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Guarda che panorama sul «buco di c...o più bello del mondo»

CANTONEGuarda che panorama sul «buco di c...o più bello del mondo»

19.04.24 - 06:30
È quello che si gode dal tetto del palazzo immaginario di "Bellavista", il nuovo album dei Sun Over Waves
SUN OVER WAVES
Guarda che panorama sul «buco di c...o più bello del mondo»
È quello che si gode dal tetto del palazzo immaginario di "Bellavista", il nuovo album dei Sun Over Waves

MENDRISIO - Dieci anni di attività: sono quelli che i Sun Over Waves festeggiano oggi con "Bellavista", il loro quarto album in studio. Il terzetto ticinese (Michelangelo Cavadini, voce e produzioni, Alberto Silini basso e chitarra, Gabriele Spalluto produzioni e controllerist) ha raccolto un gruppo di amici in questo lavoro, che non vuole però essere un bilancio della prima decade. Semmai è una pietra miliare lungo un cammino che merita di essere affrontato e che si spera lungo, ci spiega Cavadini.

Dei singoli che hanno anticipato l'album, "Bellavista" e "Quelle dannate volte", abbiamo già parlato su queste pagine. Ma non di "Dafalgan": com'è nata la collaborazione con Cerno e Fid dei Vad Vuc?
«Siamo amici di vecchia data di entrambi. Addirittura Fidel era nostro compagno di classe sui banchi del liceo di Mendrisio, quando siamo nati come Sun Over Waves. Fu proprio lui a spingerci a iscriverci al primo Open Mic al Murrayfield Pub di Chiasso - dopo il quale abbiamo preso la decisione di fare Showtime in Rsi. Lì il nostro caposquadra nella categoria band era Cerno. Visto che abbiamo vinto il programma, possiamo dire di essere stati guidati in maniera eccellente».

È quindi un'idea artistica figlia dell'amicizia?
«Negli ultimi anni con Fidel era nata l'idea di comporre qualcosa insieme. In una delle nostre sessioni estive era spuntato questo brano: aveva un piglio un po' cantautorale, la prima strofa non era proprio nelle mie corde ma poteva essere adatta a un approccio più folk. È così che è nato questo connubio tra dancehall e dialetto ticinese».

"Bellavista" è un lavoro ricco di ospiti: oltre ai già citati Vad Vuc ci sono Gioliero, Ludou degli Easy Sunset, Johnny Hellas e Purple Dom, Delta Brain e Oruz e la basilese Miss C-Line.
«È lo spirito celebrativo di questo album. In tutti i nostri progetti siamo alla ricerca di un fil rouge e in queste dieci canzoni (dieci come i nostri anni di attività) abbiamo voluto raccontare la bella vista che si gode da questo punto del nostro percorso, che continua a essere assolutamente indipendente e un po' bizzarro. Tutte queste personalità artistiche abitano quello che è l'edificio allegorico che siamo andati a costruire nel corso della nostra esperienza».

Passiamo ai brani. "Ricola" è una traccia colma di "svizzeritudine", che analizza ciò che ci circonda e critica quando serve, ma non in modo gratuito.
«Vuole essere una presa di coscienza, non lo sfogo di un bambino arrabbiato che fa i capricci. Devo dire che il riconoscimento della "svizzeritudine" è una delle cause (ma anche delle fortune) che muovono questo progetto: facciamo un genere che abitualmente viene fatto in inglese e noi arriviamo addirittura a proporlo in dialetto momò... Quindi il regionalismo sì, ma criticando quelli che sono i suoi problemi e limiti. Il bello e il brutto di vivere in Ticino: un posto straordinario, con sbocchi limitati. Lo definisco sempre "il buco di c...o più bello del mondo"».

Chi è invece la "Belle Bête” del brano omonimo, che è praticamente un racconto dalla prospettiva in prima persona?
«È un racconto allegorico, un po' fiabesco, nel quale ogni ascoltatore si può immedesimare. Dal groviglio di linee iniziale si è srotolato il percorso di questa "bella bestia" che è l'essere umano, che parte dalla savana africana e prosegue fino alla contemporaneità, che ci vede sempre meno bestie e sempre più attenti alla bellezza. Con lo sguardo rivolto verso il cielo, dato che attorno a noi non ci sono più cose da scoprire».

Dal punto di vista musicale, lo possiamo definire un lavoro stratificato e nel quale avete allargato ulteriormente orizzonti e influenze?
«Assolutamente sì. Restiamo fedeli a quella che è la nostra struttura portante, ai ritmi tendenzialmente reggae e alle ambientazioni che raggiungono l'R&B, più una produzione dell'hip hop e della musica elettronica. In "Bellavista" il lavoro di missaggio e masterizzazione è stato curato da Super Ape, veterano della scena locale ma con un profilo internazionale. Lo abbiamo cercato dopo aver capito che quello che stava venendo fuori dai provini si sarebbe sposato perfettamente con il suo suono».

Cosa ci racconta, "Bellavista", dei Sun Over Waves?
«Prima parlavo di questo immobile immaginario. Il quale, per sua stessa natura, resta fisso, non va da nessuna parte. Ma per noi non è così: stiamo rivedendo la nostra formazione, le composizioni cambiano... Prima di proporre questo album dal vivo dobbiamo essere pronti e rodati. Un'apparente contraddizione che ritroviamo anche in “Rimango qua”, il brano che chiude l'album: siamo in giro da dieci anni, ma già guardiamo ai venti».

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