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CANTONE/ITALIALugano-Milano, il viaggio della speranza

18.05.20 - 18:36
Treni vuoti, bus sostitutivi, regole che cambiano: come viaggiano, oggi, i passeggeri tra Ticino e Lombardia?
foto tio.ch/20minuti
Il bus dei frontalieri, tra Como e Chiasso.
Il bus dei frontalieri, tra Como e Chiasso.
Lugano-Milano, il viaggio della speranza
Treni vuoti, bus sostitutivi, regole che cambiano: come viaggiano, oggi, i passeggeri tra Ticino e Lombardia?
Abbiamo fatto un viaggio sulla "antica" rotta dei pendolari. Per capire cosa è cambiato, da una parte e dall'altra del confine

CHIASSO - Chiasso, 8.30 di mattina. I frontalieri scendono dal bus in via Volta: sono meno di una decina. È quello che rimane delle frotte di pendolari, i treni stracolmi che facevano notizia prima dell'emergenza Covid-19. Attraversano a piedi piazza Indipendenza, via Motta, si spargono lungo i binari del treno.

La stazione di confine è il capolinea tra due mondi. Da questa parte la strana normalità post-lockdown. Dall'altra maschere e guanti obbligatori, rigore quasi militare. I pendolari lombardi e ticinesi sono cambiati molto negli ultimi due mesi: non si incontreranno ancora per un po' - almeno stando alle notizie da Berna e Roma - e potrebbero stentare a riconoscersi.  

Abbiamo fatto un viaggio a cavallo del confine, per confrontare le condizioni di viaggio tra Ticino e Lombardia.  Dall'11 maggio in Svizzera è entrato in vigore il piano di protezione per i passeggeri del trasporto pubblico. Le FFS fanno «affidamento sulla responsabilità individuale». Secondo un sondaggio condotto da Tamedia, però, il 68 per cento degli svizzeri è a favore dell'obbligo della mascherina sui mezzi pubblici.

«Sono molto preoccupato» commenta ad esempio G.B., viaggiatore del Mendrisiotto che usa abitualmente il treno per recarsi al lavoro. «Temo che le misure adottate qui siano insufficienti. Cosa accadrà quando torneranno le folle di frontalieri?». G.B. ha scritto alle FFS per lamentarsi della situazione, e probabilmente non è l'unico.

Il problema non si pone almeno per ora: all'ora di punta la stazione di Chiasso è deserta. «È così da settimane - spiega un'assistente delle FFS - non mi chieda dove sono finiti tutti perché non lo so». Eppure dal capolinea dei treni TiLo ed Intercity parte l'unico collegamento attivo tra Italia e Svizzera: il bus 1 delle autolinee Asf, che fa la spola tra via Volta e Como. 

Il servizio non è molto pubblicizzato, va detto. Inutile telefonare per chiedere informazioni. Il centralino non risponde, e nemmeno l'ufficio stampa. L'unica è andarci di persona: «Il servizio è attivo, facciamo corse ogni sette minuti negli orari di punta» spiega un autista comasco blindato nella cabina di guida. 

Gli autobus italiani hanno subito modifiche importanti, con la pandemia. Vietato l'ingresso in testa, obbligo di mascherina e guanti per i passeggeri - «altrimenti non li facciamo salire» -, posti a sedere ridotti. «Viaggiamo con una ventina di persone al massimo» conferma un altro conducente in attesa di partire dalla stazione San Giovanni di Como. «Prima del coronavirus? Ne avrei caricati anche un centinaio». 

Il distanziamento è obbligatorio, oltre confine, sui treni come sui bus. Un sedile su due è sigillato con nastro e cartello: «Vietato sedersi». In Svizzera sedersi di fianco a un altro passeggero non è vietato: le FFS si affidano all'educazione e al senso di responsabilità. «I controllori non possono fare da poliziotti» hanno precisato i vertici dell'ex regia federale nelle scorse settimane. 

«Finora non ci sono grandi problemi» spiega M.P., frontaliere che viaggia ogni giorno da Como a Lugano. «I posti a sedere non mancano, anche se le coincidenze non funzionano benissimo e tutti questi cambi sono decisamente scomodi». Anche M.P. è preoccupato piuttosto per quando verrà ristabilito il collegamento diretto. «I treni non potranno essere sovraffollati come prima, questo è evidente». 

Per ora, la stragrande maggioranza deve avere scelto l'auto. Anche il treno fra Milano e Como-San Giovanni è semi-deserto. Il capoluogo lombardo accoglie i viaggiatori con corridoi segnalati a terra, ovunque adesivi e indicazioni di marcia. Alla stazione Garibaldi i passeggeri in transito sono meno numerosi dei vari volontari (Croce Rossa, Protezione civile) e uomini in divisa (esercito, polizia) che danno indicazioni e controllano i documenti.  

Sono le sette di sera, orario di "fuoco" per i pendolari. Ma il via vai è minimo, chi lavora qui tutti i giorni lo conferma. «Non c'è stato un grande aumento di passaggi nelle ultime settimane» racconta un tassista appostato all'ingresso. «La gente non si fida, siamo lontani dalla normalità». Fuori dalla stazione i grattacieli di Porta Nuova si stagliano contro il cielo grigio. 

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