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ti.mammeLa dipendenza da like minaccia gli adolescenti

18.03.23 - 07:00
Ricerche specifiche hanno evidenziato i danni al cervello di un uso improprio dei social media
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La dipendenza da like minaccia gli adolescenti
Ricerche specifiche hanno evidenziato i danni al cervello di un uso improprio dei social media

Il trend più recente è quello che definisce le fasce sociali per indicazione anagrafica, distinguendo tra i preistorici genitori – detti boomer - e i tecnologici figli che, a loro volta vengono differenziati in generazione X, Y (o millenial) e Z. A segnare il confine tra le diverse generazioni è il periodo di nascita: secondo dopoguerra per i boomer, tra il 1965 e il 1980 la gen X (detta anche generazione MTV e testimone del primo grande boom tecnologico), 1981 1995 i millenial e dal 1996 al 2010 i virtuosi della generazione Z, che fluttuano tra realtà e mondo virtuale, pensando all’ambiente e alla salute. A queste categorie anagrafiche si aggiunge la giovanissima generazione Alpha che raggruppa i nati dopo il 2010, i primi a venire al mondo e a crescere interamente nel ventunesimo secolo, nutriti a pane e tecnologie. Proprio a loro è rivolto lo sguardo preoccupato del mondo adulto che li considera iperprotetti, stressati e caratterizzati da un lessico carente e da una profonda incapacità relazionale. È questa l’analisi che conferma l’allarme lanciato dagli studiosi che hanno osservato l’effetto dell’eccessivo uso di tecnologie al servizio della realtà virtuale sul cervello dei giovani fruitori. 

Per dirla in modo semplice: incollata ai propri device per controllare le interazioni sul mondo social, la generazione Z è cresciuta succube dei social network e la Alpha sta facendo di peggio, se possibile. La loro vita sembra fluttuare tra post, immagini e video con i quali esprimono pensieri e stati d’animo, rimanendo in attesa del riscontro pubblico, alimentato da pollici alti e cuoricini. Ma si può misurare l’interazione sociale attraverso una collezione di emoticon? E se il loro numero è scarso, che conseguenze si possono temere? Sono queste le domande che ogni genitore dovrebbe porsi a prescindere dall’età dei propri figli, ma in osservazione dell’uso fatto di social media. Perché uno studio del 2021 intitolato proprio Generation Alpha ha tratteggiato le caratteristiche già tratteggiate nella generazione precedente a cominciare dai problemi linguistici, fatti di un vocabolario scarno e una grammatica quasi sconosciuta, e relazionali, considerate le notevoli anomalie nella capacità di fare amicizia e di risolvere i contrasti. In sintesi: la generazione Z (e la Alpha a seguire) vive una preoccupante dipendenza da social media e, in particolare, dai likes ottenuti che diventano la linfa in grado di attivare alcune aree del cervello degli adolescenti sempre più bramosi di utilizzare i canali social per ottenere i vitali «mi piace». 

Fa paura, sì! Ma non stupisce, visto che siamo abituati a vedere i più giovani persi nella continua osservazione dello schermo del proprio cellulare, in attesa dell’ennesimo riscontro che gratifica ogni personale condivisione. La vulnerabilità del cervello di questi giovani utenti social, però, è solo il punto di partenza di una serie di problemi che prendono forma di ansia, depressione, problemi di comunicazione e di riposo corretto, ma anche di invidia, rabbia e solitudine. E allora, cosa resta da fare ai genitori per rendere l’utilizzo dei social meno dannoso per i propri figli? Prima di tutto ritardarne il più possibile l’approccio alla tecnologia, senza improduttivi divieti categorici, ma con tanta attenzione. E poi, come sempre, l’esempio di mamma e papà è fondamentale per mostrare ai figli come sia meglio comportarsi. Se un genitore passa il tempo libero a condividere foto della famiglia, delle vacanze e di tutte pietanze preparate nella settimana, non potrà pretendere di dare insegnamenti corretti alla sua progenie. La via giusta è quella di spiegare, a parole e con i fatti, le differenze tra ciò che è e deve rimanere privato e quello che può essere reso pubblico, ma anche l’utilità dei livelli di privacy. L’impegno può essere gravoso, ma varrà sicuramente la pena avere un adolescente salvato dall’uso improprio dei social media che sarà un adulto pensante e capace di vivere meglio la realtà.

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