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CANTONE / CINAIl noto attivista per gli uiguri Dolkun Isa a Lugano: «La città non sia complice di un genocidio»

03.11.21 - 21:21
Il Presidente del Congresso mondiale degli uiguri, Dolkun Isa, ha incontrato oggi il Municipio della città sul Ceresio
Tio.
Il noto attivista per gli uiguri Dolkun Isa a Lugano: «La città non sia complice di un genocidio»
Il Presidente del Congresso mondiale degli uiguri, Dolkun Isa, ha incontrato oggi il Municipio della città sul Ceresio
Il municipale Filippo Lombardi: «Incontro interessante, ma non abbiamo nulla da rimproverarci»

LUGANO - Lugano e la Cina. I rapporti tra la città sul Ceresio e il gigante asiatico sono ampi ed estesi e l'ambasciatore cinese in Svizzera incontra spesso il Municipio luganese.

In questi incontri «non vengono però mai menzionate le gravi violazioni dei diritti dell'uomo da parte della Cina, come il genocidio nei confronti della popolazione uigura», ha denunciato Isa Dolkun, attivista e Presidente del World Uiguren Congress, che accompagnato in Municipio dalla deputata in Gran Consiglio Maddalena Ermotti-Lepori, ha incontrato il municipale Filippo Lombardi per approfondire la questione.

Cogliendo l'occasione della presenza a Lugano dell'attivista, lo abbiamo incontrato.

Lugano ha buoni rapporti con la Cina. Cosa ne pensa?
«Generalmente sarebbe positivo, ma non in questi tempi inusuali. Il Governo cinese, infatti, non è usuale né normale, perché la Cina sta commettendo un genocidio contro gli uiguri, con violazioni dei diritti umani a tutti i livelli. Forse, solo oggi, qualche centinaio di persone ha perso la vita. Ed è per questo che Lugano, come altre città svizzere e come altri Paesi democratici, non dovrebbe rendersi complice di questo genocidio».

Cosa ha detto al Municipio?
«Che queste relazioni veicolano un messaggio sbagliato, potrebbe quasi essere un incoraggiamento per la Cina il fatto che ci siano città e paesi democratici - come Lugano - con cui intrecciano buoni rapporti. Essendo un partner cinese, la città manda un messaggio sbagliato. Ogni essere umano, ogni città, ogni politico dovrebbe avere l'obbligo morale di voler fermare questo genocidio».

Ha vissuto sulla propria pelle gli abusi e le oppressioni del governo cinese?
«Il Governo cinese discrimina sistematicamente gli uiguri sin dal 1949 (all'incorporazione dallo Xinjiang nella Repubblica Popolare Cinese, ndr), ma è in particolare dal 2016 quando Xi Jinping è salito al potere che si è passati dalla discriminazione al genocidio. Dal 2016, tutti gli uiguri che vivono all'estero hanno perso ogni contatto o comunicazione con i propri cari. È il ventunesimo secolo, la comunicazione non dovrebbe essere un problema, invece lo è. La mia intera famiglia è distrutta. Mia madre è morta in uno dei campi di concentramento, nel 2018. Mio padre ha perso la vita nel 2020, e non so nemmeno come sia successo. Mio fratello minore è stato condannato all'ergastolo. Quello maggiore, un professore di matematica, è stato condannato a 24 anni di carcere. Questa è la storia della mia famiglia, e non è per niente unica, o rara. Tutti gli uiguri che vivono in esilio hanno la stessa storia».

Riceve ancora minacce?
«Sì, certo, continuamente. Il Governo cinese usa ogni opportunità per cercare di fermare il mio attivismo, in diversi modi: ricevo messaggi scritti, ricevo telefonate, mi ricattano, mi accusano, mi fanno passare per un terrorista. I miei famigliari non sono in alcun modo invischiati nella politica o nell'attivismo, ma solo perché sono membri della mia famiglia sono finiti in campi di concentramento o in prigione».

Ma perché il Governo cinese opprime gli uiguri?
«Il Governo cinese non opprime solo gli uiguri, ma anche il popolo del Tibet, la minoranza cristiana, e altri. Questo perché il partito comunista cinese non è in grado di accettare la diversità, e l'esistenza di queste minoranze diventa per loro un problema, anche perché vogliamo l'indipendenza, la libertà, la giustizia. La soluzione più facile, per il Governo cinese, è perciò quella di assimilare o eradicare le altre culture, lingue e identità».

È stato in diversi Paesi e ha parlato con molti diplomatici e funzionari, è ottimista per il futuro?
«Sono ottimista perché questi tipi di regimi dittatoriali e autoritari ci sono già stati nel passato, e non hanno mai avuto successo. Oggi, alcuni Paesi, alcune persone, pian piano, stanno iniziando a prendere coscienza del genocidio in corso. La Cina è però ancora troppo potente, e molti Stati continuano a preferire i soldi al valore umano. Io comunque continuo il mio impegno e credo che un giorno le persone vedranno il vero volto della Cina, e si uniranno, affinché queste atrocità possano finire».

«Non abbiamo nulla da rimproverarci»
«È stato un incontro informale, un libero scambio di informazioni molto interessante dove hanno illustrato situazioni di cui ero già al corrente e altre meno. Erano qui per un incontro di sensibilizzazione della loro realtà».

Non si sbottona più di tanto Filippo Lombardi dopo l’incontro con Dolkun Isa, presidente del Congresso mondiale degli Uiguri. La Città da sempre ha forti legami con la Cina, a luglio ha accolto anche l’ambasciatore cinese in Svizzera, e ha un rapporto di gemellaggio con la città di Hangzhou. Oggi invece Lombardi si è trovato di fronte il rappresentante di un’etnia perseguitata dalla Cina.

«Da questo punto di vista - precisa il municipale - non abbiamo nulla da rimproverarci, né accettiamo rimproveri da altri. La Città di Lugano non svolge politica estera, ma accoglie con piacere e ascolta con attenzione gli ambasciatori che regolarmente ospitiamo. Tante altre nazioni hanno relazioni con la Cina. È un nazione che non si può di certo ignorare, e Lugano non intende farlo».
S.F.

Qui maggiori informazioni sulla situazione degli uiguri in Cina.

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