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CANTONE«Vietato pubblicare i nomi!» La legge imbavaglia i media

21.05.21 - 06:00
Critiche alla legge che impedisce ai giornalisti di pubblicare i nomi delle persone coinvolte in fatti di cronaca.
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«Vietato pubblicare i nomi!» La legge imbavaglia i media
Critiche alla legge che impedisce ai giornalisti di pubblicare i nomi delle persone coinvolte in fatti di cronaca.
L’Associazione ticinese dei giornalisti (ATG) pubblica un volume e chiede ai politici di intervenire.

LUGANO - Lo scorso anno un giornalista di Tio/20minuti è stato assolto dall’accusa di aver pubblicato nomi, cognomi e fotografie dei protagonisti del tragico omicidio avvenuto il 9 aprile 2019 a Muralto. Si tratta di una vicenda che molti lettori ricorderanno: una turista inglese di 22 anni che viene uccisa in una stanza di un albergo. I sospetti cadono sul compagno tedesco, che viene immediatamente arrestato. La notizia fa il giro dei siti internazionali dove appaiono nomi e foto della coppia. Ma non in Ticino. Esiste infatti un articolo di legge, il 74, capoverso 4 del Codice di procedura penale, che impedisce la pubblicazione del nome di persone coinvolte in fatti di cronaca. Così, mentre gli altri giornali esteri uscivano con dovizia di particolari e immagini della coppia, i media ticinesi erano costretti a restare sul vago e a non rivelare mai l’identità dei protagonisti. Noi di Tio e 20 minuti decidemmo, in un articolo, di pubblicare i nomi e le immagini scaricate dai profili social dei diretti interessati. Da qui l’accusa formulata dal Procuratore generale Andrea Pagani, che si è risolta in una assoluzione del collega, motivata dal fatto che un giornalista ha il diritto di divulgare fatti già pubblicati su Internet o sui social.

Una sentenza per certi aspetti clamorosa. Sul tema si è calata l’Associazione ticinese dei giornalisti (ATG) che, in collaborazione con l’Istituto di Media e Giornalismo e l’Osservatorio europeo di giornalismo dell’Università della Svizzera italiana, ha realizzato un approfondito studio dal titolo “Citazione dei nomi in cronaca – Libertà di stampa e doveri dei giornalisti”.

La legge che lega le mani - Potrebbe sembrare materiale per addetti ai lavori, roba per noi giornalisti, ma in realtà riguarda anche i lettori che quotidianamente usufruiscono dei nostri canali informativi. «Non stiamo parlando di una questione marginale ma di un argomento che emerge regolarmente nella quotidianità delle nostre redazioni» esordisce nella presentazione del volume Roberto Porta, presidente dell’ATG. L’obiettivo è sensibilizzare l’opinione pubblica e soprattutto la politica e fare in modo di modificare il famigerato articolo 74, capoverso 4 del codice di procedura penale. Una legge che “lega le mani” ai giornalisti ticinesi e svizzeri e che li obbliga a non poter rivelare nomi e cognomi, e tutto ciò mentre esiste un mondo parallelo fatto di social network dove gli stessi nomi scorrono come fiumi.  «Così non si può continuare – fa notare Roberto Porta - anche perché assistiamo regolarmente a situazioni davvero paradossali, con quotidiani che parlano di incidenti con vittime, senza poter fare il nome, ma poi, persino nella stessa edizione, le generalità delle persone coinvolte appaiono nelle pagine degli annunci mortuari».

Il nome corre sui social - Insomma una vera e propria censura imposta per legge, che puo’ diventare surreale quando dobbiamo riferire di procedimenti giudiziari. Fa notare Porta: «Nel paese le voci corrono, i social media ne parlano e i giornalisti invece devono limitarsi alle generalità, costretti a utilizzare formule artificiose per descrivere la persona al centro di una determinata vicenda. Una situazione che va cambiata, questo perché va meglio garantito il diritto di cronaca in sé, accordando al giornalista e alla sua etica professionale la facoltà di scegliere se pubblicare o no i nomi delle vittime di un incidente o degli autori di un reato».

Sulla stessa lunghezza d'onda Enrico Morresi, giornalista e studioso d'etica dei media che pure ha collaborato al volume e che parla di una situazione ingarbugliata, di una legge scritta male. «Non si vede perché il giusto ritegno circa i particolari dell’accaduto e il rispetto per il dolore dei congiunti debbano necessariamente includere l’omissione del nome della vittima. Il giornalista serio non rivela un’identità se non dopo essersi accertato se non esistano motivi validi per tacerla».

Identità rivelate all'estero, ma taciute in Ticino

 Eccole le situazioni paradossali di cui parla Roberto Porta, presidente Associazione Ticinese dei Giornalisti. Il caso più recente è il delitto di Muralto, avvenuto il 9 aprile del 2019 nell'albergo La Palma au Lac. Un 31enne tedesco strangola una 22enne inglese. I giornali tedeschi e inglesi rivelano l'identità dei protagonisti. In Ticino siamo costretti a tacere.

All'alba del 24 novembre del 2016 un'auto esce di strada a Castagnola e finisce nel lago. All'interno del Suv vengono trovati i corpi privi di vita di una ragazza di 19 anni e un ragazzo di 23 anni. Sono cittadini russi. Lui figlio di un industriale dell'Azerbaijan, lei nipote di un celebre petroliere. I siti russi e italiani abbondano in particolari. Noi costretti a restare sul vago.

Il 16 ottobre 2016 il corpo di una 35enne di Stabio viene trovato in un bosco a Rodero, a pochi chilometri dal confine.  Dopo diverse settimane confessò il cognato, autore del delitto. Per la stampa italiana la vittima aveva un nome e un cognome. Per i media ticinesi era vagamente "la maestra di Stabio". 

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