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Quella guerra di cui nessuno parla più

Esiste una zona del mondo dove avvengono omicidi, stupri, rapimenti e saccheggi. È la guerra che la Turchia sta portando avanti in Syria
Esiste una zona del mondo dove avvengono omicidi, stupri, rapimenti e saccheggi. È la guerra che la Turchia sta portando avanti in Syria

Di Giacomo Sini e Alessia Manzi

ʺPotremmo arrivare di notte, all’improvviso. Ogni giorno, ogni ora, noi manterremo sempre la nostra promessa: distruggere il PKK e qualunque sua estensione. Continueremo a portare avanti altre operazioni, ancora più violente ed efficaci contro basi e luoghi sotto il suo controlloʺ. Dopo aver dichiarato conclusa la prima fase dell’ennesima operazione militare su alcune aree della Syria settentrionale e del Kurdistan Iracheno, dopo quattro giorni di bombardamenti il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan, in un tweet del 9 ottobre, è tornato a minacciare i territori siriani e iracheni a maggioranza curda. Ma come siamo arrivati a questo nuovo attacco?

I fatti. Da Ankara alla nuova operazione militare della Turchia contro i curdi.

Nella mattinata di domenica 1 ottobre, due uomini hanno piazzato una bomba nei pressi degli edifici del ministero degli interni nella capitale turca, Ankara. Uno degli autori dell’attacco è morto nell’esplosione mentre l’altro, allontanandosi, è stato poi ucciso dalle forze di polizia turche. Nella stessa giornata, la direzione antiterrorismo ha arrestato portato in carcere 46 persone accusate di avere legami con il PKK ( Partito dei Lavoratori del Kurdistan) che Turchia, Unione Europea e Stati Uniti hanno inserito nella lista delle organizzazioni terroristiche. Tra gli arrestati ci sono anche membri dell’HDP (Partito Democratico dei Popoli); una fazione politica di base curda, che alle scorse elezioni governative turche ha sostenuto il candidato leader dell’opposizione Kemal Kilicdaroglu. Qualche giorno dopo l’attentato, a seguito di un vertice sulla sicurezza, Hakan Fidan - ministro per gli affari esteri della Turchia - ha affermato che uno degli autori degli attacchi fosse “un attentatore suicida addestrato in Syria” dove i territori amministrati dalla AANES (Amministrazione Autonoma del Nord e Dell’Est della Syria) sono difesi dalle SDF (Forze Democratiche Siriane), una coalizione di milizie che comprendono anche le YPG (Unità di protezione Popolare) /YPJ (Unità di Protezione delle Donne) curde. Quest’ultime sono considerate dalla Turchia come un'estensione del PKK, che, mediante una sua branca militare ha rivendicato l’azione nella capitale turca.

Con un raid aereo, la Turchia si è scagliata sulle montagne di Qandil e sul campo rifugiati di Makhmur, dove l’attacco alla moschea ha provocato il ferimento di una donna e di due bambini. La risposta delle SDF in merito alle accuse di Hakan Fidan è stata ferma. Mazloum Abdi, co- comandante della coalizione di milizie ha negato qualunque tipo di coinvolgimento nell’azione contro il governo turco. ʺNon c’entriamo nulla con il conflitto interno alla Turchia e non incoraggiamo un’escalation di violenzeʺ ha dichiarato Abdi. ʺLa Turchia sta cercando pretesti per legittimare i suoi continui attacchi nella nostra regione e per lanciare una nuova aggressione che ci preoccupa profondamenteʺ, ha ribadito poi il co- comandante. Quando la mattina del 5 ottobre i boati delle bombe hanno rotto la calma apparente che regna sulla Syria del Nord e dell’Est Ronahi Afrin, una combattente delle YPJ, non è stata colta di sorpresa. ʺIo e la mia unità ci siamo svegliate con il sottofondo dei bombardamenti in corso. Era da tempo che ci aspettavamo un’ennesima aggressioneʺ commenta la combattente. ʺHanno preso di mira infrastrutture civili come impianti elettrici, stazioni di pompaggio dell’acqua, pozzi di petrolio e ospedali. Hanno attaccato anche Kobanê, città simbolo della resistenza delle YPJ/ YPG contro lo Stato Islamicoʺ aggiunge Rozarin Tolhildan, 23 anni, un’altra dei membri delle YPJ. L’ultimo attacco ha colpito tutto il confine turco- siriano, dove raid aerei e spari di artiglieria pesante hanno mirato verso est nelle aree di Hasake, Qamishlo, Amûda, mentre più ad Ovest, Tel Tamr, Kobanê, Sarrin, Manbij, Afrin ed infine il cantone di Al-Shahba, a nord di Aleppo. ʺLo stato turco cerca sempre una scusa per intensificare gli attacchi verso il nostro territorio. E’ già successo lo scorso anno, a novembre, dopo l’attentato di Istanbul. Ankara lo ha utilizzato per giustificare raid aerei sulle strutture civiliʺ, ricorda Ronahi Afrin.

