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TICINO«Sono orgoglioso del mio Ticino»

18.01.21 - 11:24
Ignazio Cassis parla da ex medico cantonale e da ticinese. «Bene la gestione della pandemia, ma la morte non sia tabù»
tipress
Fonte ATS
«Sono orgoglioso del mio Ticino»
Ignazio Cassis parla da ex medico cantonale e da ticinese. «Bene la gestione della pandemia, ma la morte non sia tabù»

LUGANO - I negoziati con l'Ue, i problemi della politica. Il "suo" Ticino e - soprattutto - la morte. Oggi il consigliere federale Ignazio Cassis ha concesso una lunga intervista alla Neue Zürcher Zeitung, in cui ha parlato da ministro degli esteri, ma anche da ex medico cantonale e da ticinese. 

Il fronte europeo - Per quanto riguarda l'accordo quadro con l'Ue, nel contesto della pandemia Cassis lo ha definito «importante, ma non assolutamente necessario». Le tempistiche si sono dilatate - ha sottolineato il ministro - a causa del Covid e della Brexit. «L'Ue è stata pesantemente assorbita dalla Brexit e dalla questione del bilancio alla fine dello scorso anno. Tuttavia, sono ora fiducioso che presto potremo tenere discussioni».

La polarizzazione della politica - Il medico con studi all'università di Zurigo parla anche della polarizzazione politica in Svizzera, a suo avviso cominciata parecchio tempo fa. Cita a questo proposito anche la Lega in Ticino, per poi parlare della piramide dei bisogni di Maslow: «La realizzazione di sé è possibile solo nella prosperità, il benessere porta all'individualismo e questo alla polarizzazione» argomenta Cassis. «I problemi sono sempre più piccoli, anche quelli su cui si litiga. All'estero, mi capita spesso di sentire: vorrei avere i vostri problemi».

Il Covid - La pandemia rappresenta per contro una sfida seria e il vicepresidente del Consiglio federale sostiene le nuove misure entrate in vigore oggi. «Se sottovalutiamo il pericolo rappresentato dai virus mutati in Svizzera accadrà la stessa cosa che in Inghilterra: il numero di casi esploderà e andrà fuori controllo. Ora abbiamo l'opportunità unica di frenare questo sviluppo, perché possiamo imparare dall'esperienza di altri paesi. Sì, le misure sono dure, ma purtroppo sono necessarie. Dobbiamo rallentare l'epidemia e allo stesso tempo vaccinare, vaccinare, vaccinare».

«Orgoglioso del Ticino» - Cassis parla anche della situazione a sud delle Alpi. «Come ex medico cantonale in Ticino sono orgoglioso del mio cantone. Lì praticamente tutti i residenti dei centri per anziani sono già stati vaccinati. Mia madre ha ricevuto una lettera personale del medico cantonale che spiega dove e quando può farsi vaccinare. Ma purtroppo non tutti i cantoni sono ancora sulla stessa strada», si rammarica l'ex presidente del gruppo parlamentare federale PLR. «Ogni giorno senza vaccinazione è un giorno perso».

Pensare in modo diverso - E ancora: «Osservo che molte persone hanno la sensazione di non poter più dire quello che pensano. C'è molta pressione per dire solo ciò che è accettabile. Tutti parlano di diversità di opinioni, ma sento una crescente inibizione ad avere il coraggio di pensare in modo diverso». Per il successore di Didier Burkhalter alla testa del Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE) nell'era dei media sociali si opera sempre di più con slogan ed emozioni: «Questo influenza anche la politica, ci sono sempre più tabù».

Il tabù della morte - Il tabù numero uno è comunque quello della morte. «Quale medico, so che la morte fa parte della vita. Un'epidemia fa vittime, purtroppo. Sono stato presidente dell'associazione delle case anziani Curaviva per sei anni. Ci siamo occupati quotidianamente di questioni relative alla morte, alla dignità umana e ai diritti umani. Già allora abbiamo visto quanto sia difficile per la società accettare la morte come una fase della vita. O anche solo di parlare della morte».

Ricordi d'infanzia - Probabilmente anche qui si conferma il modello di Maslow, prosegue Cassis. «Nella fase di auto-realizzazione, una società benestante non vuole affrontare eventi così difficili da sopportare come l'inevitabilità della morte. Da bambino, la morte era qualcosa di naturale per me», riferisce il politico nato nel 1961 a Sessa, nel Malcantone. «Quando qualcuno moriva nel villaggio, veniva steso a casa sua: tutti prendevano commiato, toccavano il defunto un'ultima volta. Anche i bambini sapevano cosa significava la morte. Oggi abbiamo rimosso la morte. In qualità di medico mi dispiace che, come consigliere federale, devo tenere conto di questo fenomeno sociale nelle mie decisioni», conclude il probabile presidente della Confederazione per il 2022.

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