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LUGANO«Un lungo calvario per ottenere gli aiuti»

24.03.21 - 07:33
Covid: Davide Pereira, 28 anni, gerente del ristorante Camino, respira. Le ultime modifiche di legge gli sorridono.
Davide Pereira (in tenuta scura) con il cuoco Francesco Mondani.
«Un lungo calvario per ottenere gli aiuti»
Covid: Davide Pereira, 28 anni, gerente del ristorante Camino, respira. Le ultime modifiche di legge gli sorridono.
Aveva aperto l'attività il 14 febbraio del 2020. Poi è finito in un ginepraio senza fine. Da Berna ora arrivano buone notizie. Una vittoria per il consigliere nazionale Fabio Regazzi.

LUGANO - Chi aveva aperto una ditta dopo il primo marzo del 2020 non avrebbe avuto diritto ad alcun sostegno finanziario legato alle chiusure per la pandemia. Da Berna arrivano buone notizie per i neo imprenditori. La data baluardo ora è stata spostata al primo ottobre 2020. Una vittoria per Fabio Regazzi, consigliere nazionale e presidente dell’Unione svizzera delle arti e dei mestieri (USAM) che sin dall’inizio si è battuto per una soluzione equa: «Ogni singolo caso è a sé. E sarebbe stato bello poterlo valutare. Sono consapevole che ci sarà ancora qualche scontento. Purtroppo in una situazione del genere si dovevano cercare soluzioni schematiche e rapide nell’applicazione».

«Mi hanno fatto impazzire» – Tra chi, forse, può tirare il fiato c’è un ragazzo di 28 anni incastrato dalla burocrazia, nonostante la buona volontà. Lui è Davide Pereira, responsabile del ristorante Camino di Ruvigliana, a Lugano. «Ho aperto il 14 febbraio 2020. Mi dicevano che il mio sarebbe stato trattato come un caso di rigore agevolato. In realtà mi hanno fatto impazzire».

Le condizioni – Nel piccolo ristorante di Davide lavorano in due. Lui e il cuoco Francesco Mondani, 33 anni. Per quanto riguarda l'indennità di perdita di guadagno e il lavoro ridotto non ci sono stati problemi. È la questione dei casi di rigore ad avere causato grattacapi al giovane imprenditore. «A un certo punto si era detto che venivano trattati come casi di rigore agevolati coloro che avevano aperto prima di inizio marzo del 2020 e che fatturavano almeno 50.000 franchi all'anno. Il primo requisito c'era. Il secondo ovviamente no».

Labirinto burocratico – A Davide inizialmente viene detto che si sarebbe potuto considerare il periodo tra il 14 e il 29 febbraio 2020 e poi fare una proiezione matematica per il resto dell'anno. «A quel punto i 50.000 franchi annui sarebbero stati abbondantemente raggiunti. Io ero contento di questa proposta. Solo che nessuno mi ha mai dato conferma. E così col passare dei mesi la versione è cambiata. Sono andati a vedere quando avevo creato la società, vale a dire fine ottobre 2019. Di conseguenza il periodo considerato non sarebbe più stato quello delle ultime due settimane di febbraio del 2020, bensì quello dei primi due mesi del medesimo anno».

Lo scenario che cambia in continuazione – Un rebus che lascia perplesso il giovane imprenditore. «È normale che prendendo come base questo nuovo criterio, io non raggiungessi il requisito di 50.000 franchi annui come fatturato. Ho chiesto di avere una conferma ufficiale di questa nuova versione e mi hanno detto che non la rilasciavano perché lo scenario, con eventuali nuove decisioni politiche, sarebbe potuto ulteriormente cambiare».

«Di certezze non ne ho ancora» – Alla luce delle nuove decisioni, tuttavia, Davide può sorridere. «Anche se di certezze non ne ho ancora. Tocca a noi imprenditori interpretare le nuove leggi. Spero di avere capito giusto, anche perché da mesi mi trovo in un limbo. L'affitto e le spese ci sono». 

«Il timore di favorire gli approfittatori» – «In Parlamento – riprende Regazzi – c’è stato uno scontro tra chi ha una visione rigida e restrittiva della situazione, con un occhio anche alle finanze pubbliche, e chi invece voleva venire incontro agli imprenditori. Molti temevano di favorire persone che volevano approfittarne. Personalmente avrei tolto qualsiasi limite temporale, aiutando le aziende aperte più recentemente. Ma evidentemente c’è chi non si fidava».

Come una barca nella tempesta – Il caso di Davide Pereira dimostra come una piccola impresa nel contesto pandemico possa sentirsi come una barchetta in mezzo alla tempesta. «Quando si apre un’azienda – conclude Regazzi – ci sono sempre diversi mesi di preparazione. La data di iscrizione è solo una tappa, che tra l’altro arriva verso la fine del processo. Bisogna sempre calcolare che dietro a una nuova apertura ci sono sogni e ci sono sacrifici da parte delle persone coinvolte». 

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