Alla fine del 2022, la Turchia colpì difatti la Syria e il Kurdistan Iracheno con l’operazione ˈSpada ad Artiglioˈ. L’attacco militare arrivò appena dopo i fatti avvenuti in uno dei quartieri del centro della città di Istanbul, quando un ordigno esplose tra la folla causando sei vittime e ottantuno feriti.

Al tempo, il ministro degli Interni Suleyman Soylu dichiarò che il PKK e le e YPG fossero responsabili dell’esplosione, e che l’ordine per l’attentato fosse arrivato da Kobanê, città curda della Syria settentrionale, simbolo della resistenza contro ISIS. IL PKK di contro espresse con un comunicato le sue condoglianze ai parenti di coloro che persero la vita dichiarando di non aver nulla a che fare con l’esplosione. Ancora oggi, nessun militante curdo rivendica i fatti del 14 novembre di Istanbul. ʺLa Turchia vuole diffondere la convinzione che YPJ/YPG siano terroristi, ma noi non facciamo altro che difendere il nostro territorio e la nostra gente”, racconta Tolhildan. “Abbiamo combattuto contro lo Stato Islamico e vogliamo creare un ambiente sicuro e protetto per tutte le differenti culture che abitano nel nord e nell’est della Syria, cosi che tutti possano vivere in pace” rincara la giovane combattente. ʺPer noi, come YPJ, è importante ricordare che gli attacchi della Turchia non sono iniziati il 5 ottobre. E’ dal 2016 che lo stato turco preme per invadere e occupare la zona nel nord della Syriaʺ sottolinea Ronahi Afrin.

In questi sette lunghi anni, il governo di Erdoğan ha compiuto quattro grandi operazioni militari sulla regione autonoma della Syria del Nord e dell’Est. Tra di esse figurano due importanti azioni belliche via terra: ˈRamoscello dˈUlivoˈ, con cui nel 2018 occupa il cantone di Afrin e ˈFonte di Paceˈ, che invece ha portato all’invasione delle città di Serekaniye e Gire Spi.

Le azioni militari di Ankara contro il Nord e l’Est della Syria? “L’ultima aggressione pianificata con largo anticipo”, Farhad Shami

Farhad Shami, capo del media center delle SDF, ha affermato che l’ultima aggressione è stata pianificata con largo anticipo”, nel 2018 dopo l’occupazione di Afrin da parte turca, “Ankara ha minacciato di voler invadere le zone di confine per impossessarsi di un tratto di terra lungo 650 km e profondo 30 kmʺ, evidenzia Shami. E’ la famosa ˈzona cuscinettoˈ in cui “la Turchia vuole operare un cambio demografico”, trasferendo i rifugiati siriani e cancellando la popolazione curda, che vi risiede in larga parte. ʺE’ un crimine di guerra ed Erdoğan ha già sperimentato questo progetto ad Afrin”, conclude poi Farhad Shami. I territori occupati dalla Turchia sono diventati “un paradiso per i mercenari islamisti”, aggiunge Rozarin Tolhildan, “Erdogan ha sistemato lì le famiglie dei gruppi islamisti alleati della Turchia. Nelle case da cui sono state espulse le popolazioni locali, ora ci vivono fondamentalisti che sono sotto il diretto comando della Turchia”.

