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Stupro virtuale, ma trauma reale: i casi di violenza sessuale nel Metaverso

Un crescente numero di donne e ragazze denunciano molestie e aggressioni in ambienti online immersivi.
Un crescente numero di donne e ragazze denunciano molestie e aggressioni in ambienti online immersivi.

Non c'è un posto sicuro per le donne, nel mondo reale così come nel mondo virtuale. Commenti inopportuni, abusi verbali e sessuali, violenza sessuale, anche di gruppo, perseguitano le utenti che fruiscono di esperienze nella realtà virtuale che, in pochissimo tempo, è diventata lo specchio fedele dei mali del mondo reale.

Molestata nel metaverso - A gennaio ha fatto scalpore la notizia che in Gran Bretagna la polizia ha avviato delle indagini, le prime nella storia, su di un caso di stupro virtuale. Una ragazza di età inferiore ai sedici anni ha denunciato il fatto di essere stata stuprata mentre, indossando un visore per la realtà virtuale, stava giocando ad un gioco immersivo nel metaverso. Qui è stata circondata da un gruppo di avatar di sesso maschile che l'hanno molestata, lasciandola attonita e traumatizzata. Ai tanti che, nei giorni successivi all'evento, hanno sostenuto che uno stupro nel metaverso non possa essere paragonato ad uno reale trattandosi, pur sempre, di una sorta di gioco virtuale, l'opinionista Nancy Jo Vendite ha affermato, sul quotidiano britannico The Guardian, “ che non esiste un gioco online in cui l'obiettivo dei giocatori adulti sia violentare dei minorenni”. Il ministro dell'Interno britannico James Cleverly ha dichiarato a Lbc che “potrebbe sembrare facile minimizzare questo incidente come se non fosse reale, ma il punto centrale di questi ambienti virtuali è la loro straordinaria capacità di coinvolgimento” ed il medesimo concetto è stato ribadito da un alto funzionario della polizia che, al Daily Mail, ha ribadito che “l'impatto emotivo e psicologico sulla vittima nel lungo periodo supera qualsiasi danno fisico”.

Non confondiamo il reale con il virtuale - La notizia della violenza sessuale subita dalla ragazzina nel metaverso sembra aver sorpreso i più, convinti che la realtà virtuale sia totalmente scevra dalle brutture del mondo o che, anche ammettendo che certe cose possano accadere, non siano comunque paragonabili ad un evento reale. Così una molestia virtuale non può suscitare l'indignazione di una reale, e lo stesso dicasi per la violenza sessuale, ridotta in tanti commenti sui socialmad un mero elemento del gioco in corso tra gli avatar.

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Una ragazza su due vittima di molestie sessuali online - Eppure, come scritto su Elle nello scorso novembre, un sondaggio condotto nel Regno Unito aveva già evidenziato la pericolosità del mondo virtuale per le utenti di sesso femminile. Quasi la metà di esse ha dichiarato di essere state oggetto di abusi online, con una percentuale del 75% nella fascia di età compresa tra i 18 ed i 24 anni. Delle ragazze vittima di abuso, l'80% di loro ha affermato di aver ricevuto messaggi di natura sessuale e di essersi sentite preoccupate, il 52%, tristi ed arrabbiate, il 25%, per le molestie sessuali subite. Nonostante, quindi, siano stati suonati nel tempo diversi campanelli d'allarme sulla pericolosità del metaverso, raramente è stato dato spazio a questo tipo di notizie, e sempre più utenti si sono trovate a far fronte a questo tipo di situazioni.

Nina, "aggredita" su una piattaforma mentre era nel salotto di casa - Nel 2021, ad esempio, Nina Jane Patel, una ricercatrice dell'Università di Reading, aveva denunciato sul proprio blog di aver subito una violenza sessuale mentre esplorava la piattaforma Horizon Venues, ora Horizon Worlds, il metaverso di Facebook, nell'ambito di una ricerca sull'impatto delle esperienze digitali immersive sullo sviluppo dei bambini e dei giovani. La donna, lo scorso 3 gennaio, ha voluto scrivere un nuovo articolo sul tema, pubblicato sul Telegraph, per ribadire, anche alla luce di quanto successo alla minorenne inglese, la drammaticità di quanto accadutole nella realtà virtuale. “Sono rimasta nell'atrio per meno di un minuto-ha scritto la Patel- prima di essere aggredita. Quattro uomini mi hanno assalito contemporaneamente, molestandomi verbalmente e aggredendomi sessualmente. Quando ho cercato di scappare mi hanno inseguita”. “Il mio cuore batteva all'impazzata-scrive la ricercatrice- e un senso di panico si è diffuso dentro di me. Anche se mi trovavo nel mio salotto a Londra, indossando una cuffia e vivendo tutto questo nella realtà virtuale, la mia reazione è stata simile a quella che avrei avuto se fossi stata aggredita per strada”. Bisogna ricordare che, in tale tipo di esperienza immersiva, gli utenti indossano dei visori ed interagiscono tra loro utilizzando degli avatar, o rappresentazioni digitali di se stessi. Le esperienze che si possono vivere in questo tipo di realtà, anche grazie al continuo progresso tecnologico, sono estremamente realistiche, e si rimane totalmente coinvolti con quanto avviene nell'ambiente virtuale.

