Pazienti, superiori e colleghi: come reagire alle attenzioni non desiderate? Per la prima volta in Ticino un corso rivolto al personale sanitario
CHIASSO - Qualcosa di strano e nuovo è successo settimana scorsa a Chiasso in via Simen. Nove donne hanno varcato la soglia dell'Asi-Skb, l'associazione svizzera infermieri, per un appuntamento sui generis: due giorni di formazione e confronto su come gestire le molestie subite o osservate sul lavoro.
Le operatrici sanitarie – provenienti da strutture pubbliche e private, grandi e piccole – non si conoscevano, ma piano piano hanno iniziato a raccontare. «Funziona così, una si confida e poi le altre seguono a ruota» racconta Vincenzo Santoro, lo psicologo che ha coordinato l'incontro. «È stato emozionante e, per loro, liberatorio».
È la prima volta che in Ticino viene organizzato un incontro di gruppo simile, in ambito sanitario. «È stato dato alle operatrici uno spazio per fare il punto sulla conoscenza del problema e disciplina normativa - spiega l'esperto - ma anche per comprendere i limiti dell'accettabile, e imparare a difendersi».
Negli ospedali del Cantone sono rari gli episodi conclamati di molestie, e pochissimi sono sfociati in denunce penali. Di recente anche il sindacato Vpod ha puntato i riflettori sul problema, che considera «in gran parte sommerso». Secondo un recente studio tedesco, due terzi delle infermiere riceverebbero “attenzioni sgradite” almeno una volta nella loro carriera. In Svizzera però i Tribunali cantonali si sono espressi solo 35 volte su casi di molestie sul lavoro, negli ultimi dieci anni. «In Ticino in particolare è diffusa la convinzione che denunciare non serva a niente, anzi. Le vittime temono di perdere il posto di lavoro».
Nessuna o quasi sporge querela ma – come dimostrato a Chiasso – molte raccontano le proprie esperienze. È comunque un inizio. L'obiettivo «è farle sentire meno isolate» fornendo alle donne «informazioni sugli strumenti giuridici e di sostegno a disposizione» conclude Santoro. E l'associazione infermieri lancia un appello: introdurre dei moduli formativi sul tema nelle scuole socio-sanitarie, negli ospedali e nelle aziende in genere. Chissà che le cose non possano cambiare.