuttavia deciso di procedere con l’espianto del dispositivo che già più volte lo aveva salvato.

«Raphael ha scelto di morire, è stata una rispettabile decisione personale: se il defibrillatore fosse stato attivo, lui sarebbe ancora vivo - ha sottolineato il cardiologo spagnolo Antonio Asso, colui il quale aveva eseguito l’impianto del dispositivo - Tutto è cominciato nel 2019 quando, preoccupato per alcune vertigini accusate dal giocatore, il medico sociale del Real Saragozza mi ha chiesto un consulto. Prima di iniziare a spiegargli i risultati, ero già consapevole del significato che le mie parole avrebbero avuto per il giovane atleta africano. Dwamena si era comunque fidato di noi e avevamo risolto la sua delicata situazione. Tempo fa ho tuttavia appreso dalla stampa che si era fatto espiantare il defibrillatore, che aveva preso una decisione irrevocabile e che aveva deciso di riporre tutta la responsabilità su sé stesso e sulla volontà del suo Dio. Da quel momento ho avuto la consapevolezza che un giorno sarebbe successa la tragedia che poi si è puntualmente verificata. Raphael era un bravo ragazzo, serio, inizialmente eravamo rimasti in contatto, tanto che a volte mi chiedeva dei consigli specifici, ai quali rispondevo sempre volentieri. Era però determinato a proseguire a ogni costo la sua carriera professionale e così, con il tempo, ho finito per perdere la speranza. Non voleva essere veramente aiutato, solo poter continuare a giocare il più a lungo possibile».

 

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