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CANTONELa voce fuori dal coro: «Giusto accoglierli, ma troppi dubbi su quei permessi S»

21.03.22 - 08:01
I timori del granconsigliere Fabio Schnellmann in vista dei tanti profughi ucraini che arriveranno in Ticino.
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La voce fuori dal coro: «Giusto accoglierli, ma troppi dubbi su quei permessi S»
I timori del granconsigliere Fabio Schnellmann in vista dei tanti profughi ucraini che arriveranno in Ticino.
«Io sto molto in mezzo alla gente – sostiene –. E sento quello che si dice. Vorrei che la solidarietà non si trasformasse in un autogol». 

LUGANO - «Sono preoccupato. I profughi della guerra ucraina sono stati giustamente accolti dalla Svizzera. Il fatto che però possano praticamente da subito anche lavorare sta generando un po' di perplessità nella popolazione». Il granconsigliere PLR Fabio Schnellmann teme che la grande ondata di solidarietà verso le persone in fuga dalle bombe russe possa trasformarsi in un vicolo cieco in particolare per la Svizzera italiana. Lo ha scritto sui social. E lo ribadisce a Tio/20Minuti: «Il desiderio di fare qualcosa di buono è lodevole. Solo che viene dato al cittadino un messaggio discutibile».

Da cosa deriva questa sua preoccupazione?
«Io sto molto in mezzo alla gente. E sento quello che si dice. È proprio il cittadino medio a riferire di questa contraddizione. Ripeto: siamo tutti assolutamente d'accordo con l'accoglienza. È la questione dei permessi S (per persone bisognose di protezione) a sollevare qualche dubbio».

Un errore delle autorità, secondo lei?
«Un errore no. Le intenzioni erano ammirevoli. Lo trovo un passo azzardato, ecco. Non so se sono state calcolate davvero le conseguenze di questa mossa». 

Cosa teme in sostanza?
«La sostituzione di parte della manodopera locale con manodopera ucraina. Magari anche sottopagata per il fatto che già beneficia di vitto e alloggio. È maturato tutto in maniera molto veloce. Compresa la decisione di emanare questi permessi che consentiranno agli ucraini di lavorare. Il cittadino ticinese non ha fatto neanche in tempo a rendersene conto. Anche perché per altri profughi, in passato, non eravamo abituati a procedure tanto veloci per quanto riguarda l'ambito professionale». 

È stato evidenziato più volte che molte di queste persone hanno un grado di istruzione elevato. Un "problema" supplementare?
«Non lo so. È un'incognita. Mi immagino che chi aveva già una posizione affermata, una volta terminato il conflitto vorrà tornare a casa per recuperare la propria vita. Ma anche su questo c'è incertezza. Non si sa quando terminerà questa guerra e non si sa quanto tempo servirà per ricostruire quanto è stato bombardato. Per diversi mesi quindi i cittadini ucraini saranno tra di noi. E mi immagino anche che qualcuno poi possa trovarsi bene qui, senza più volere tornare indietro. Penso magari a chi nel proprio Paese guadagnava poco».

Un pensiero per l'immediato futuro?
«Va fatta sensibilizzazione su questo aspetto. Senza che venga male interpretato. Il rischio che un ticinese senza impiego da tempo si veda soffiare il posto da un ucraino qui da pochi mesi c'è. Vorrei che la solidarietà non si trasformasse in un autogol». 

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