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MENDRISIO«L'architetto? Per me è un modo di essere»

03.03.20 - 16:00
Riccardo Protti, 25 anni, luganese, si è laureato alla Supsi. Da oltre tre anni lavora come progettista
foto Supsi
Riccardo Protti, 25 anni, di Lugano
Riccardo Protti, 25 anni, di Lugano
«L'architetto? Per me è un modo di essere»
Riccardo Protti, 25 anni, luganese, si è laureato alla Supsi. Da oltre tre anni lavora come progettista

MENDRISIO - Una certa predisposizione per le costruzioni Riccardo Protti, 25enne luganese, l’ha sempre avuta, da quando da bambino, con suo fratello, passava i pomeriggi a mettere sottosopra il salotto di casa, divertendosi a progettare strutture di fortuna e piccoli nascondigli con cuscini, coperte, e quant’altro trovava in casa.

Nel 2016 concretizza questa inclinazione laureandosi in Architettura d’interni e trovando lavoro come progettista in uno studio di architettura. Poco dopo, decide di mettersi nuovamente in gioco e consolida la sua formazione iscrivendosi al corso di laurea della Supsi in Architettura. Il fatto che abbia già un lavoro non è un problema: il programma delle lezioni è concepito per essere compatibile l'attività professionale. «Ho fatto questa scelta per passione, ma soprattutto per soddisfare la mia innata curiosità. Voglio comprendere cosa è davvero l’architettura e cosa significa essere architetto, non solo come professionista, ma anche come modo di essere».

La visione di Riccardo sull’architettura parte dall’esigenza umana di «vivere bene l’interno e di comprendere come gli spazi di una costruzione possano dialogare con il mondo esterno. I luoghi devono saper raccogliere e raccontare ricordi ed esperienze».

Il proseguimento degli studi ha permesso a Riccardo di approfondire le conoscenze sulle strutture delle costruzioni, indispensabili ad ogni architetto. Un periodo senz’altro impegnativo che gli ha fatto scoprire come nel suo campo «è lo studio del dettaglio a fare la differenza».

«Il periodo di studio non è stato solo duro lavoro e notti in bianco – conclude Riccardo – ma anche possibilità di viaggiare grazie all’organizzazione di workshop internazionali. Sono stato in India, ad esempio, dove sono entrato in contatto con una cultura per me quasi del tutto sconosciuta: un’esperienza di crescita che ha lasciato il segno».

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