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SENZA TRUCCO, SENZA ING…ARNOL’Arabia copre tutti d’oro

21.06.23 - 09:29
Campioni d’Arabia? «Si deve capire se vogliono il diamante o tutta la miniera»
Imago
L’Arabia copre tutti d’oro
Campioni d’Arabia? «Si deve capire se vogliono il diamante o tutta la miniera»
Arno Rossini: «Il Golfo non è la Cina, non è così distante dall’Europa. Non è proprio il suo giardino ma, insomma, è forse una dépendance».
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RIAD - Cristiano Ronaldo è stato il primo. È stata la testa di ponte. Ha piazzato le tende, dato l'esempio e aperto all'arrivo di tanti colleghi. Dopo il portoghese è toccato a Benzema. Nei prossimi giorni poi, quando il mercato aprirà ufficialmente, tanti altri potrebbero “arrivare”. Garantendo stipendi mostruosi, l'Arabia Saudita è andata all'assalto del calcio europeo; si è decisa a saccheggiare le squadre del Vecchio Continente per rinforzare quelle della sua lega.

«Stiamo assistendo a un fenomeno interessantissimo - è intervenuto Arno Rossini - Potrebbe essere un punto di svolta per il calcio. Almeno per il calcio al quale eravamo abituati».

Diciamo le cose come stanno: chi sceglie di partire dall'Europa lo fa esclusivamente per soldi.
«Beh sì, è chiaro. Al momento tutto gira attorno a quelli, non certo all'aspetto sportivo. Ma d'altronde, quando devono chiudere una trattativa, gli emissari dei club sauditi si presentano con il tir pieno di soldi non con una bustina, come invece sono abituati i “nostri”».

La Cina qualche anno fa fece qualcosa del genere: cominciò a strapagare i calciatori, spesso a fine carriera, per dare lustro al suo campionato.
«In questo caso però secondo me la situazione è diversa. Prima di tutto perché i proprietari delle società saudite non devono rendere conto a un partito quando vanno in banca, devono fare una sola firma e non due, poi perché il Golfo non è così distante dall’Europa. Non è proprio il suo giardino ma, insomma, è forse una dépendance. La Cina era invece realmente lontanissima. Andare lì, per un professionista significava cambiare completamente vita. Anche uscire dal giro. Come dimostrato per ultimo da Rudi Garcia, l’Arabia non è invece la fine di qualcosa, ma può essere semplicemente una tappa intermedia».

Ciò significa che questo fenomeno è destinato a durare nel tempo, che dobbiamo aspettarci la crescita esponenziale di quella lega?
«I presupposti ci sono tutti. Si deve solo capire se la federazione saudita vuole sviluppare il suo calcio o se, semplicemente, punta a guadagnare attenzione e credibilità in vista della possibile organizzazione dei Mondiali del 2030. Se l’obiettivo è quello di mettere in piedi un campionato alternativo alle grandi leghe europee, allora la possibilità che a Riad riescano è elevata. Certo servirà del tempo».

Quanto?
«Il passo successivo a quello dell'ingaggio di campioni che possano garantire attenzione è quello di assumere dei formatori di alto livello, in grado di far crescere ed essere proficue le loro scuole calcio. Il processo ovviamente non è semplice né veloce; credo che per vedere i primi frutti serviranno almeno 7-8 anni. Sta tutto lì, capire se vogliono il diamante, quindi Ronaldo di turno, o tutta la miniera».

Un campionato saudita forte e competitivo è qualcosa che deve spaventare chi fa calcio in Europa?
«Non dovrebbe. Sapere di avere la possibilità di fare affari con una lega del genere dovrebbe anzi rendere felici gli esponenti del Vecchio Continente. Si tratterebbe di un mercato nuovo, ricco e florido. Aiuterebbe il pallone a diventare ancor più un affare planetario, attirerebbe nuovi appassionati… sarebbe insomma un bene per molti. Forse per tutti».

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