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«Ci stiamo lamentando di un Paese che ci ha dato due vaccini efficaci»

CANTONE«Ci stiamo lamentando di un Paese che ci ha dato due vaccini efficaci»

04.03.21 - 17:11
Svizzera lenta e debole? La strategia rossocrociata analizzata da Alessandro Diana, infettivologo e vaccinologo.
Ti-Press (archivio)
«Ci stiamo lamentando di un Paese che ci ha dato due vaccini efficaci»
Svizzera lenta e debole? La strategia rossocrociata analizzata da Alessandro Diana, infettivologo e vaccinologo.
Ospite di Piazza Ticino, lo specialista dice: «Alcuni Stati all'inizio di questa crisi hanno investito milioni di dollari. È normale che siano più avanti con la campagna. Noi non abbiamo fatto così male però».

BELLINZONA/GINEVRA - Ancora oltre 5.000 posti disponibili per gli over 75 che vogliono farsi vaccinare contro il nuovo coronavirus presso il centro cantonale di Giubiasco. Tantissimi. Un dato che evidenzia come ci sia ancora tanto scetticismo attorno al vaccino anti Covid-19. Ne abbiamo parlato con Alessandro Diana, infettivologo e vaccinologo, in diretta da Ginevra, ospite di piazzaticino.ch

Come valuta queste resistenze? 
«La vaccinazione non è obbligatoria. Se ci sono persone che non vogliono vaccinarsi, possono evitare di farlo. Io ovviamente lo consiglio. La priorità di questa campagna è quella di uscire dalla pandemia, diminuendo il carico del sistema sanitario. Chi sovraccarica gli ospedali? Le persone con più di 75 anni e con fattori di rischio. A settembre si diceva che se avessimo avuto un vaccino efficace al 60% per il mese di maggio del 2021 sarebbe stato un miracolo. Già a gennaio invece ci siamo ritrovati con più vaccini efficaci». 

Che senso ha dare precedenza agli anziani e non (anche) ai sanitari?
«In Svizzera si è valutato che non sono i professionisti della salute a sovraccaricare il sistema sanitario. Prima vacciniamo le persone che vanno all'ospedale. Quelle più deboli. Se una persona di trova in una fascia a rischio, non dovrebbe aspettare la nuova versione del vaccino col pretesto che magari potrebbe esserci una nuova variante "non coperta"». 

A cosa serve fare il vaccino se non si ritrova la libertà completa?
«L'idea di lasciare andare le persone che sono vaccinate sembra avere senso. Ma si vogliono avere certezze sul fatto che oltre a non prenderla, non portino in giro la malattia. Aspettiamo di avere qualche conferma in più. Il politico per prendere delle decisioni ha bisogno di ricevere dati dalla scienza. Questi dati arrivano a mano a mano. Non è facile prendere decisioni in un clima di incertezza». 

Ma non doveva arrivare la temuta terza ondata?
«Se non l'abbiamo vista, è grazie alle misure messe in atto. Dobbiamo comunque rimanere vigili. Con 1.200-1.500 contagi al giorno siamo allo stesso livello del picco della prima ondata». 

Perché Israele è così avanti nella vaccinazione, mentre noi no?
«Alcuni Stati, tra cui Inghilterra e Israele, all'inizio di questa crisi hanno investito milioni di dollari sui vaccini. Da subito. Si sono presi il rischio di fare ricerca, avendo però poi la garanzia di avere la precedenza su un eventuale prodotto valido. È normale che siano più avanti con la campagna».    

E perché la Svizzera non ha fatto altrettanto?
«Bisognerebbe chiederlo ai politici. In parte però lo ha fatto, con Moderna ad esempio». 

La Svizzera sembra debole di fronte a chi ha in mano la "ricetta" del vaccino. Berna ha dormito? 
«Non abbiamo fatto così male. Vorremmo che tutto venisse risolto entro breve. C'è fretta. È vero che ci si può sempre aspettare qualcosa di più. Ma i vaccini non devono esserci solo per la Svizzera. Devono esserci per tutto il mondo».

La Svizzera però è la patria delle case farmaceutiche...
«Ci stiamo lamentando di un Paese che ci ha dato, in un modo o nell'altro, almeno due vaccini efficaci finora. Al momento non abbiamo ancora tantissime dosi, ma le avremo. E non dimentichiamoci che le cose stanno andando verso il meglio. Si va verso la stagione calda e si sta procedendo con una vaccinazione valida. Tra 6-8 settimane osserveremo che la curva dei ricoveri e dei decessi andrà giù. Non credo che vivremo un'altra "maledetta primavera". Sono ottimista». 

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