La popolazione locale è stata espulsa dalle proprie abitazioni, e “chi resta in quelle aree subisce una costante violazione dei diritti umaniʺ ricorda Tolhildan. ʺE’ importante ricordare che lo stato turco supporta da molto tempo mercenari terroristi come Isis ed Al- Nusra. Siamo a conoscenza che in quelle zone avvengono moltissimi casi di omicidi, stupri, rapimenti e saccheggi. Non penso che sia una coincidenza che i correnti attacchi siano iniziati poco prima dell’anniversario dell’occupazione turca delle aree di Ras al- Ain (Serekaniye) e di Tal Abyad (Gire Spi)ʺ sottolinea Anahid Kassabian, dell’Unione delle donne armene nel nord e nell’est della Syria. ʺL’aggressione corrente coincide anche con l’orribile crimine commesso contro la cerimonia degli ufficiali siriani ad Homs, nella Syria centrale. Io voglio anche evidenziare sta destabilizzando la pace e l’equilibrio su larga scala. La Turchia appoggia e supporta anche l’Azerbaijan contro la popolazione armena nella regione di Artsakh contribuendo alla dispersione della popolazione armenaʺ, dice ancora Kassabian. E aggiunge: ʺQuello che la Turchia sta facendo in questo momento è un dato di fatto davanti agli occhi dei più grandi poteri del mondo. Ma nessuno sta intervenendo. La Turchia sta cercando di sterminare i vari popoli di questa regione su più livelli: politico, sociale e culturaleʺ.

Secondo Tolhidam, ʺErdogan vuole cacciare via la popolazione curda dalla propria terra, ma non ci sono solo curdi: qui vivono Assiriani, Siriaci, Armeni, Circassi. Tutti insieme, con i nostri vicini Arabi, abbiamo creato un sistema democratico che il presidente turco vede come una minaccia al suo governo autoritario. Questo è il motivo per cui ci sta attaccando”, incalza la giovane.

ʺOltre all'esercito e all'aviazione nazionale regolari, la Turchia si affida a vari gruppi mercenari, tra cui Hay'at Tahrir al-Sham (HTS) ed i resti dell’ISIS” - afferma Shami - “Questi gruppi tentano ripetutamente di infiltrarsi nei fronti di Manbij, Tal Abyad e Tal Tamir. Tuttavia, tutti i loro tentativi di infiltrazione sono stati finora sventati con successo dalle SDFʺ.

Il capo della comunicazione delle SDF ritiene che le milizie democratiche dell AANES abbiano agito sulla base del legittimo diritto di autodifesa. “Abbiamo compiuto ogni sforzo per contrastare le aggressioni turche. Ciò ha incluso l'attacco a dodici basi turche situate nelle aree occupate della Siria settentrionale, che venivano utilizzate per bombardare i villaggi popolati nelle aree adiacenti” conclude Shami. ʺDal 2020 in poi, la Turchia ha terrorizzato la nostra popolazione con attacchi assassini compiuti con i droniʺ aggiunge Tolhildan, ricordando che in tutto questo tempo, oltre alle grandi azioni militari, lo stato turco non ha mai smesso di colpire di obiettivi militari e civili. ʺSoprattutto negli ultimi due anni, queste aggressioni hanno ucciso avanguardie dell’Amministrazione Autonoma e combattenti delle YPJ e YPGʺ ricorda ancora Afrin, riprendendo quanto detto dalla sua compagna di unità. I droni turchi hanno difatti ucciso diversi esponenti politici e militari della AANES negli ultimi anni. ʺSolo a luglio 2022, la Turchia ha assassinato otto dei nostri comandanti. Perché la comunità internazionale tace davanti a questi delitti?ʺ si chiede la combattente. Gli omicidi si sono verificati spesso in contesti estranei ai combattimenti e sono aumentati soprattutto nelle settimane che hanno preceduto l’attentato di Ankara. ʺIl 15 settembre un drone ha ucciso la nostra amata comandante Servin Serdar e due membri delle YPJʺ ricorda Rozarin. ʺNei mesi precedenti, la Turchia ha usato questi reati per eliminare le donne che hanno avuto un’importante ruolo nella lotta all’ISIS, o che hanno ricoperto una carica rilevante nel sistema democratico costruito in questi anniʺ, continua Rozarin ricordando Yusra Darwish e la sua vice Lyman Shiweish, entrambe politiche dell’Amministrazione Autonoma del Nord e dell’Est della Syria, assassinate questa estate insieme al loro autista. ʺRicordo che durante la guerra di Kobanê, quando la nostra unità era impegnata contro l’ISIS, le nostre foto erano sulle copertine dei principali giornali del mondo celebrando il nostro eroismo. Ma ora, quando veniamo assassinate dalla Turchia, c’è solo un muro di silenzioʺ aggiunge amareggiata Afrin.

