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LUGANOPer il “principe” etiope chiesti 7 anni e l'espulsione: «Ha costruito un castello di menzogne»

28.09.22 - 15:45
La richiesta della procuratrice pubblica nei confronti del 66enne oggi a processo a Lugano per truffa e falsità
Tipress
Per il “principe” etiope chiesti 7 anni e l'espulsione: «Ha costruito un castello di menzogne»
La richiesta della procuratrice pubblica nei confronti del 66enne oggi a processo a Lugano per truffa e falsità

LUGANO - Sette anni e l’espulsione dal territorio svizzero. È la richiesta fatta dalla procuratrice Chiara Borelli nei confronti del sedicente principe di Etiopia, accusato di truffe per mestiere e falsità in documenti ripetuta.

Una trama che va dall’Etiopia al Ticino, dall’Inghilterra all’Italia e alla Germania, «composta - secondo la ricostruzione della Procura - da centinaia di documenti posticci, di cui circa duecento riportati nel decreto d’accusa». Una storia proseguita negli anni e che ha generato nel solo canton Ticino una truffa da quasi 13 milioni di franchi. Il denaro, richiesto a tre noti imprenditori del Mendrisiotto dal 2007 al 2017, sarebbe dovuto servire per sbloccare titoli tedeschi e americani per centinaia di miliardi, emessi fra la prima e la seconda guerra mondiale: cifre che il “principe” avrebbe poi spartito con i tre ticinesi. «Ha utilizzato manovre di fiducia - spiega l'accusa - per trattenere a sé gli imprenditori». Un modus operandi che avrebbe utilizzato, stando alla procura, con altre persone anche fuori dal Ticino. Secondo l’accusa, l’uomo ha costruito il suo inganno nel tempo, fra titoli di stato da sbloccare, progetti umanitari da realizzare in Etiopia e paventati problemi di salute: «Ha cominciato a coltivare il proprio giardino con sapienza e destrezza, conoscendo persone degne che, inconsapevolmente, lo introducevano ad altre persone». Così è entrato in contatto nel 1995 col primo imprenditore svizzero, cui viene presentato come il discendente dell’imperatore etiope.  Si crea un rapporto di amicizia, tanto da compiere insieme alcuni viaggi nella nazione africana, dove il sedicente principe veniva accolto con tutti gli onori del caso.

«Abbiamo di fronte un agire quasi ventennale - sottolinea Borelli - è una truffa particolarmente avveduta, accorta e raffinata. Non è semplicemente millantare qualcosa, è costruire con centinaia di documenti una storia da presentare a qualcuno. Un castello menzognero, fra i più raffinati incontrati».

In mattinata, durante il dibattimento di fronte alla Corte delle assise criminali presieduta da Amos Pagnamenta, il sedicente figlio del terzogenito di Selassie si è difeso dalle accuse, confermando il proprio sangue blu e sostenendo di non aver mai truffato nessuno, pur affermando d’aver raccontato «qualche bugia» per cause di forza maggiore. 

Domani mattina prenderà la parola Andrea Minesso, legale dell'uomo.

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