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CANTONE«Solo in pochi casi la malattia da Covid-19 è sfociata in un parto anticipato»

20.09.21 - 06:05
Le risposte del Primario di ginecologia e del Pediatra neonatologo ai dubbi che assillano le donne incinte
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«Solo in pochi casi la malattia da Covid-19 è sfociata in un parto anticipato»
Le risposte del Primario di ginecologia e del Pediatra neonatologo ai dubbi che assillano le donne incinte
Prof. Dr. Andrea Papadia, dell'ORL sulle donne gravide: «Hanno un rischio triplicato di necessitare di un ricovero in terapia intensiva e di intubazione». E sulla vaccinazione, «non esistono controindicazioni durante l'allattamento», afferma il Dr. Lorenzo Giacchetti della Clinica Sant'Anna.

LUGANO - Sono dati rassicuranti che non devono però rassicurare. L’infezione da Covid-19 durante la gravidanza resta una delle eventualità più temute dalle donne incinte. Qualcuna si vaccina, altre scelgono la via monacale della gestazione riducendo al minimo i contatti personali, quasi tutte conoscono comunque l’ansia di entrare in contatto con il virus. Anche in Ticino, «dal 2020 ci sono state - afferma il Prof. Dr. Andrea Papadia, primario di Ginecologia e ostetricia all’Ospedale Regionale di Lugano - un numero crescente di donne gravide che hanno contratto una infezione da SARS-CoV-2 e che hanno sviluppato una malattia COVID-19 e che hanno partorito in Ticino. Fortunatamente, solo in pochi casi l’infezione da SARS-CoV2 o la malattia da COVID-19 hanno condizionato la tempistica dell’espletamento del parto».

I numeri delle culle ticinesi - Pochi casi si diceva su un numero di nascite che - dati del rapporto annuale dell’Ente ospedaliero cantonale - sono state 1472. A queste vanno aggiunte le circa 300 avvenute alla Clinica Santa Chiara di Locarno e le 748 della Clinica Sant’Anna (che registra quindi un terzo dei parti in Ticino). 

La trasmissione in utero - Ma il rischio di nascite premature rimane, come dimostra il caso della 28enne della provincia di Caserta che lo scorso 11 settembre è morta dopo dieci giorni di battaglia in terapia intensiva. I medici del Policlinico di Napoli sono riusciti a salvare il piccolo nato prematuro con un cesareo a 35 settimane. Eventi di questa gravità, nel nostro cantone, finora non se ne sono registrati: «Nella maggior parte dei casi - continua il Primario dell’ORL - non ci sono stati problemi per le donne e per i neonati. La trasmissione in utero del SARS-CoV-2 resta un evento eccezionale e l’infezione da SARS-CoV-2 non sembra essere associata a un aumentato rischio di malformazioni o di aborto. In Ticino si è ricorso solo occasionalmente a trasferimenti in altri cantoni piuttosto che a espletamento di un parto anticipato, per problemi clinici legati alla donna gravida piuttosto che al feto».

Il rischio triplicato - Questi dati, come sottolineato in avvio, «non devono però rassicurare. È risaputo - afferma il Prof. Dr. Andrea Papadia - che una infezione da SARS-CoV-2 in gravidanza espone la donna a un rischio di avere un decorso clinico di malattia COVID-19 peggiore rispetto a una donna con caratteristiche cliniche paragonabili ma NON gravida, con un rischio triplicato di necessitare di un ricovero in terapia intensiva e di intubazione. Inoltre, esiste un rischio aumentato di parto pretermine. Le conseguenze di una infezione da SARS-CoV-2 in gravidanza possono quindi essere molto severe».

Il vaccino? Raccomandato - È la ragione per cui, martedì scorso, gli esperti della Task Force, su indicazione della stessa Società Svizzera di Ginecologia e Ostetricia, hanno raccomandato la vaccinazione contro il Covid-19 anche alle donne incinte, a partire dalla 12esima settimana. «Inizialmente - ricorda il Prof. Papadia - il vaccino era raccomandato, su prescrizione del ginecologo curante, alle donne gravide affette da malattie croniche o con un rischio di esposizione elevato. Attualmente la raccomandazione alla vaccinazione, mediante vaccino a mRNA, è stata allargata a tutte le donne gravide a partire dal secondo trimestre».

«Questa indicazione (che è in linea con le raccomandazioni di numerose società mediche internazionali e di molti paesi tra cui gli USA, l’Inghilterra e la Germania) si basa - continua il Primario -, da un lato sul rischio aumentato di sviluppare un COVID-19 severo in gravidanza in seguito a una infezione da SARS-CoV-2, dall’altro sui dati rassicuranti relativi alla sicurezza della vaccinazione (ormai praticata su un numero elevato di donne gravide)».

I perché del parto prematuro - Quanto alle ragioni per cui una gravidanza a causa del Covid-19 possa sfociare in una nascita prematura, Papadia spiega che «il parto prematuro è, almeno in parte, legato alla necessità di terminare la gravidanza a causa di un peggioramento del quadro clinico materno. D’altra parte, sia la febbre che la ipossiemia potrebbero aumentare il rischio di parto pretermine, rottura prematura delle membrane o di alterazioni sospette o patologiche del battito cardiaco fetale. Tuttavia, queste restano delle ipotesi». L’evento prematuro non è la sola eventualità di cui tener conto. «Va inoltre menzionato che, in donne gravide con malattia COVID-19,sembra esservi un aumento del rischio di sviluppare una preeclampsia (una patologia placentare che si accompagna a un aumento della pressione arteriosa materna e che porta a sua volta alla necessità di espletare un parto anticipato)».

La poppata in tranquillità - Va infine considerato che la nascita non esaurisce tutte le preoccupazioni. Una riguarda quella dell’allattamento e della trasmissione del virus al neonato attraverso la poppata. «Si tratta - risponde il Dr. Lorenzo Giacchetti, pediatra neonatologo della Clinica Sant’Anna di Sorengo - di un timore assolutamente comprensibile per una mamma che sta allattando al seno il proprio figlio, ma tuttavia privo di qualsiasi fondamento scientifico. Ricevo presso il mio ambulatorio in questo periodo almeno 5-10 telefonate al giorno con la stessa precisa domanda da parte delle mamme che cercano legittime rassicurazioni a riguardo. La risposta però è altrettanto chiara e netta: no, con gli attuali vaccini mRNA somministrati in Svizzera, non esiste alcuna controindicazione alla vaccinazione durante l'allattamento al seno e pertanto non esiste alcun rischio di trasmissione del virus con la poppata.  Al contrario la vaccinazione durante l'allattamento al seno permette il passaggio dalla madre al bambino di specifici anticorpi IgA che proteggono contro il SARSCoV-2 entro 5-7 giorni. Pertanto nessuna sospensione dell'allattamento è assolutamente necessaria».

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