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«Vescovo Ernesto, perdona chi non ti ha capito»

LUGANO«Vescovo Ernesto, perdona chi non ti ha capito»

14.11.22 - 11:04
Commozione per i funerali di Monsignor Togni. Grampa senza giri di parole: «Il suo è stato un episcopato sofferto».
Tio.ch / 20 minuti - Davide Giordano
«Vescovo Ernesto, perdona chi non ti ha capito»
Commozione per i funerali di Monsignor Togni. Grampa senza giri di parole: «Il suo è stato un episcopato sofferto».

LUGANO - Un episcopato breve, durato solo otto anni. Ma intenso. Capace di lasciare ricordi indelebili nel cuore della gente. Monsignor Ernesto Togni, vescovo emerito deceduto venerdì scorso all'età di 96 anni, ha lasciato nell'animo di molti un esempio di umiltà, di bontà, di umanità. Lo si è ricordato anche oggi, lunedì, nel giorno del suo funerale presso la Cattedrale di Lugano. Tante le persone comuni presenti per dargli l'ultimo saluto. Numerose anche le personalità religiose e laiche.

Un'avventura difficile – L'omelia di Pier Giacomo Grampa, altro vescovo emerito che ha celebrato il funerale, evidenzia un lato importante della storia di questo religioso verzaschese, proveniente da una famiglia di umili origini, rimasto sfiancato dalle fatiche in Curia. L'avventura come vescovo di quello che per tutti era il "don Ernesto" non fu facile. Agli amici e ai parenti più intimi aveva confidato la sua sofferenza. Un disagio che lo portò alle dimissioni del 1985 e a lasciare definitivamente l'incarico nel 1986. 

Le lacrime dopo la "chiamata" – «Io ero parroco a Moghegno – ricorda Grampa –, quando una sera d’inizio luglio 1978, sentii suonare il campanello, mi presentai ad aprire la porta dove c’era don Ernesto che come mi vide scoppiò in lacrime. Era venuto per chiedermi di consegnare al Consiglio di Stato, il giorno seguente, la lettera di nomina a Vescovo di Lugano, in contemporanea con la conferenza stampa pubblica. Non ho mai dimenticato quelle lacrime. Dicevano con quale spirito Don Ernesto si apprestava a dire di sì al Papa. Non se l’aspettava, non lo desiderava, temeva il peso del ministero che gli veniva chiesto, ma obbedì». 

Il muro dell'incomprensione – Inizia così una storia tormentata. Fatta anche di tante incomprensioni e delusioni personali. «Don Ernesto credeva molto al Sinodo, alla collaborazione stretta tra sacerdoti. Da presbitero aveva partecipato a tutte le riunioni di commissione e alle assemblee generali. Purtroppo rimase deluso per le scarse realizzazioni pratiche». Il vescovo verzaschese, nonostante il suo sguardo aperto e il suo entusiasmo, non venne capito da tutti. Anzi. E Grampa lo rimarca: «Grazie, Vescovo Ernesto, e perdona chi non ha saputo comprenderti».

Missionario in Colombia – Del "don Ernesto" si ricordano tante cose belle. Dal viaggio negli Stati Uniti nel 1982 per incontrare gli emigranti ticinesi al fatto di avere accolto Papa Giovanni Paolo II nel 1984 a Lugano. E poi la fortissima sensibilità missionaria. «Si deve a lui – prosegue Grampa – l’incremento dell’attività missionaria nella Chiesa di Lugano, soprattutto l’esperienza ventennale in Colombia. Quando dimissionò dal governo della Diocesi fece un soggiorno triennale a Barranquilla, dove vide completarsi l’impianto della nuova parrocchia e le strutture della scuola dedicate a San Carlo Borromeo de Los Olivos».

Un esempio di dedizione verso il prossimo – Nono di undici figli, il "don Ernesto" era nato a Brione Verzasca il 6 ottobre del 1926. Per la sua famiglia rappresentava un vero orgoglio. Il "don Ernesto", ed era lui stesso ad ammetterlo, probabilmente non era nato per ricoprire una carica istituzionale, soffocante e tutto sommato manageriale. Ma per essere un esempio di dedizione verso il prossimo. I suoi momenti migliori infatti li ha vissuti come sacerdote (indimenticabile la sua esperienza a Tenero), come rettore del seminario di Lucino e come missionario (in Colombia portò avanti un vero miracolo). Ad alcuni le parole di Grampa potrebbero sembrare dure e fuori luogo. Ma per chi il "don Ernesto" l'ha conosciuto davvero quelle frasi sanno tanto di giustizia. Qualcuno doveva pur pronunciarle. 

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