Smartphone sempre più protagonisti. Anche nei fatti di cronaca. Fino a che punto si può riprendere qualcuno?
L'avvocato Milo Bernasconi cerca di tracciare il confine: «Di principio non è lecito filmare la gente senza il consenso. È una questione di privacy. Ci sono però delle eccezioni».
BELLINZONA/ LUGANO - “Adesso cancella quel video”. È con queste parole che recentemente un agente di polizia si è rivolto a un passante che stava filmando un intervento su suolo pubblico a Chiasso. Il video in questione non è stato cancellato. Ed è al contrario diventato virale.
Finendo anche sui mezzi d'informazione. Storie di consensi e di privacy sempre più frequenti nell’era degli smartphone e dei social. «In Svizzera – evidenzia l’avvocato Milo Bernasconi dello Studio Molo Avvocati –, di principio non è lecito filmare o fotografare una persona senza il suo consenso. Può tuttavia risultare lecito se c’è un motivo davvero valido».
Partiamo dalle regole di base…
«Ognuno ha diritto alla protezione della propria personalità. Questo permette di opporsi all’utilizzo della propria immagine da parte di terzi. Lo stesso vale per la pubblicazione o la diffusione di video o fotografie. Il fatto che un avvenimento si verifichi in un luogo pubblico non significa necessariamente che chiunque abbia il diritto di filmarlo».
Prima però ha accennato a possibili eccezioni.
«L’eccezione c’è quando l’interesse a registrare l’accaduto è preponderante rispetto a quello della protezione della personalità della persona registrata. Se l’autore del video è un giornalista, andrà considerata anche la missione informativa dei media».
Altre eccezioni?
«Sì, ad esempio in caso di legittima difesa o di stato di necessità».
Se un poliziotto dice "cancella quel video" e lo si fa girare ugualmente, cosa si rischia?
«Non mi esprimo sul caso di Chiasso. In termini generali, una delle questioni di maggiore rilevanza sarà quella di sapere se nel caso specifico è preponderante l’interesse privato dell’agente di polizia, oppure quello della registrazione dell’avvenimento. Se venisse ad esempio filmato un intervento abusivo da parte di un agente di polizia senza il suo consenso, la registrazione potrebbe giustificarsi».
Anche la persona oggetto dell’intervento di polizia avrebbe diritto alla tutela della sua personalità.
«Certo. Filmare una persona che si trova in una situazione sgradevole, ad esempio in circostanze pericolose o vittima di una disavventura o di un reato, può lederne la personalità. Lo stesso vale nell’ipotesi in cui la persona registrata venga denigrata o messa in cattiva luce dal video».
Cosa può o deve fare chi viene leso?
«Può innanzitutto promuovere una procedura civile nei confronti dell’autore della lesione, chiedendo che quest’ultimo sia condannato a cessarla. Potrebbe anche chiedere il risarcimento del danno che ne derivasse, nonché la riparazione morale e la consegna dell’eventuale utile realizzato grazie al video. In alcune circostanze, l’autore della lesione rischia anche di essere perseguito penalmente».
Spesso gli smartphone hanno aiutato la polizia grazie a video fatti da cittadini.
«Attenzione. Le prove raccolte in maniera illecita da parte di privati sono utilizzabili nel contesto di una procedura penale soltanto se le autorità avrebbero potuto raccoglierle comunque e se la ponderazione degli interessi giustifica il loro utilizzo. In alcuni casi, la giurisprudenza ha ritenuto che un video effettuato da un privato senza il consenso della persona ripresa non poteva essere utilizzato. Tuttavia, la soluzione può variare a dipendenza delle circostanze del caso concreto. In generale, ritengo che pubblicare un video che riprende un evento solo parzialmente e senza alcuna contestualizzazione, possa risultare problematico. Soprattutto nei casi in cui rappresenta un tentativo di manipolare un avvenimento o se la persona viene denigrata».