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LUGANO«Le ragazze mi volevano bene»

07.08.17 - 15:26
Nel processo nei confronti dell’ex monitore accusato di abusi sessuali, la Corte fa luce sulla coazione. Si parla anche di pedopornografia online
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«Le ragazze mi volevano bene»
Nel processo nei confronti dell’ex monitore accusato di abusi sessuali, la Corte fa luce sulla coazione. Si parla anche di pedopornografia online

LUGANO – «Allora pensavo soltanto a me stesso, non consideravo nemmeno le conseguenze». Si giustifica così il quarantenne del Mendrisiotto, che da stamani è alla sbarra alle Criminali per una serie di abusi sessuali su nove ragazze minorenni. Ragazze che, tra il 2003 e il 2015, avvicinava soprattutto nell’ambito della sua attività professionale, come monitore per delle società sportive locali.

L’invito al silenzio – All’inizio le vittime potevano contare sul sostegno e sulla vicinanza dell’allenatore. Anche con complimenti. Poi l’imputato – che in aula è difeso dall’avvocato Stefano Genetelli – iniziava a toccarle, nonostante le ragazze fossero contrariate. E in seguito andava oltre, passando a rapporti orali, penetrazioni vaginali e anali (numeroso il numero complessivo degli atti). Un comportamento, questo, che durava più anni. E il quarantenne intimava le ragazze a non raccontare a nessuno quanto accadeva tra loro, a cancellare le conversazioni telefoniche e i messaggi.

Quei “no” ignorati – Quando l’ex monitore andava oltre, toccando le parti intime, alcune vittime dicevano di “no”. Ma lui – come racconta anche in aula, interrogato dal giudice Amos Pagnamenta – non desisteva: ci riprovava. «Era un mio impulso» afferma.

Vittime costrette? – Il rapporto di fiducia, l’insistenza, gli inviti al silenzio, i complimenti, la debolezza delle vittime. Nel corso della mattinata l’imputato aveva sostenuto di non aver fatto pressione psicologica sulle minorenni. «Le ragazze non si sentivano costrette?» gli domanda il giudice. Per i fatti relativi ad alcune delle vittime, l’imputato risponde: «In parte penso che si siano sentite costrette».

Il reato di pornografia – In aula si parla anche di pornografia, per il consumo di materiale pedopornografico scaricato dal web. Come si evince dall’atto d’accusa firmato dalla procuratrice pubblica Chiara Borelli, si parla di almeno 770 rappresentazioni (foto e video), di cui almeno 137 erano conservate sul suo disco rigido. Materiale che si procurava tramite un programma peer-to-peer e poi anche nel dark web, ma anche utilizzando un profilo Messenger fasullo. E l’imputato avrebbe lui stesso prodotto video e foto pedopornografiche, che in parte avrebbe caricato online.

Il torto morale – Gli accusatori privati, rappresentati dall’avvocato Maria Galliani, chiedono un indennizzo per torto morale di complessivi 133'000 franchi.

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