Milioni di persone a letto e migliaia di vittime. Ecco come mezzo secolo fa si disinnescava la paura.
Il filmato di un cinegiornale del 1969 è diventato virale in rete. Per le molte analogie con la situazione odierna. Ma anche per una leggerezza che abbiamo perduto.
LUGANO - «E cinquemila sono passati a miglior vita». Non è il momento del sarcasmo, ma forse il racconto, e soprattutto il ricordo, delle epidemie passate potrebbe servire ad alleviare, ad abbassare di un decimale di grado, la febbre della paura, che ci sta ammalando tutti.
Diciotto mesi per arrivare - Natale 1969, mezza Italia è a letto. «Tredici milioni di italiani» precisa con tono leggero la voce che accompagna un vecchio cine-giornale. Il filmato, rispuntato dall’archivio dell’Istituto Luce, è diventato in questi giorni virale sul web. Non si trattava della solita influenza, ma di una delle tre più pesanti pandemie che ha registrato il secolo scorso (‘18, ‘57 e ‘68, è la terna da giocare sulla ruota della sfortuna). Dopo la “spagnola” o “spagnuola”, il virus sboccia ad Hong Kong nell’estate 1968 ed è un fiore velenoso che impiega diciotto mesi per arrivare in Italia. «In compenso ci ha colti del tutto impreparati» afferma il giornalista di allora. Critico, come lo sono giustamente tutte le persone che fanno questo mestiere. Questo non è cambiato.
Se Mao starnuta - Superfluo osservare che mutati sono invece i tempi della propagazione del virus. Adesso maledettamente più brevi di allora. Il contagio oggi si muove alla velocità con cui si spostano le merci e, soprattutto, le persone. «Quando Mao starnuta - dice un proverbio coniato allora per l’occasione - il mondo si ammala». Lo starnuto che si trasforma in uragano, altri non è che una più realistica rappresentazione del battito d’ali che scatena il caos.
Un'iniezione di ironia - La paura? No, quella oggi corre dannatamente più veloce degli starnuti di Xi Jinping. E anche la narrazione è mutata. Ora che i morti, nel mondo, non in un solo Paese, hanno purtroppo superato quota tremila, nessuno si sognerebbe di raccontare che quei poveretti «sono passati a miglior vita». Allora si usava. Soprattutto usava un media potente come il cinegiornale, da cui traspare un'ironia che sembrava studiata per non creare allarmismi. Ma allora si fumava anche molto di più, non si allacciavano le cinture di sicurezza salendo in auto (anche perché non c’erano) e tante altre cose che ora giudicheremmo da irresponsabili. Eppure ad avere l’impressione di camminare sul ciglio del burrone siamo noi, adesso, non mezzo secolo fa.
Né grappa né acqua santa - L’influenza non è pericolosa? «E chi lo dice. Non bastano sciroppi e supposte. Occorre fermare il virus prima che arrivi» ammonisce il filmato conservato dall'Istituto Luce. Già. Troppo facile, amico!, avrebbe esclamato qualcuno. Allora come oggi la pressione ricade su chi deve trovare la cura e salvarci tutti. Per la disperazione degli esercenti non ci si affida più a cognac e grappa come nel 1918 (vedi sotto) e nemmeno all’acqua santa che è svaporata prudenzialmente dalle chiese. Mezzo secolo dopo, il rimedio si chiama ancora vaccino. Allora c’era, o meglio qualcuno l’aveva a disposizione: «C’è, in qualche zona fuori d’Italia è stato distribuito». Dal tempo in cui la livella erano i soldi, si arriva all’ansia di un presente dove i maggiori mezzi possono poco o nulla. Perché ancora tutta da inventare è quella protezione su cui stanno spremendosi le migliori menti.
Il girotondo ricomincia - Intanto il mondo si ferma. «Le strade, le fabbriche, gli uffici si sono mezzo svuotati. A riempirsi sono stati gli ospedali». Potrebbe essere stata detta oggi e non mezzo secolo fa quando un’influenza fece passare a miglior vita chi aveva, forse, meno paura. «Tra due o tre anni il girotondo ricomincia. Pensiamoci in tempo» concludeva minaccioso il filmato di distrazione di massa. Beh, se non altro c'è voluto un po' più tempo.
Tra prevenzione vera e rimedi fantasiosi
Se il coronavirus sta mettendo in difficoltà l’economia, dai piccoli negozi alle grandi imprese, tra quarantene del personale e acquisti ridotti, c’è una minoranza che da tutto questo si sta arricchendo. Il boom delle mascherine, dei gel igienizzanti, degli antivirali, ha svuotato non solo le farmacie ma addirittura i magazzini. La corsa “agli armamenti” si è così spostata in rete dove qualcuno ha fiutato l’affare marciando sui prezzi al dettaglio. E ci sono i casi particolari come quel gel che sin da tempi non sospetti reca la scritta “efficace contro il coronavirus”. Tanto da far gridare al premeditato diversi utenti sui social, ignari che il Covid-19 è solo uno dei tanti coronavirus esistenti. Nulla di nuovo sotto il sole, basta sfogliare i giornali dell'epoca, quando si spacciava qualsiasi cosa, dalla birra al cognac, come rimedio. RED