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CANTONETroppa frenesia e poca spontaneità: «Insegniamo a scuola la gentilezza»

08.09.22 - 06:30
L'associazione senza scopo di lucro Gentletude: «Abbiamo parlato anche con dei docenti, si sente questo bisogno»
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Troppa frenesia e poca spontaneità: «Insegniamo a scuola la gentilezza»
L'associazione senza scopo di lucro Gentletude: «Abbiamo parlato anche con dei docenti, si sente questo bisogno»
Tra individualismo, social media e pandemia, la gentilezza si è persa? Lo abbiamo chiesto alla presidente di Gentletude, Cristina Milani

LODRINO - Alle 9 l'ora di matematica, poi italiano, e in seguito un'ora di... gentilezza.

Potrebbe essere questa la scuola elementare del futuro. O almeno, è quanto propone l'associazione Gentletude, secondo cui per avere degli adulti responsabili un domani, è bene iniziare ora ad allenare i bambini alla gentilezza.

Si tratterebbe poi di un'idea apprezzata dai ticinesi: un sondaggio effettuato online dall’associazione (con un campione di 1'466 persone intervistate) ha rivelato che la maggior parte dei ticinesi interpellati vorrebbe che la gentilezza venga studiata nelle scuole elementari. «Abbiamo l'impressione che nell'aria ci sia già questo bisogno, già da piccoli, di avvicinare i bimbi a solidarietà, comprensione, condivisione, altruismo, empatia» ci conferma Cristina Milani, presidente dell'associazione Gentletude, che da molti anni invia delle schede pedagogiche agli insegnanti suggerendo attività da svolgere in classe.

Una materia alle scuole elementari
Abbiamo chiesto a Cristina Milani come procede il lavoro dell'associazione, che ricordiamo è senza scopo di lucro: «Molto bene, nel 2010 quando abbiamo iniziato ci dicevano "la gentilezza? Che strano che ne parlate", ora abbiamo tra Svizzera e Italia circa 3'000 scuole che ricevono le nostre schede e che le stanno utilizzando».

Adesso l’idea è quella di inserirla come materia a scuola. «Ci siamo già informati per capire a che livello fosse più "facile" effettuare quest'inserimento: alla scuola media i ragazzi sono già pienissimi di materie, forse è più fattibile per le scuole elementari: l'idea è di partire con una fase pilota nel 2023».

I collaboratori di Gentletude sono inoltre già in contatto con alcuni docenti, e confermano che anche da parte loro «si sente questo bisogno di insegnare ai bambini delle piccole cose, dei piccoli gesti, (dire il buongiorno, prendere una caramella anche per il compagno)». In generale, Milani è ottimista: «Vedo tanti bambini molto educati. Però le buone maniere sono una cosa, la gentilezza è invece avere proprio la cura senza interesse, e i bambini al giorno d'oggi sono talmente ingabbiati dalle attività che non hanno più la possibilità di essere spontanei. Ed è quando si è spontanei che si riesce ad essere più sereni e attenti. Viviamo in una società che ci fa correre, e la gentilezza ha bisogno di tempi lunghi».

Una società che non allena la gentilezza
Non ci sono però timori che qualcuno dirà "Devono pensarci i genitori?". «Non credo», spiega Milani «la gentilezza non è una cosa che si insegna, ma che abbiamo già tutti nel nostro DNA. Il problema è che la società adesso è strutturata in un modo per cui queste cose non sono più allenate: l'individualismo, la società consumista, è un modo di vivere che non sta in piedi, guardando il futuro. Far sì che i bambini possano liberamente mostrare le emozioni, che possano capire che la differenza è una bella cosa, che possano aiutare gli altri, sono le basi per un vivere civile. Non è un compito solo della famiglia, ma della società, bisogna favorire queste attitudini che rappresentano delle qualità preziose per far sì che domani ci siano degli adulti responsabili, che avranno cura dell'ambiente, degli animali e degli altri esseri umani».

La pandemia ha influito sulla gentilezza? «Da un lato ha fatto una cosa: chi già era un po' sensibile in questo senso si sta lanciando ancor più verso il tema (basta pensare a quanti eventi sono stati programmati durante quest'anno: c'è una voglia di gioia, condivisione, di stare con l'altro, di aggregazione). Quelli invece che erano persi prima, sono persi ancora di più».

La croce dei social media
Ma quanto è importante (e pericoloso) il ruolo dei social media? «Non sono un ambiente adatto per la gentilezza: l'empatia ha bisogno di tutti i sensi, non solo della vista e dell'udito. C'è bisogno di percepire la presenza di una persona, per provare empatia. Nei social ci sono persone che non riescono ad essere in equilibrio a livello emotivo, e per questo sono sgarbati. Si tratta di meccanismi primordiali che sono per di più favoriti dalla possibilità di avere un alter ego e di essere anonimi: per questo determinati individui tendono a "vomitar fuori" questa rabbia insultando, scrivendo cattiverie. Quello che potrebbe veramente aiutare, e che vedo poco, sono gli influencer famosi che lanciano messaggi di positività». Ed è qualcosa che si può traslare anche ai media: «Le emozioni sono contagiose? Diffondiamo allora emozioni positive».

Tra i primi a farlo c'è proprio l'associazione Gentletude, ma non è un compito facile, in particolare per una questione di tempo e di risorse. «Essendo qualcosa che facciamo sotto-forma di volontariato la facciamo nei ritagli di tempo, perché tutti noi abbiamo un'attività». Per concretizzare questo progetto, e per raccogliere fondi (oltre che unire le persone), appuntamento quindi al festival del 10 settembre al centro sportivo di Lodrino, dedicato «ai bambini da 0 a 100 anni». «Esatto, deve essere una festa per tutti, dai bambini ai giovani centenari, vogliamo che le persone tornino a casa con la gioia nel cuore».

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