Il Gran Consiglio ha respinto la richiesta di Matteo Pronzini. Non sono mancate le frecciatine in aula
BELLINZONA - All’istituzione di una Commissione parlamentare d’inchiesta sul caso delle residenze fittizie in Ticino dei manager del gruppo Kering il Gran Consiglio ha detto “no”. Con 57 voti favorevoli e 25 contrari il Parlamento ha approvato le conclusioni del rapporto di maggioranza che chiedeva di respingere la richiesta.
Richiesta presentata da Matteo Pronzini, dopo che lo stesso deputato aveva inoltrato segnalazione al procuratore generale Andrea Pagani. Il gruppo Kering era finito al centro di un’inchiesta per aver evaso 1.4 miliardi di euro di imposte attraverso la Luxury Goods, non dichiarando ricavi per 14,5 miliardi. Al centro della vicenda spiccava la figura di Patrizio di Marco, ex amministratore delegato di Gucci - una delle controllate del gruppo - che in Ticino godeva di un forfait fiscale, avendo disposto di una residenza fittizia a Paradiso dal 2010 al 2014, quando in realtà risiedeva a Milano. Matteo Pronzini ha presentato decine di atti parlamentari negli anni. «Come è potuto sfuggire il fatto che una ventina di manager della Kering avessero false residenze?», chiedeva il deputato MPS, ricordando che «per Kering la presenza sul nostro territorio serviva unicamente quale tassello per miliardarie frodi fiscali. Nulla di più». E tra le altre cose sollevava più di qualche dubbio sull’operato delle autorità cantonali e sulla possibilità che invece di svolgere gli accertamenti necessari qualcuno abbia «volontariamente chiuso un occhio», o «magari anche due».
In aula oggi Pronzini ha sottolineato come «le uniche notizie che disponiamo arrivano dai media». Ma Michele Guerra, a nome della Sottocommissione delle finanze, ha spiegato chiaramente che «la portata istituzionale degli eventi non è data». E ha precisato: «Non vi sono elementi per dubitare dell’agire dello Stato e delle nostre autorità. Viene a mancare la condizione di grande portata istituzionale, la cui presenza doveva essere dimostrata dalla Sottocommissione per poter aprire una commissione parlamentare d’inchiesta. Elementi per aprirla veramente veramente veramente non ne vediamo».
In aula solo la sinistra ha tentato di rivendicare la necessità di istituire una Commissione parlamentare d’inchiesta sull’azienda che in maggio ha abbandonato il Ticino lasciandosi dietro 400 posti di lavoro. Ma si è vista rispondere che «non sussistono i presupposti per parlare di un inganno alle autorità».
Prima del voto, solo una stoccata di Michele Foletti: «Danni allo Stato non ce ne sono stati. Illazioni all’operato del Consiglio di Stato ce ne sono state fin troppe».