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FOCUSTikTok nuovo divano dello psicologo. Ma il rischio è dietro l'angolo

21.12.23 - 06:30
TikTok diventa piattaforma di autodiagnosi per disturbi psichici tra i giovani, generando un pericoloso gioco di banalizzazione
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TikTok nuovo divano dello psicologo. Ma il rischio è dietro l'angolo
TikTok diventa piattaforma di autodiagnosi per disturbi psichici tra i giovani, generando un pericoloso gioco di banalizzazione

Un tempo c'era il lettino dello psicologo, ora c'è TikTok. Con quasi 400 milioni di visualizzazioni per l'hashtag #SaluteMentale, e oltre 11 miliardi per #MentalHealthAwareness, TikTok è il social che i giovani usano maggiormente per parlare della propria condizione psicologica, scambiando opinioni ed esperienze di vita.

Video e disagi alterati - Spopolano i video in cui i ragazzi parlano dei propri disagi mentali o in cui, sedicenti esperti, danno consigli su come comportarsi in caso si soffra di una sindrome piuttosto che di un'altra. Senza voler banalizzare il desiderio di parlare con delle persone che si sentono affini nell'affrontare determinati problemi, la delicatezza del tema richiederebbe comunque un approccio forse più ponderato e meno mediato dalla ricerca di visibilità. Come messo in evidenza da una recente inchiesta sul tema condotta dal Wall Street Journal, l'impressionante numero di visualizzazioni di video inerenti i disturbi mentali raramente corrisponde all'effettiva percentuale di persone che ne soffre. I video che riguardano il disturbo borderline di personalità, ad esempio, è stato visualizzato quasi 600 milioni di volte, mentre solo l'1,4% della popolazione adulta degli Stati Uniti ne soffre. Secondo i ricercatori, quindi, sarebbero proprio gli algoritmi su cui si basa TikTok ad amplificare in maniera smisurata un problema che esiste ma va affrontato in maniera professionale.

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Un pericoloso gioco di autodiagnosi - Sempre al Journal, la dottoressa Bre Ann Slay, psicologa clinica, ha raccontato di aver notato un incremento del numero di adolescenti che si servono dei video di TikTok per autodiagnosticarsi dei disturbi mentali, soprattutto di personalità multipla, e studiarne i sintomi. Da anni, il Wall Street Journal si occupa dell'influenza che possono avere i social media per la salute mentale dei giovani utenti anche quando, pur sembrando paradossale, promuove dei video apparentemente finalizzati ad aiutare gli adolescenti che credono di soffrire un qualche disturbo mentale.

Tic nervosi e l'effetto contagio su TikTok - La potenza del condizionamento dei social quali Tik Tok è stata oggetto di una indagine condotta dal quotidiano statunitense quando si osservò che un numero crescente di giovani era affetto da strani tic nervosi. Dopo una serie di analisi e supposizioni, si è venuto poi a scoprire che la maggior parte di loro aveva visto su TikTok moltissimi video di influencer affetti dalla sindrome di Tourette, un disturbo del sistema nervoso che porta le persone a compiere dei movimenti involontari o emettere dei suoni ripetitivi. I video caratterizzati dall'hashtag #tourettes hanno miliardi di visualizzazioni, e sempre più giovani si è convinto di essere affetto da questo disturbo dopo aver visualizzato un numero incredibilmente alto di volte questi contenuti.

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Bambini: «Abbandonate i video» - -Lo stesso vale per molti disturbi mentali di cui si è osservato un preoccupante aumento in età pediatrica, soprattutto il disturbo borderline e di personalità multipla. Secondo la Slay “quando gli adolescenti guardano i video di TikTok e decidono di avere un problema di salute mentale, anche se in realtà si tratta di un tipico problema legato all'adolescenza, ciò può comportare dei gravi problemi a livello di relazioni sociali e familiari”. “Dobbiamo convincere questi bambini ad abbandonare i video che spingono ad autodiagnosticarsi questi problemi - ha affermato Don Grant, direttore del Newport Healthcare di Santa Monica, in California - ma quando lasciano la nostra struttura tornano nuovamente nella comunità di TikTok che rafforza le loro convinzioni”.