Nina Jane Patel, ricercatrice dell'Università di Reading

Aggressione online, ma violenza reale - Come raccontato dalla Patel, che associa la drammatica vicenda da lei vissuta a quanto accaduto alla ragazzina inglese, le emozioni collegate alla violenza che si subisce è drammaticamente reale “e il fatto che questo crimine sia stato commesso nel mondo virtuale del metaverso, piuttosto che nel mondo fisico, non ha diminuito il suo impatto su di me adulta, posso quindi immaginare l'effetto che potrebbe avere su di un bambino”. La Patel, nel suo articolo, prende una posizione molto decisa anche nei confronti di tutti coloro che si sono sentiti, e tutt'oggi si sentono in dovere di svilire, per ignoranza e superficialità, una violenza sessuale subita virtualmente. Quando nel 2021, la ricercatrice denunciò quanto accadutole nel suo blog per mettere sull'avviso tante altre utenti potenzialmente in pericolo “molti lettori mi scrissero che avrei dovuto semplicemente togliermi le cuffie per porre fine alla situazione (…) ci sono stati anche molti commenti misogini sul fatto che 'me lo meritavo'”. Esattamente come accade nel mondo fisico, anche in questo caso è stata la vittima della violenza sessuale a sentirsi sbagliata, colpevolizzandosi per quanto accadutole, invece che ricevere sostegno per opporsi a coloro che si sentono “liberi di commettere reati come la violenza sessuale nel metaverso, sapendo di poterla fare franca sotto la copertura di un relativo anonimato”.

Cyber-stupro, un fenomeno per niente nuovo - A differenza di quel che si pensa, poi, gli episodi di violenza e molestie sessuali non sono un fenomeno recente, ma risalgono a decenni fa. Nel 1993, il giornalista freelance Julian Dibbel, nel suo articolo 'A Rape in Cyberspace', portò all'attenzione dell'opinione pubblica un caso di cyber-stupro avvenuto nel mondo virtuale di LambdaMoo, un gioco di ruolo online nel quale l'iterazione tra persone avviene attraverso la digitazione di comandi sulla tastiera. In questo mondo virtuale gli utenti avevano ampia libertà di personalizzare i propri personaggi, gli ambienti e le azioni da compiere, creando una sorta di comunità autogestita in cui, attraverso il testo, si arrivava ad una realtà dinamica. Come scritto da Dibbel nel suo reportage, proprio su LambdaMoo, un utente noto come 'MrBungle' commise una violenza sessuale virtuale, utilizzando un sottoprogramma chiamato 'bambola voodoo', che, all'epoca, suscitò molto sdegno tra i fruitori di questa realtà virtuale. Dopo accese discussioni in merito a cosa fare davanti ad un episodio tanto grave, uno dei programmatori chiuse l'account incriminato, e vennero introdotte anche nuove funzionalità volte a proteggere gli utenti dai profili più molesti, accendendo un ampio dibattito sulla regolamentazione da dare al cyberspazio.

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Ma è davvero violenza sessuale? - Il caso oggetto di indagine da parte della polizia britannica apre una serie di quesiti di non facile soluzione. Ci si chiede, infatti, se, anche dal punto di vista giuridico, una volta identificati gli indirizzi Ip delle persone responsabili dell'accaduto questi possano poi essere incriminati per violenza sessuale, un reato che presuppone un contatto fisico. Di recente, il Parlamento britannico ha approvato una legge sulla sicurezza online che, alla luce dei fatti, ma essa appare già inadeguata ad affrontare le nuove problematiche. Davanti alla ormai certezza che anche il metaverso sia un mondo in cui vengono reiterati gli stessi crimini del mondo fisico, emerge urgente la necessità di munirsi, a livello internazionale, di norme certe in grado di proteggere le persone più fragili, come i minori. Mentre si discute sulla dannosità dei social media per i più giovani, un massa sempre più nutrita di giovanissimi popola già il metaverso, un mondo nel quale ad una pericolosità reale non corrisponde una protezione adeguata. Come detto dalla stessa Nina Jane Patel, tale realtà “non è più fantascienza, ma parte della vita, e non dobbiamo ignorare i pericoli ad essa connessa liquidandoli come 'non reali' o 'solo online'”. Dobbiamo iniziarli a trattarli con la serietà che meritano”.


Appendice 1

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Nina Jane Patel, ricercatrice dell'Università di Reading