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Quelli che sfidano la morte, e a volte perdono

Si scattano selfie in situazioni mortali, solo per la sete di click. Lo scandalo degli sponsor dietro alle morti
Si scattano selfie in situazioni mortali, solo per la sete di click. Lo scandalo degli sponsor dietro alle morti

Il primo fu il francese Charles Blondin che, nel 1859, camminò sulle cascate del Niagara sopra un cavo metallico lungo quattrocento metri, completando il percorso in diciotto minuti. Chissà cosa si pensa mentre si cammina sospesi nel vuoto: si sfida la morte con la certezza di vincere o si è pronti a sacrificare la vita per la propria performance? Le persone comuni non lo sapranno mai mentre non sono pochi, nella storia, le persone divenute famose compiendo imprese estreme.

Follia o coraggio? - Lo stesso Blondin, non contento della propria camminata sulle cascate del Niagara, arricchì di sempre maggiori difficoltà il proprio numero circense, facendosi bendare o rinchiudere in un sacco o, addirittura, portando il proprio manager sulle spalle. Si esibì in diverse traversate, sulla Senna o sul Tamigi, e su di un cavo teso tra gli alberi di un piroscafo che solcava il mare in tempesta. Dopo di lui, moltissimi funamboli divennero famosi e tra i tanti si ricorda Philippe Petit che il 7 agosto 1974 camminò su di un cavo, spesso appena 3 centimetri, teso tra le Torri Gemelle, ad un'altezza di 417,5 metri dal suolo. L'acrobata lo attraversò ben otto volte, per una durata di quarantacinque minuti, con il solo aiuto di un'asta di equilibrio e del tutto privo di sistemi di sicurezza. Davanti ad imprese simili, che non si sa se definire folli o coraggiose, non si può che rimanere basiti, e se il successo della prestazione scaccia lo spettro della Morte, il suo insuccesso determina invece la vittoria di quest'ultimo.

GettyCharles Blondin, acrobata francese. Il primo gennaio del 1900 camminò su una corda sopra il fiume Niagara.

L'ultima scalata folle di Remi Lucidi - Risale a pochi giorni fa, ad esempio, la notizia della tragica morte del trentenne Remi Lucidi, un acrobata francese specializzato in foto da altezze vertiginose. L'uomo, conosciuto come Remi Enigma, era solito entrare clandestinamente in grattacieli o costruzioni altissime e testimoniare la propria impresa scattandosi dei selfie estremi che poi pubblicava sui propri profili social. Sabato 29 luglio, l'uomo era entrato nel complesso della Tregunter Tower, un blocco residenziale nell'area residenziale di Mid-Levels ad Hong Kong, con la scusa di andare a trovare un amico, mentre con l'ascensore si è invece recato all'ultimo piano del palazzo. Qui, secondo la ricostruzione fatta dopo l'accaduto, sarebbe precipitato dal sessantottesimo piano dopo aver provato a chiedere aiuto: una donna delle pulizie, infatti, ha dichiarato di aver visto un uomo che bussava
contro i vetri di un attico. Allarmata sarebbe andata a chiamare la vigilanza ma la tragedia si sarebbe già consumata non lasciando scampo al giovane che, nel corso degli anni, aveva compiuto numerose attività estreme come saltare su di un treno in corsa o camminare su di una sbarra in ferro sospesa nel vuoto.

InstagramL'ultima acrobazia fatale di Remi Lucidi

Una volta era il circo, oggi Internet - Sfidare il pericolo, e addirittura la morte, ha sempre fatto parte della natura umana quasi che l'uomo abbia bisogno di avvicinarsi il più possibile alla fine per scoprire il proprio valore. Il modo in cui questo avviene cambia con il passare del tempo e l'avvicendarsi delle mode, e se un tempo gli esercizi circensi più pericolosi lasciavano a bocca aperta le persone ora la sfida si è spostata nell'ambito dei social network che hanno ulteriormente alzato l'asticella della pericolosità, e della inutilità, di certe sfide.

400 selfie mortali - È il caso, ad esempio, dei cosiddetti selfie estremi che, dal 2008 hanno ucciso nel mondo, in base ai dati incompleti diffusi dai media, quasi quattrocento persone. La maggioranza di queste morti è dovuta a cadute rovinose da dirupi, luoghi elevati, tetti o cascate ma non mancano le morti provocate da annegamento, incidenti stradali e ferroviari, attacchi di animali feroci o scariche elettriche. India, Russia e Stati Uniti sono i Paesi in cui si muore di più per queste attività estreme che, in genere, riguardano ragazzi di età inferiore ai venticinque anni.