Il pericolo è dietro l'angolo - I video che trattano di salute mentale e dei disturbi ad essa collegati sono molto diversi tra di loro, e se ci sono giovani che condividono i propri drammi vi è anche chi, a suon di musica dance, elenca i vari disturbi di cui crede di soffrire in tono festante e divertito. Entrambe le tipologie sono molto dannose e, come visto, possono influenzare negativamente tante altre persone che si accostano a tali contenuti con uno stato d'animo confuso e impreparato. “C'è il rischio-ha affermato Jackie Nesi, assistente professore al Dipartimento di psichiatria della Brown University, al sito Psychiatrist,-di minimizzare quelli che possono essere i sintomi davvero significativi o di trasformare qualcosa di molto serio in uno scherzo, e far sembrare che questa non sia una vera preoccupazione ma qualcosa di divertente”. Come visto, quindi, non sempre la condivisione di contenuti inerenti la salute mentale è una cosa positiva per gli adolescenti che sono troppo influenzabili rispetto a determinati aspetti della realtà. Una cosa, infatti, è condividere un proprio problema con un gruppo fidato di persone, altra cosa è confezionare dei video dove l'argomento viene banalizzato. Se poi ci si mette l'algoritmo di mezzo che propone ossessivamente lo stesso tipo di contenuto il danno è presto fatto.

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Psicologi influencer - Abbiamo parlato fino ad ora di adolescenti, ma cosa succede se sono gli stessi psicologi a diventare degli influencer sui social? Nel 2021, Dani Blum, una giornalista del New York Times, si è occupata del fenomeno degli psicologi che spopolano su TikTok, e in video della durata di 60 secondi offrono delle facili risposte a quesiti che sono in realtà molto complessi. Shani Tran, ad esempio, una consulente clinica di Minneapolis, vantava un modesto seguito sui social fino a quando non ha iniziato a condividere dei contenuti relativi alla psicologia, diventando in poco tempo molto popolare e assediata dalle richieste di potenziali pazienti. Lo stesso dicasi per tanti altri professionisti che, in poco tempo, sono diventati degli influencer grazie alla visibilità acquisita sui social network.

Vince chi semplifica - Ciò che premia, in linea di massima, è condividere dei video in cui spesso si semplifica, in pochi punti salienti, la diagnosi di un disturbo mentale, e si fornisce una soluzione facilmente condivisibile per provare a risolverlo. Laddove sia reso evidente che un tale tipo di approccio ai disturbi mentali possa essere solo un ponte verso un serio percorso di terapia, non vi è nulla di male, ma il rendere di tendenza degli argomenti di tale portata può condizione, come visto, un numero rilevante di soggetti fragili e suggestionabili, data anche la giovane età. Il mercato del lavoro in forte crisi, ha spinto molti professionisti a cercare di acquisire una maggiore visibilità, facendosi pubblicità e aumentando il proprio pacchetto clienti grazie ai video online. L'utilizzo dei social network non è in sé una cosa negativa, ma lo diventa nel momento in cui il professionista di turno si livella agli altri creatori di contenuti, adottando un linguaggio banale ed un atteggiamento semplicistico per conquistare una fetta sempre più ampia di consenso.

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Il rischio della banalizzazione - Lisa Henderson, consulente professionale in tema di salute mentale, ha riferito al New York Times che “ciò che preoccupa dell'uso di TikTok è l'eccessiva semplificazione che fa credere che i trattamenti di malattia mentale siano delle soluzioni rapide e facili invece di un lungo e duro lavoro e ciò può essere fuorviante più che intenzionalmente dannoso”. Ovviamente, come in tutti i discorsi, non si può generalizzare e a fronte di un gran numero di contenuti sbagliati, vi sono anche dei professionisti che, pur avendo un profilo social, rifiutano di utilizzare questo strumento per acquisire nuovi clienti e fornire quelle consulenze semplificate che in tanti richiedono.

Rompere il tabù o bisogno di apparire? - Insomma, la psicologia resa social fa discutere, e se sono in tanti ad applaudire il fenomeno dilagante delle persone, anche molto famose, che condividono i propri traumi e problemi di salute mentale, a molte altre questa sembra solo l'ennesima moda del momento. Se, da una parte, rompere il tabù legato ai discorsi sulla salute mentale è sicuramente una cosa positiva nella costruzione di una società più inclusiva, dall'altra, l'uso dei social media per trattare questi argomenti rimanda al bisogno di apparire che domina la cultura del tempo. Il mostrarsi fragili ed insicuri, e bisognosi di aiuto, è una cosa lodevole ma altra cosa, secondo il parere di tanti esperti, è condividere con una massa indistinta di persone dei problemi personali, anche legati a un disagio mentale. Molto spesso, infatti, quello che si crede essere uno strumento utile per esorcizzare certi demoni, diventa, esso stesso, parte del problema.

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