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Genitori malati di narcisismo che pubblicano sui social foto e video dei loro bambini. L'esperta: «Non sanno cosa rischiano»
Genitori malati di narcisismo che pubblicano sui social foto e video dei loro bambini. L'esperta: «Non sanno cosa rischiano»

Bambini che piangono, bambini che ridono, bambini che fanno le imitazioni dei grandi o che vengono agghindati come piccole star. Bambini di cui si sa tutto, che si impara a conoscere ancora prima che nascano grazie alle ecografie pubblicate sui social dagli stessi genitori. Che siano baby influencer, che dettano moda e stili di vita, o emeriti sconosciuti, famosi solo nella propria cerchia famigliare, tutti hanno una caratteristica in comune: hanno una vita totalmente pubblica, con buona pace del diritto alla privacy. Ciò che può sembrare solo il frutto di un esagerato orgoglio genitoriale per i propri pargoli ha, in realtà, dei risvolti sociali e legali ben più complessi di quanto si possa pensare di primo acchito. Lo 'sharenting' è l'ennesima problematica nata al tempo dei social: un tempo in cui non si esiste se non si appare, e ciò riguarda anche i bambini.

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Bambini considerati come star - Con tale termine, coniato negli Stati Uniti unendo le parole 'share', condividere, e 'parenting', genitorialità, si indica proprio il fenomeno della costante condivisione online, da parte dei genitori, di video, foto, storie e contenuti vari che riguardano i propri figli. Il Collins Dictionary fu tra i primi ad inserirla nella lista delle parole dell'anno, nel 2016, con la definizione di “uso abituale dei social media per condividere notizie, foto e simili dei propri figli”. Di recente, il Wall Street Journal ha suggerito che si parlasse di oversharenting, a indicare che il rischio risiede proprio nella sovraesposizione mediatica che si fa dei propri figli. Se è vero, infatti, che la condivisione di un evento riguardante il figlio sia un modo per coinvolgere parenti e amici, spesso fisicamente lontani, la sovraesposizione mediatica va ben oltre il normale limite del buonsenso. Capita sovente che i contenuti online riguardanti i figli vengano condivisi dai genitori con cerchie sempre più ampie di persone, dai parenti e amici si passa agli amici degli amici e poi a un pubblico sempre più vasto, se si parla di bambini figli di personaggi già di per sé famosi. Questo non permette di poter tenere sotto controllo queste tracce digitali che, in futuro, faranno comunque parte dell'identità digitale dei ragazzi ormai cresciuti.

A un passo dall'imbarazzo - Un recente studio dell'Università del Michigan ha rivelato che oltre la metà dei genitori partecipanti ha ammesso di aver condiviso online contenuti imbarazzanti riguardanti i propri figli, e il 27% di loro ha pubblicato foto dal contenuto “potenzialmente inopportuno”. Ha fatto il giro del mondo il commento di Apple, figlia dell'attrice Gwyneth Paltrow, a corredo di una foto che le ritraeva in vacanza sulla neve. «Mamma ne abbiamo già parlato-ha scritto la ragazza-non dovresti postare niente senza il mio consenso», rendendo palese come i ragazzi inizino a percepire il pericolo per la propria privacy in questo tipo di attività. In effetti, sempre più studi in merito, hanno dimostrato come i bambini sono spesso infastiditi o frustrati dalla condivisione di contenuti personali che li riguardano, e il 73% dei ragazzi inglesi, tra i 12 e i 16 anni, coinvolti in uno studio riguardante oltre mille adolescenti, hanno riferito che i loro genitori non hanno rispetto della loro identità digitale. Quasi il 40% dei ragazzi ha poi dichiarato di essersi sentito in imbarazzo per le foto pubblicate online dai propri genitori.

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Malati di narcisismo - Alla base di questo fenomeno, così come di molte dinamiche poste alla base dei social network, vi è una buona dose di narcisismo. Non è un mistero che il fine ultimo delle attività online sia la conquista di un pubblico sempre più ampio, che si tenta di fidelizzare mostrando la propria vita in maniera più patinata e interessante possibile. La presenza di bambini garantisce un immediato successo, grazie a quel naturale senso di tenerezza ed empatia che i piccoli suscitano. Inutile poi nascondere il risvolto economico che il coinvolgimento dei propri figli comporta per coloro che si propongono già come influencer del web. Avviarli alla propria carriera, facendoli rientrare anche in accordi commerciali con le aziende partner in veste di kid influencer, può sembrare una naturale conseguenza di uno stile di vita avviato con successo. Che dire, per esempio, di Ryan Kaji che a undici anni ha già guadagnato 250 milioni di dollari con i propri video su YouTube, entrando di diritto nella classifica di Forbes delle persone meglio pagate al mondo?

