Già sotto esame dell'Ocst per l'emorragia di dipendenti, il call center di Chiasso ora finisce sui tavoli dell'ispettorato del lavoro. Nomi, cognomi, accuse: «Qualcuno doveva farlo»
CHIASSO - A convincerlo, racconta adesso, è stata la memoria della gente che «ho guardato piangere. Per sé e per quello che aveva visto fare agli altri. Oggi io non ho alcun interesse, per fortuna ne sono uscito, spendo solo soldi e tempo miei che potrei impiegare in altro modo. Ma non voglio diventare complice di quello che so sta accadendo in quel posto. Chi sa, deve parlare. Se nessuno ha la forza, lo faccio io».
Martedì 12 dicembre, ore 19.22, ma a scrivere lui comincia alle «4.30 del mattino». Click: all'ispettorato del lavoro viene inviata una mail con oggetto che parla da solo, «Denuncia contro il Credit Suisse Csc di Chiasso, dettagli per l'inchiesta»; in copia conoscenza nomi noti della politica, «perché voglio che si sappia e che qualcosa venga finalmente fatto. Andrò dal procuratore, se servirà e se questo non porterà a nulla». In tal caso, dice l'ex dipendente (nome noto alla redazione), le persone esplicitamente segnalate «saranno presumibilmente sei. Starà poi al magistrato decidere se anche gli altri hanno colpa».
Ventuno nomi e cognomi in tutto, segnati per esteso, con tanto di qualifiche interne e ruoli che confondono presunti colpevoli e vittime: comunque responsabili, secondo chi ha presentato l'esposto, del loro pesante silenzio. «Io sono dovuto fuggire», scrive, alludendo a «motivi di salute» legati al malessere sul posto di lavoro. Il 7 dicembre anticipa al cantone le sue intenzioni: «Vorrei denunciare fatti gravi accaduti presso il Credit Suisse, Customer Service center di Chiasso, negli ultimi tre anni e che probabilmente continuano ad accadere», scrive, annunciando rivelazioni su «15 vittime» e «tre membri della direzione e tre membri dei quadri», con i quali «ho tentato di chiarire più volte, domandando colloqui e un intervento deciso, prima di rivolgermi ad altri interlocutori».
La prima conferma di ricezione lo raggiunge qualche ora più tardi. «La stessa verrà trasmessa all'area competente e valutata secondo la nostra più rapida disponibilità», è la replica degli uffici, che cinque giorni più tardi ricevono almeno sette pagine di resoconti precisi. Contattati ieri telefonicamente, confermano di «aver preso in carico la questione», senza aggiungere ulteriori dettagli. «La procedura verrà avviata in questi giorni - è ottimista l'ex dipendente - La banca sarà contattata dall'ispettorato, dovrà avviare un'inchiesta interna su suo mandato e inviare una perizia come riscontro dell'indagine avvenuta. Sulla base dei contenuti, verrà deciso come procedere. L'unica cosa sicura, adesso, è che avrebbe dovuto farlo molto tempo fa, invece di rispondere che "va tutto bene". Ho provato più volte a sollecitarli: nessuna reazione. Mi hanno chiuso tutte le porte».
Che il clima al call center di Chiasso non fosse dei più idilliaci era già emerso mesi fa, tanto che anche il sindacato Ocst aveva cominciato a occuparsene e aveva raccolto testimonianze relative a presunti licenziamenti, sulla carta dimissioni volontarie. Ma che cosa realmente accadesse nessuno o quasi osava accennare. Fino alla missiva carica di presupposte «violazioni del codice delle obbligazioni», ora in attesa di verifica formale. Dalle «ore di lavoro gratis» all'ansia da prestazione «inflitta»; dal «mobbing aziendale» alle «umiliazioni»; poi «spionaggio, segreti, ricatti, turn over sospetto».
Realtà? Esagerazione? «Dico solo la verità, nessuno riuscirà a smentirla», garantisce il mittente, sia pur consapevole di metterci «tanto sentimento» senza, dice, volere nulla in cambio. Solo «giustizia. Non per me, ma per il futuro del nostro Paese. Una volta era diverso, se anche un'azienda grossa e quotata si comporta così, dove finirà la nostra economia? La Svizzera e il Ticino, in questo modo, dove credono di arrivare?».