Critiche sulla nuova politica di informazione della polizia comunale zurighese: «Così si rafforzano modelli di pensiero razzisti»
ZURIGO - La nuova strategia di informazione della polizia comunale zurighese, che nei suoi comunicati non cita più la nazionalità di presunti autori di reati, rischia di avere un effetto boomerang: ne è convinto il noto criminologo e professore di diritto penale Martin Killias.
«A mio parere è da considerare molto problematico che in linea di principio la nazionalità non venga resa nota», afferma Killias in dichiarazioni riportate oggi dal Blick.
Secondo Richard Wolff, municipale della formazione di sinistra "Lista alternativa" e responsabile del dicastero sicurezza della città sulla Limmat, menzionare il passaporto "è discriminante, perché suggerisce che l'atto sia spiegabile con la nazionalità dell'autore", ha affermato ieri in conferenza stampa.
Ma Killias - studioso attivo per decenni in varie università svizzere e che è anche stato per due volte, nel 2001 e 2015, candidato socialista al Consiglio Nazionale - non è per niente d'accordo. «Secondo la stessa logica ci si potrebbe teoricamente chiedere: perché si cita il sesso di chi perpetra il reato? O l'età? Anche queste indicazioni mettono in cattiva luce un intero gruppo».
Wolff - un geografo 60enne in municipio dal 2013 - sostiene che la menzione della nazionalità di un indagato nasconde le cause reali degli atti criminali, come la povertà, il consumo di droga o il basso livello di istruzione. Ma secondo Killias questa argomentazione non tiene, perché tali informazioni non possono essere incluse in un comunicato di polizia, già solo per ragioni di protezione dei dati. «Se la polizia dovesse fornire indicazioni sul livello di istruzione o sul ceto sociale degli autori di reati le persone con formazione scolastica elementare o in condizioni di povertà verrebbero messe alla berlina».
Modelli di pensiero razzisti - La nuova politica della polizia zurighese rischia inoltre di rafforzare modelli di pensiero razzisti. «In tal modo sì che si aumenta la diffidenza della popolazione. Ad esempio se in un comunicato stampa della polizia si affermerà che un 'uomo' è stato sorpreso a spacciare droga sulla Langstrasse, molte persone semplicemente aggiungeranno la parte mancante». L'effetto può essere quindi controproducente, sostiene il 69enne.
Secondo Killias la polizia deve poter decidere sulla base della situazione concreta quali informazioni rendere pubbliche. Questo non vuol dire che occorra assolutamente rendere nota la nazionalità di tutti gli indagati: «sono a favore di una comunicazione sensata», conclude lo specialista.
Stando al Blick le forze dell'ordine della città di Zurigo sono il primo corpo di polizia in Svizzera che rinuncia a indicare la nazionalità degli indagati nei suoi comunicati. Tutti gli altri lo fanno: nei cantoni di San Gallo e di Soletta le autorità sono addirittura obbligate a farlo.