Una traccia digitale che puo' causare problemi anche professionali - Il consenso è il tema centrale del problema. Se i genitori, infatti, ritengono di poter condividere foto e video dei figli proprio in forza del proprio ruolo, i giovani si trovano ad avere una traccia digitale spesso compromessa dall'oversharenting compiuto in maniera troppo avventata e inconsapevole. È tutt'altro che infrequente, ai giorni nostri, che in caso di assunzione, i datori di lavoro vadano a studiare il profilo digitale dei propri candidati, e contenuti considerati inopportuni e imbarazzanti possono essere deleteri anche per una futura carriera professionale. Come ricordato da Federica Boniolo, psicologa e presidente di #UnitiinRete, «tanti genitori non sanno a cosa vanno incontro, cosa rischiano, cosa voglia dire davvero condividere così tanto materiale, di ogni genere, riguardante i propri figli».

La Francia ha creato una legge: responsabilizzare i genitori - L'oversharenting, da parte dei genitori avviene, infatti, nella maggioranza dei casi, senza che i bambini possano esprimere alcuna forma di consenso, sia perché troppo piccoli per capire a fondo le implicazioni di tale attività sia perché il consenso non viene loro richiesto in ogni caso. La Francia è il primo Paese europeo che ha studiato una legge che possa impedire la proliferazione di tale fenomeno. L'obiettivo, come spiegato da Bruno Studer, promotore del disegno di legge e membro della delegazione per i diritti dei bambini, creata nel settembre del 2022, è quello di “rendere i genitori più responsabili e di chiarire che non hanno un diritto assoluto sull'immagine dei propri figli”. La proposta di legge, a cui ha dato il suo pieno sostegno anche il ministro della Giustizia Eric Dupond-Moretti, mira a introdurre la nozione di vita privata nella definizione della podestà genitoriale. In particolare, nell'articolo 4, è previsto che “nei casi più estremi il giudice del tribunale di famiglia possa affidare a un terzo l'esercizio dei diritti di immagine dei bambini”. Approvata, il 6 marzo scorso, all'unanimità in prima lettura dal Parlamento, è stata adottata anche dal Senato l'11 maggio. Obiettivo: tutelare meglio i diritti all'immagine dei bambini di fronte agli abusi di alcuni genitori che li espongono eccessivamente sui social. 

Studer, era riuscito a far approvare, già nel 2020, una legge sui 'child influencer', nata per regolamentare gli orari e le entrate economiche dei minori le cui immagini vengono condivise su delle piattaforme video. Viene loro garantito, inoltre, il diritto all'oblio con la rimozione, in tempi molto rapidi, dei contenuti di cui si chiede la cancellazione. La violazione della privacy, che val la pena di ricordare è un diritto garantito anche ai minori in forza della Convenzione dei diritti dell'Infanzia e dell'Adolescenza, non è l'unica implicazione negativa del fenomeno dello sharenting.

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Il rischio di cadere nella rete pedopornografica - Come ricordato dallo stesso Bruno Studer, «il 50% delle fotografie scambiate sui forum di pedopornografia sono state inizialmente pubblicate dai genitori sui loro social». Basta lo screenshot degli schermi perché le foto di un bambino, anche non particolarmente allusive ma che in qualche modo possa essere considerata attraente, venga pubblicata online a opera di chiunque. Nessuno può avere la certezza di che fine facciano i contenuti online, anche in considerazione del fatto che con un semplice programma di photo editing è possibile manipolare le immagini pubblicate e trasformarle in materiale pedopornografico. L'eccessiva leggerezza, poi, con cui si rendono noti ai propri followers dei dati sensibili di proprio figlio, data e luogo di nascita o la scuola che frequenta, espone il minore a un maggiore rischio di avvicinamento e adescamento online. Se è vero, quindi, che, entro certi limiti “ogni genitore fa del proprio meglio per i propri figli e saranno solo loro a doverci giudicare”, come disse Chiara Ferragni a proposito della scelta di condividere contenuti riguardanti i propri figli minori, ciò è meno vero se i rischi a cui si espongono i bambini siano di gran lunga superiori ai pochi ed effimeri benefici che la condivisione di una loro foto può comportare.


Appendice 1

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