Il fenomeno "killfie": un po' kill un po' selfie - Secondo uno studio pubblicato dalla Fondazione iO, che si occupa di formazione su tematiche legate alla salute ed alla medicina di viaggio, il fenomeno è molto più esteso di quanto si pensi e per definirlo è stato coniato anche un neologismo: "killfie" ossia la contrazione tra "kill", uccidere, e selfie. A dispetto del passato, in tali imprese non vi è la mera sfida al pericolo ma una sorta di narcisistica pulsione a spettacolarizzare determinati momenti della propria vita in una gara al rialzo per chi conquista più like. Ciò che si cerca è il riconoscimento pubblico, anche a costo di mettere seriamente a repentaglio la sicurezza propria e di altre persone, e spesso ciò va di pari passi con una quasi totale preparazione tecnica ad affrontare tali tipi di prestazioni.

 

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L'ipocrisia di un invito - Secondo gli esperti, poi, la scritta che accompagna molti video di selfie estremi “queste azioni sono compiute da professionisti. Non imitarle” sarebbe solo una ipocrisia dato che il fenomeno emulativo è in costante aumento. Sempre secondo lo studio della Fondazione iO si è dimostrato che il 37% di coloro che muoiono per selfie estremi sono turisti, a testimoniare il fatto che non si tratta di attività affrontate con perizia ma il gesto sconsiderato di chi vuole impressionare il popolo dei social media, magari per ricavarne un profitto economico.

Il caso dello scalatore di cornicioni - Nel dicembre del 2017 aveva suscitato molto scalpore la morte del ventiseienne Wu Yongning, precipitato dal sessantaduesimo piano dello Huayuan Hua Centre, uno dei grattacieli più alti della provincia di Hunan. Il ragazzo aveva intrapreso la carriera di stuntman per poi divenire uno dei rooftopper, coloro che salgono sui tetti o sui cornicioni per scattare un selfie, più seguiti su Weibo con oltre un milione di follower. L'aspetto più inquietante della vicenda è che, dalle indagini della polizia cinese è emerso che il ragazzo avesse degli sponsor privati che lo pagavano profumatamente per tentare tali tipo di sfide. Dalle testimonianza raccolte, si è saputo che queste società pagano ai videomaker tutto quanto necessario per viaggiare da una città all'altra sollevandosi da ogni responsabilità penale e civile in caso di incidente. Negli ultimi mesi prima della sua morte, il ragazzo aveva pubblicato oltre trecento video proprio nella speranza di guadagnare sempre più soldi, utili per le cure mediche della madre e per organizzare il proprio matrimonio. In occasione della morte dell'acrobata, il China Daily aveva anche pubblicato un editoriale in cui si puntava il dito, oltre che su questi sponsor occulti, anche contro i social network colpevoli “di non eliminare i video più cruenti, pericolosi ed osceni perché vengono visti e ci guadagnano”. 

Weibo - Wu YongningWu Yongning morto mentre eseguiva una delle sue tipiche acrobazie sui grattacieli.

382 morti con il base jumping - Un'altra attività estrema particolarmente pericolosa è il base jumping che si stima abbia causato trecentoottantadue morti dal 1981 al 2021. Si tratta di lanciarsi nel vuoto da varie superfici, che siano rilievi naturali, edifici o ponti o torri abbandonate e atterrare mediante un paracadute, o una tuta alare, per sperimentare l'atavico sogno di volare come gli uccelli. Uli Emanuele era una vera star nell'ambito di questo sport estremo ma anche lui, pur con la sua esperienza e preparazione atletica, non è scampato alla morte precipitando, forse dopo essersi scontrato in volo con un altro base jumper, nell'Oberland Bernese. Il giovane altoatesino nel corso della sua carriera aveva effettuato più di duemila salti ed era diventato noto per il video in cui attraversava, alla velocità di 170Km/h, un buco, largo appena 2,28 metri, all'interno di una roccia nel cuore delle Alpi svizzere, ma aveva volato anche dentro un cerchio di fuoco del diametro di 3,5 metri. Anche in questo caso, così come capitato in occasione della morte di influencer impegnati in imprese estreme, sono stati chiamati in causa gli sponsor che, di fatto, pagano gli atleti per compiere imprese potenzialmente mortali, come nel caso di Uli Emanuele o di Felix Baumgatner, il paracadutista austriaco che, pagato cinquanta milioni di euro dalla Red Bull, si è lanciato, da una capsula sospesa da un pallone pieno d'elio, dall'altezza di 38.964 metri superando la velocità del suono. Lo scopo di tutto ciò, oltre l'indubbio vantaggio economico, è, come detto, la spasmodica ricerca della notorietà, garantita dal confezionare video sempre più estremi e pericolosi.
Bisognerebbe ricordare, forse con più frequenza, quanto detto dal famoso base jumper Chris McNamara il quale, capace di ritirarsi prima del salto fatale, volle ricordare “che la vita è piena di attività meno pericolose e in grado di renderti altrettanto felice”.


Appendice 1

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GettyCharles Blondin, acrobata francese. Il primo gennaio del 1900 camminò su una corda sopra il fiume Niagara.

InstagramL'ultima acrobazia fatale di Remi Lucidi

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Weibo - Wu YongningWu Yongning morto mentre eseguiva una delle sue tipiche acrobazie sui grattacieli.