Duro attacco dell’MPS. Cosa resterà della fashion Valley in Ticino? «Grandi depositi di logistica, posti di lavoro mal pagati e precari».
LUGANO - Che la moda sia ancora un settore d’avvenire e innovativo per lo sviluppo economico del nostro Cantone sono rimasti in pochi a crederlo. Tra chiusure di negozi, fughe di ditte che vanno via dal Ticino, salari bassissimi a chi lavora nei grandi marchi, continua assunzione di frontalieri a basso costo, licenziamenti vari, la cosiddetta fashion valley sta conoscendo indubbiamento un lento declino. Ne è sempre più convinto l’MPS che oggi ha tirato una velenosa frecciata su tutti coloro che credono ancora nella moda come valvola di risanamento delle nostre finanze. «Ci hanno detto - scrive l'MPS - che la moda ha sostituito le banche dei tempi d’oro senza neppure rendersi conto che, dopo anni di critiche dell’eccessiva dipendenza del Ticino dal settore finanziario, era a dir poco miope legare di nuovo le sorti del cantone a un comparto, per di più basato su pratiche di evasione fiscale combattute a livello internazionale».
L’MPS fa notare che i «salari sono da fame: nell’industria tessile il minimo parte da 2'500 franchi, nel commercio all’ingrosso e nella logistica si parte da 3'000 franchi lordi», se la prendono con Philippe Plein, le cui «condizioni di lavoro e i salari non lasciano ben sperare», e perfino con Chiasso che «progetta la costruzione di una nuova scuola tecnica di moda e di sartoria».
L’MPS punta il dito sulla miopia dei politici, su un Cantone che «si è candidato a diventare un’antenna del Parco nazionale dell’innovazione con un proposta basata su “moda e logistica”, poi scartata per ben due volte dagli esperti perché mancano reali cifre sulle interazioni delle grandi case internazionali con le aziende del territorio e sulle attività di ricerca e sviluppo».
E conclude: «Ora che le nuove norme internazionali imporranno ai grandi gruppi di pagare le imposte dove creano valore aggiunto, in Ticino rimarranno solo grandi depositi di logistica, che causeranno ingenti costi esterni, e posti di lavoro mal pagati e precari. Il Cantone, guidato dai suoi “capitani coraggiosi” si è legato il cappio al collo da solo, altro che lungimiranza!»