Nell’operazione militare di questi giorni sono state distrutte otto centrali elettriche, dodici stazioni petrolifere, due stazioni idriche, due ospedali specializzati per Covid-19 e quattro avamposti militari delle SDF. ʺGli attacchi prendono ripetutamente di mira le infrastrutture, così la popolazione subisce severi danni e resta senza fornitura di acqua, gas ed elettricità. A causa dei continui attacchi non è più possibile fare una stima complessiva dei danni avuti fino ad oraʺ conclude Afrin.

Orhan Qereman, fotografo e giornalista curdo, segue da vicino le aggressioni che stanno logorando la sua terra. ʺLe persone si sono nascoste negli scantinati e nei rifugi per paura che si ripetessero le stesse scene già viste ad Afrin e a Serekaniye. Il popolo del Rojava è stanco dell’instabilità causata dalla Turchia, ma allo stesso tempo continua a resistere per vendicarsi di chi ha espropriato le proprie terre e ucciso i loro figliʺ racconta Qereman, che in questi difficili giorni ha svolto il suo lavoro sotto i bombardamenti indiscriminati dell’esercito turco.

ʺLa maggior parte delle stazioni petrolifere colpite si trovava sul confine turco. Abbiamo capito che fosse necessario raccontare il danno subito, ma avevamo il terrore che quei siti potessero esplodere da un momento all’altroʺ evidenzia il giovanissimo foto- giornalista.

ʺNella notte dell’8 ottobre, l’aviazione turca ha bombardato l’Accademia di Sicurezza Interna: 29 membri sono stati martirizzati, mentre 28 persone sono rimaste ferite”. In quella nottata le moschee hanno invitato le persone a donare il sangue. “Abbiamo visto gli ospedali riempirsi di genteʺ - confessa Qereman - “L’ultima aggressione turca ha distrutto 172 infrastrutture, fra cui basi militari, una scuola e strutture sanitarie”.

Senza acqua e senza luce. La grave crisi umanitaria nel Nord e nell’Est della Syria.

Nel nord- est della Syria è in corso una grave crisi umanitaria, frutto di dodici anni di guerra. A giugno, Bruxelles ha ospitato l’iniziativa ʺSostenere il futuro della Siria e della regioneʺ, una conferenza organizzata dall’Unione Europea che ha definito la situazione siriana come stabile. Il terremoto del 6 febbraio 2023 ha peggiorato le condizioni di vita per almeno 15,3 milioni di persone che abitano in Siria: 5 milioni di loro si trovano nell’AANES, e dopo l’operazione ‘Spada ad Artiglio’, con la distruzione di acquedotti ed ospedali, avevano già visto la propria condizione aggravarsi. ʺNei territori dell’Amministrazione Autonoma ci sono migliaia di sfollati e rifugiati interni, mentre la situazione idrica è disastrosa e le attività dello Stato Islamico sono in costante aumento. Non c’è prospettiva per il futuro di questa popolazioneʺ si legge nel comunicato della Mezza Luna Rossa. ʺLo stato turco sta approfittando

