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CANTONEA che punto è l’inchiesta sull’AlpTransit?

25.04.24 - 06:30
La denuncia di UNIA, la ricostruzione della vicenda e lo stato dell'arte dell'inchiesta.
tipress (archivio)
A che punto è l’inchiesta sull’AlpTransit?
La denuncia di UNIA, la ricostruzione della vicenda e lo stato dell'arte dell'inchiesta.

BELLINZONA - Lo striscione, retto da cinque persone ed esposto a inizio marzo davanti alla sede del Ministero pubblico, recava un messaggio eloquente: «Vogliamo giustizia per gli operai».

L'azione di UNIA - L’azione è stata promossa da UNIA e si riferiva a una vicenda in particolare: le presunte irregolarità, segnalate dagli operai della Generali costruzioni ferroviarie (GCF), sul cantiere AlpTransit della galleria di base del Ceneri.

«Un tempo infinito» - «Sono passati quasi sei anni dalla denuncia e cinque dall’apertura dell’inchiesta - spiega il responsabile Sopraceneri di Unia Igor Cima - un tempo infinito. Peraltro, quando si tratta di condannare i sindacalisti o i lavoratori, si procede di solito molto celermente. Nel caso di AlpTransit, invece, è il contrario. Questo lascia l'amaro in bocca».

Il sindacalista: «Gli operai chiedono giustizia» - Nel proprio congresso, Unia Ticino ha votato recentemente una risoluzione in cui si chiede la creazione, all’interno della procura, di una sezione ad hoc dedicata ai delitti in ambito lavorativo. «Per quanto riguarda questo caso, il capo cantiere non è ancora stato sentito e abbiamo già segnalato altri nostri testimoni che sono già pronti a rilasciare la loro versione dei fatti, ma ancora non sono stati chiamati - aggiunge il sindacalista - non capiamo il motivo di questa lentezza. Sono gli stessi operai che ci hanno chiesto di fare qualcosa, di non mollare la presa su questa vicenda».

L'appalto - Il cantiere in questione è l’AlpTransit del Monte Ceneri, l’appalto riguarda la posa dei binari e il gruppo vincitore, con un ribasso nell’offerta del 30% (il ricorso del consorzio austriaco concorrente fu bocciato dal Tribunale federale), è il consorzio italo-svizzero ‘Mons Ceneris’, di cui fa parte la Generale Costruzioni Ferroviarie, controllata dal gruppo Rossi di Roma.

L'inchiesta - «La magistratura apre l’incarto quasi un anno dopo le denunce, nell’aprile 2019, dopo un servizio di Falò - riavvolge il filo Cima - Nell’inchiesta giornalistica, si mette in luce come l’impresa fu accusata, in Danimarca, di abusi sugli orari di lavoro in tre cantieri. Fu costretta a pagare, in totale, 2,2 milioni di euro e una multa per infrazione alla legge sul lavoro. Inoltre, la stessa GCF è finita nel mirino dell’antimafia italiana. Siamo di fronte a un modus operandi ripetuto nel tempo».

La nota degli inquirenti - A inizio giugno dello stesso anno, il Ministero pubblico e la Polizia cantonale comunicano d’aver controllato 57 persone e proceduto «a una serie di perquisizioni, interrogatori e sequestri di materiale a Camorino, Sigirino e Bellinzona». Gli accertamenti, «finalizzati a comprendere se sussistano i presupposti di reati di natura penale e violazioni delle disposizioni legali in materia di contratti o permessi di lavoro», evidenziano «possibili anomalie a livello di sicurezza che saranno ora oggetto di approfondimenti da parte delle autorità competenti».

«Ci sono tutti gli elementi per procedere» - Secondo il sindacalista, «le persone già sentite e il materiale raccolto avvalorano le nostre denunce. Inoltre, come richiesto dagli inquirenti, abbiamo fornito un elenco delle persone da interrogare ma, a quanto ci risulta, poco o nulla è stato fatto. Per noi ci sono tutti gli elementi per procedere».

«Perché non si accelera?» - E quindi, si torna alla richiesta. «Perché non si accelera? - conclude Cima - Si tratta di un pericoloso precedente: già è difficile trovare il coraggio per denunciare le irregolarità sul posto di lavoro. Se poi le inchieste procedono così a rilento, diventa ancora più complicato».

Infine, è bene sottolineare come il consorzio sia stato premiato con un bonus finanziario dal committente per aver concluso i lavori prima del termine di consegna previsto. «Bonus di cui gli operai - precisa il sindacalista - spremuti con turni allucinanti, non hanno visto nulla».

L'inchiesta procede - Fonti vicine al Ministero pubblico confermano che l’inchiesta sta procedendo. Insieme con le parti, si stanno cercando di definire i parametri per riuscire ad accertare con precisione quante persone lavorassero su quel cantiere nel periodo di tempo individuato (un anno) e quali fossero i turni.

Si sta cercando, non senza difficoltà, di individuare i componenti delle squadre di lavoro che si sono avvicendati (il fatto che alcuni pagamenti siano avvenuti in Italia non aiuta).

Inoltre, c’è da considerare anche il riserbo da parte di alcuni operai a portare la propria testimonianza. Diversi lavoratori, indicati dalle stesse parti sociali, hanno preferito non presentarsi quando citati (verosimilmente per il timore di potere avere ipotetiche ripercussioni lavorative).

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