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ISRAELE / IRANNel frattempo a Gaza si continua a morire

18.04.24 - 12:00
Negoziati "in ghiaccio" e attenzione focalizzata sulla questione Iran. Così la guerra nella Striscia è "scomparsa" dalle prime pagine
keystone-sda.ch / STF (HAITHAM IMAD)
Nel frattempo a Gaza si continua a morire
Negoziati "in ghiaccio" e attenzione focalizzata sulla questione Iran. Così la guerra nella Striscia è "scomparsa" dalle prime pagine

TEL AVIV / TEHERAN - Far distogliere lo sguardo da Gaza o alzare la temperatura della "polveriera" mediorientale quel tanto che basta per garantire una continuità di guerra che, ormai è sempre più evidente, avrà il medesimo capolinea della carriera politica del premier israeliano Benjamin Netanyahu?

Sull'attendismo e le decisioni non prese dal gabinetto di guerra israeliano in questi giorni di continue riunioni - l'ennesima è prevista per oggi - che non sembrano portare in alcuna nuova direzione, analisti e, soprattutto, funzionari e addetti ai lavori hanno cucito ipotesi e abbozzato possibili letture dei fatti. Tutte riconducibili all'assunto, sempre più largamente condiviso, che con il silenzio delle armi nella Striscia di Gaza e sugli altri fronti, più o meno aperti, arriverà anche il momento di declinare il nome del primo ministro israeliano al passato.

Un destino di cui lo stesso Netanyahu ha consapevolezza. Da qui la partita a scacchi, ferma, dei negoziati con Hamas che in sei mesi hanno prodotto ben poco, mentre la popolazione civile di Gaza continua a farne le spese inerme, contando i propri morti. Perché a Gaza, che negli ultimi giorni sembra sparita dalle prime pagine dei media internazionali, la guerra sta continuando. I bombardamenti, i morti, i convogli per il trasporto degli aiuti umanitari. Tutto è come era ieri. Come una settimana fa. Come un mese fa. Anche se Israele in questo momento pare molto più interessata alla questione Iran e, ancor di più, al fatto che se ne parli.

Da giorni a tenere banco è infatti quel grosso punto interrogativo che galleggia sulle modalità della risposta che lo stato ebraico recapiterà a Teheran come "compenso" per l'attacco dello scorso fine settimana - letteralmente, una "telefonata" a base di droni e missili, con tanto di orari d'arrivo annunciati con largo anticipo -, che a sua volta, lo ricordiamo, era la riposta da parte dell'Iran per il raid (attribuito a Israele) che aveva provocato l'uccisione di due generali presso l'ambasciata iraniana a Damasco.

Il punto di vista di Teheran, sintetizzato nelle dichiarazioni, riportate dal Guardian, di Seyed Mehdi Hosseini Matin, alto diplomatico dell'Iran a Londra, è che Netanyahu stia cercando di «intrappolare» l'Occidente in una guerra più ampia in Medio Oriente. E questo, ha proseguito, rende la situazione «un'ottima occasione, per i paesi occidentali, di dimostrare che sono attori razionali e che non si faranno intrappolare da Netanyahu e dal suo obiettivo, che è quello di restare al potere per il maggior tempo possibile». Una trappola, «non per l'Iran» ma per tutti gli alleati di Israele, di cui «l'intero mondo potrebbe presto non essere più in grado di gestire le conseguenze», ha ammonito il chargé d’affaires iraniano.

Per quanto telefonato sia stato, l'attacco sferrato dall'Iran - e quasi del tutto "disinnescato" prima che potesse arrivare a destinazione - ha di certo consentito a Israele di recuperare un po' di "ossigeno" e consolidare un piccolo capitale di favore e tolleranza agli occhi dei suoi alleati regionali e non - Stati Uniti in primis - sempre più frustrati da quanto sta accadendo da mesi a Gaza. E certo è pure il fatto che Israele voglia capitalizzare al massimo questa parentesi favorevole. Molto però dipenderà da quelle decisioni non ancora prese.

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