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CANTONEQuell'invenzione controversa che ha sfamato l'umanità: «Fondamentale anche in Ticino»

16.08.21 - 06:00
Senza i fertilizzanti artificiali, l'agricoltura sarebbe in grado di fornire cibo solo per la metà del pianeta
Deposit/Tipress
Nella foto in alto Giovanni Berardi, ingegnere agronomo e politico
Nella foto in alto Giovanni Berardi, ingegnere agronomo e politico
Quell'invenzione controversa che ha sfamato l'umanità: «Fondamentale anche in Ticino»
Senza i fertilizzanti artificiali, l'agricoltura sarebbe in grado di fornire cibo solo per la metà del pianeta
Il deputato e agricoltore Giovanni Berardi parla anche delle sfide che attendono la produzione locale

BRENO - Alcuni considerano la scoperta del processo Haber-Bosch, che prende il nome dai chimici tedeschi che agli inizi del ‘900 lo brevettarono e che tutt’ora permette la sintesi dell’ammoniaca in laboratorio, come l’effetto principale dell’esplosione demografica della popolazione mondiale. Giovanni Berardi, ingegnere agronomo e politico, affronta un argomento sempre d’attualità.

Quanto è diffuso l’utilizzo dei fertilizzanti artificiali in Ticino?
«Si fa uso sia di fertilizzanti chimici sia di concimi naturali come in molti posti del mondo, anche se il tutto viene regolato. Le normative legali sono severe. Poi grazie alla ricerca e alle analisi del suolo si lavora con piani di concimazione basati su un uso di fertilizzanti nella misura di quanto è necessario per la specifica coltura. In Svizzera è largamente diffusa la “produzione integrata”, il cui metodo prevede di intervenire quando è utile e non in maniera incontrollata».

Perché l’uso dei concimi chimici è così importante?
«Il principio è che la pianta ha un proprio metabolismo, per svilupparsi assume elementi dal terreno. Oggi grazie alla ricerca sappiamo quanto un qualsiasi vegetale consuma questi elementi, rimuovendoli dal suolo. Senza apporti esterni che permettono il ricambio di queste sostanze, la terra si impoverisce. La concimazione chimica è reputata più pratica rispetto a quella naturale, perché risulta più semplice garantire questi cicli di sostanze nutritive, anche se un uso scriteriato può comportare problemi ambientali».

È sostenibile un sistema agricolo che ometta i fertilizzanti sintetici?
«Non è un’utopia dal punto di vista tecnico, però lo può essere nel cambiare metodo di produzione, sia a livello di disponibilità sia a livello economico. Bisognerebbe trovare un equilibrio tra mantenere una produzione elevata e adottare un’agricoltura sostenibile per l’ambiente. Allo stato attuale è probabilmente prematuro pensare di rinunciare totalmente ai concimi chimici, ma bisogna cercare di lavorare il più possibile con le tecniche agronomiche per avvicinarci a una reale alternativa».

La sempre più presente produzione bio può essere considerata una soluzione?
«Questo tipo di sistema fa la sua parte. Oggi il 10-15% delle aziende del settore, tra cui la mia, sono gestite dall’agricoltura biologica, che ammette solo l’uso di fertilizzanti naturali. Il bio ha preso piede perché una fetta di produttori si sono voluti dedicare di più all’agricoltura sostenibile, creando un aumento della domanda da parte dei consumatori, che vogliono prodotti più naturali. Inoltre, la stessa Confederazione promuove la coltivazione del bio proprio per contrastare effetti ambientali negativi».

Quali sfide dovrà affrontare il Ticino in ambito agricolo?
 
«Le nostre coltivazioni non riescono a produrre a sufficienza per la popolazione, circa il 40-50% del raccolto viene infatti importato e, come nazione, siamo a serio rischio alimentare. L’agricoltura rimane importante perché qui è controllata, dando garanzie ai consumatori e tutelando l’ambiente, mentre ciò che arriva dall’estero lo è sicuramente meno. In Gran Consiglio, uno dei miei cavalli di battaglia è la protezione del suolo, che è la base per avere una produzione locale. La salvaguardia del territorio agricolo è un dovere che tocca tutti noi poiché ha valenza di interesse pubblico».

Una vita tra i pascoli scozzesi e la politica ticinese
Sindaco del comune di Alto Malcantone e deputato in Gran Consiglio per il PPD + Generazione giovani. Giovanni Berardi è molto attivo in politica e si batte per la categoria che rappresenta, quella degli agricoltori. L’ingegnere agronomo, che ha seguito i suoi studi al Politecnico di Zurigo, possiede un’azienda bio di allevamento di mucche da carne, tutte di razza scozzese Highland. Il suo pascolo vuole essere caratterizzato da un “ciclo chiuso” di elementi nutritivi, dove gli animali vengono spostati stagionalmente per poter fertilizzare il terreno autonomamente, in modo da essere in sintonia con la natura.

«C’è chi critica questi allevamenti per la minor produttività, ma ritengo che le aziende come la mia, che convertono sostanze non commestibili per l’uomo in proteina nobile, come erba e fieno, sono in tutto e per tutto compatibili con le problematiche ambientali». Giovanni Berardi, 53 anni, sposato con Caroline e padre di Giona (18) e Viola (16), gestisce anche un agriturismo, sempre nei pressi di Breno.

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