della distrazione dei media, concentrati invece a coprire il conflitto israelo- palestineseʺ- dice ancora il report- ʺmentre l’utilizzo delle fonti di acqua come arma da guerra e l’epidemia di colera mostrano che questa zona è ancora in emergenzaʺ. Il numero degli sfollati interni è nettamente cresciuto dopo il sisma, e ha portato i campi per rifugiati a superare il limite di capacità massima. Durante gli ultimi attacchi la Turchia ha anche colpito il campo di Washokani, un campo per sfollati che ospita le persone fuggite da Serêkaniyê (Ras al-Ayn), città occupata dallo Stato turco e dalle milizie siriane sostenute dalla Turchia nel 2019. L’attacco ha costretto alcune ONG operanti nel campo ad andarsene ed interrompere le proprie attività al suo interno. Xelat Xelîl, residente del campo, ritiene che gli attacchi turchi mirino ad attentare alla sicurezza e alla resistenza degli sfollati. “A causa degli attacchi turchi, viviamo come sfollati da quattro anni. Abbiamo affrontato molte difficoltà, restiamo qui per poter tornare un giorno nella nostra patria” - afferma Xelil - “lo Stato turco mira a sfollarci di nuovo prendendo di mira il campo. Non abbiamo paura degli attacchi; abbiamo scelto di resistere e resisteremo fino alla fineʺ.Il campo di Washokani include anche uno dei 45 presidi sanitari che ha subito danni dalla distruzione delle infrastrutture civili. Senza una copertura energetica 24 ore su 24, le strutture sanitarie rischiano il collasso. Secondo l’ultimo report della Mezza Luna Rossa Kurdistan, la regione dell’AANES rischia un ulteriore peggioramento della crisi umanitaria in corso dallo scoppio della guerra civile nel 2012. Sebbene la conferenza ‘Sostenere il futuro della Siria e della regioneˈ, che si è svolta a Bruxelles il 15 giugno scorso, abbia dichiarato stabile la situazione del territorio siriano, questa valutazione non corrisponde affatto alla realtà. ʺIl terremoto del 6 febbraio ha peggiorato la situazione sanitaria per 15,3 milioni di persone che vivono in Siria: 5 milioni di queste risiedono nell’area dell’Amministrazione Autonoma della Siria del Nord e dell’Estʺ, si legge nel report. “Questa regione della Syria ospita decine di campi per sfollati, che dopo il sisma hanno superato la capienza massima” prosegue il comunicato. Al Hol è uno di questi insediamenti. Qui vivono circa 60 mila persone, molte delle quali provengono dai Paesi Europei e appartengono a famiglie legate allo stato islamico.

“Ad Hol c’è un alto rischio radicalizzazione dell’ISIS che ha colpito anche i bambini. Il peggioramento delle condizioni di vita non farà che aumentare questo pericolo” - dichiara il rapporto - “e le incursioni della Turchia stanno rafforzando l’ISIS anche sul fronte di Deir -Ezzor, dove le cellule terroristiche sono attive.

Tutto questo destabilizza la popolazione e costringe ad aiuti umanitari che sono diminuiti per via della guerra in Ucraina, e che come Mezzaluna Rossa Curda non possiamo ricevere direttamente, se non per mezzo delle ONG internazionaliʺ. La grave crisi umanitaria che ha colpito anche questa parte della Syria rischia di diventare ingestibile. L’ultima operazione dello stato turco ha distrutto la centrale elettrica di Sweida, che riforniva panifici e ospedali del governatorato di Hasake. Ora, senza elettricità, non funziona nemmeno l’impianto di pompaggio e raffinazione di petrolio di Rmeilen: questo significa che oltre un milione di persone è rimasto senza energia elettrica.

La stazione d’acqua di Alouk, che dal 2019 è sotto il controllo turco, aveva da poco ripreso a funzionare dopo essere stata bloccata per un anno da Ankara. Almeno 650 mila persone del governatorato di Hasake non hanno accesso all’acqua. L’assenza di acqua ed elettricità colpisce anche l’agricoltura: 3.500 contadini rischiano di non poter cominciare la semina del grano prevista per ottobre.

ʺVorremmo che in Europa le persone leggessero cosa chiediamo, perché noi siamo viste come terroriste. Come YPJ e YPG combattiamo lo Stato Islamico trasformandoci in uno scudo protettivo per l’umanità intera” - afferma Afrin - “Erdogan sta attaccando ospedali, centrali elettriche e altre infrastrutture. E’ lui il vero terrorista. Come YPJ noi siamo qui a difesa del nostro popolo e del loro diritto di auto- determinazione. Abbiamo fatto grandi sacrifici per costruire una società democratica basata sul Confederalismo Democratico. In Europa le persone parlano sempre di democrazia, ma perché il mondo resta in silenzio?”.

di Giacomo Sini e Alessia Manzi


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