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SVIZZERA«È così difficile capire che il sesso senza consenso è uno stupro»?

02.12.20 - 07:00
Intervista a Roberta Schaller, criminologa di Zurigo, che accusa: «La legge svizzera è inadeguata per i reati sessuali»
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Nel tondo Roberta Schaller, giurista e criminologa di Zurigo
Nel tondo Roberta Schaller, giurista e criminologa di Zurigo
«È così difficile capire che il sesso senza consenso è uno stupro»?
Intervista a Roberta Schaller, criminologa di Zurigo, che accusa: «La legge svizzera è inadeguata per i reati sessuali»

LUGANO - In Svizzera le donne vittime di reati legati alla sfera sessuale non sono abbastanza tutelate e oltre all’atto subito, si ritrovano davanti a una legislazione che le pone in una situazione di svantaggio per quanto accaduto. Anche uno studio commissionato al gfs.bern – istituto di ricerca e di indagini – ha evidenziato che quella svizzera è una delle leggi che meno tutelano le donne vittime di abusi. Un demerito che è stato fatto notare perfino da Amnesty International. Stando ai dati forniti dall’Ufficio Federali di statistica (UTS) in Svizzera una donna su cinque, di età superiore ai 16 anni ha già subito degli atti sessuali non consensuali. Molte di loro non arrivano nemmeno a denunciare il loro aggressore. Ne discutiamo con Roberta Schaller, Giurista e Criminologa indipendente a Zurigo.

Perché molte vittime di abusi sessuali non denunciano?
“Perché hanno paura di non essere credute e perché in fondo il nostro codice penale non le tutela abbastanza. Non importa se non si sono difese. Non importa cosa indossavano, o se si sono messe in una situazione particolare. Il sesso senza consenso è stupro. Bisognerebbe cominciare a far passare questo messaggio”.

Che approccio ha la giustizia svizzera verso le vittime di stupro?
“Dall‘aggressore ci si aspetta che si sia reso conto che stava commettendo uno stupro. Dalla vittima ci si aspetta che si sia attivamente difesa. Già questo discolpa in qualche modo l‘aggressore e discredita la vittima che non ha reagito durante lo stupro. Ben sapendo che la maggior parte delle vittime di stupro non oppone resistenza perché durante la violenza sessuale subentra la cosiddetta “paralisi involontaria“ o lo “choc“, entrambe reazioni fisiologiche e psicologiche del tutto normali. In pratica la vittima pensa, se non mi difendo, forse riesco almeno a salvarmi. Purtroppo a volte sembra quasi che se non hai opposto resistenza, allora te la sei un po‘ voluta“.

Ritiene che il diritto penale oggi vigente in Svizzera sia inadeguato in materia di reati sessuali? Il codice penale svizzero, e più precisamente l‘art. 190 CP, dice che la violenza carnale, presuppone la coercizione di una persona di sesso femminile a subire l‘atto sessuale (riferito alla sola penetrazione vaginale).
"Penso che la violenza carnale dovrebbe essere punita anche in assenza di coercizione, dove non c‘è un consenso. E dovrebbe essere punita di fronte a ogni tipo di penetrazione. E presuppone che la vittima abbia fatto di tutto per difendersi, anche se sappiamo che questa non è proprio una reazione spontanea. Perfino il sito internet svizzero sulla prevenzione della criminalità (spc) consiglia alle vittime di un’aggressione di urlare forte, mordere, cercare di divincolarsi e quant’altro”.

Cosa manca in Svizzera perché una vittima di stupro possa ottenere giustizia?
“Il rispetto dell’autodeterminazione sessuale e l’inserimento nel codice penale del consenso della vittima. Mentre la pratica giuridica è focalizzata sulla resistenza e la violenza. Ma cosi non si tiene in considerazione che la maggior parte degli stupri e delle violenze a sfondo sessuale avviene nella cerchia di amici e familiari della vittima. Per questo quasi nessuna delle vittime riesce a mettere in atto quanto auspicato dall'attuale legge, ossia resistere attivamente all'aggressore. Che quasi sempre è una persona di cui la vittima si fidava”.

Lei come spiega quest’aumento di reati legati alla sfera sessuale?
“Sta cambiando molto il ruolo della donna nella società. La donna diventa sempre più indipendente emotivamente ed economicamente, e si distanzia da certi stereotipi del passato. La violenza sessuale, per alcuni uomini, è un modo per dominare e controllare la donna”.

Se vi è un aumento nei reati sessuali, esiste quindi una concreta urgenza d'intervenire sul diritto penale?
“Assolutamente, ma non solo, dovrebbe esserci per gli specialisti del settore, avvocati, magistrati e poliziotti, una formazione obbligatoria e continua e la formazione di uno o più team all’interno della procura composti tra gli altri anche da criminologi. Il cambiamento del codice penale servirebbe comunque anche a cambiare una certa cultura dell’impunità “.

In un’aula processuale, quando si affronta un caso di stupro, capita che la vittima venga messa in condizione di sentirsi più colpevole che non l’aggressore?
“Il sesso senza consenso è stupro. Sembrerebbe così semplice. Ma non è così. La vittima deve portare in tribunale tutta una serie di prove oggettive, deve inoltre aver dimostrato di essersi difesa, di non essere troppo vulnerabile psicologicamente perché altrimenti si rischia che l’aggressore non abbia capito che ti stava violentando. Inoltre la maggior parte degli stupri sono commessi da persone conosciute dalla vittima, persone appartenenti al suo entourage, dal posto di lavoro, alle amicizie, alla famiglia. Questo comporta da una parte una non sempre immediatezza nel denunciare e dall’altra una sensazione che una violenza sessuale commessa da qualcuno noto alla vittima non sia stupro. Sommate tutti questi punti e avrete la risposta alla domanda”.

Sul sito della Polizia Cantonale ticinese, nella sezione dedicata alla prevenzione degli stupri, abbiamo visto dei consigli discutibili, lei come giudica quest’approccio?
“Premetto che ho massima fiducia nelle forze dell’ordine. Detto questo penso che intendessero dare dei consigli utili, qualora si verificasse un’aggressione da parte di uno sconosciuto. In realtà come evidenziato prima la maggior parte delle vittime è stuprata da una persona a lei nota. A questo punto cambierei i consigli del sito, che contemplano reazioni o azioni difficili da attuare, come avere a portata di mano apparecchi acustici d’allarme, spray accecanti, urlare e chiedere aiuto, tentare di far ragionare l’aggressore, ecc…, direi piuttosto alle donne che pensano di vivere una situazione dove potrebbe avvenire una violenza sessuale o pensano di aver subito una violenza sessuale di parlarne con l’aiuto alle vittime, e di fare chiarezza sull’accaduto. Essendo persone con una formazione specializzata in tal senso possono capire le dinamiche della situazione. Oppure le donne potrebbero rivolgersi a un criminologo o ancora a uno psicologo. L’importante è che qualcuno del settore raccolga la testimonianza della donna e possa fare una prima valutazione del caso”.

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