L’Unione Associazioni dell’Edilizia e i sindacati sono pronti a combattere per mantenere una legge «fondamentale». Ventilata la possibilità di referendum e ricorso al Tribunale federale
BELLINZONA - La decisione del Consiglio di Stato di abrogare la LIA, la tanto discussa Legge sulle Imprese Artigianali, e il relativo albo ha scoperchiato il classico vaso di Pandora. C’è chi festeggia per la sua “morte” e chi vorrebbe far di tutto per salvarla.
Della seconda fazione fa parte l’Unione Associazioni dell’Edilizia (UAE) che non ha esitato a definire «grave» la situazione venutasi a creare a seguito di questa scelta. «Si rischia di far tornare il settore dell’artigianato nell’anarchia. E c’è la possibilità di perdere parecchi posti di lavoro e di apprendistato». Spaventa soprattutto il fatto di non avere certezze. Proprio per questo l’UAE ha deciso di indire, questa mattina all’hotel Unione di Bellinzona, una conferenza stampa congiunta con i sindacati OCST e UNIA per fare il punto sulla situazione. L’obiettivo era quello di fornire delle risposte alla domanda che attanaglia molti artigiani: «E ora cosa succede?».
La risposta fornita da Piergiorgio Rossi, presidente dell’UAE, associazione mantello che rappresenta circa 700 imprese, 5’300 collaboratori e 1’100 apprendisti è chiara. «La Lia va salvata. Ha tantissimi aspetti positivi e solo alcune criticità. Va quindi corretta e non snaturata», sottolinea Rossi che specifica come l’artigianato sia un attore fondamentale dell’economia cantonale e come esso vada tutelato anche dalla politica. «Il grosso vantaggio della Lia è che si trova a monte del mercato del lavoro. Si verifica l’idoneità delle aziende prima che esse si immettono nel mercato. E questo intervento preventivo è fondamentale».
Dello stesso parere è pure il sindacalista di Unia, Igor Cima. «La Lia è uno strumento importante. E va difeso. Le condizioni di lavoro in Ticino - ricorda il sindacalista - peggiorano di anno in anno. C’è un imbarbarimento. I sindacati passano ore in procura per reati di natura penale come l’usura e la tratta di esseri umani che coinvolgono il mondo del lavoro». Secondo Cima la Lia aveva permesso di ridurre questi casi. «Essa rappresenta una diga a monte. Uno strumento di sbarramento per fermare i furbi. Senza di essa ci sarà un peggioramento, anche per quanto riguarda la qualità dei lavori proposti».
Paolo Locatelli, sindacalista OCST, concorda con il collega e lancia una frecciatina al Governo: «La Lia non è il Titanic. Non capiamo perché il Consiglio di Stato abbia abbandonato la nave alla prima difficoltà». Locatelli poi sottolinea che il sindacato OCST è pronto a combattere con ogni mezzo per salvare uno «strumento preventivo fondamentale per poter intercettare quelli che pensano che il Ticino sia l’eldorado», riferendosi ad alcune ditte della vicina penisola. «Non si può lasciare la Lia perché c’è stato un inciampo. Un possibile referendum? Il sindacato è pronto a scendere in piazza per difenderla. Siamo pronti ad andare fino al Tribunale federale».
Il ricorso al Tribunale federale, stando al presidente dell’UAE è «una delle possibilità». Un’altra sarebbe quella del referendum contro la scelta del Gran Consiglio. La decisione del Tram, come ricorda il presidente della commissione di vigilanza Renzo Ambrosetti, deve ancora crescere in giudicato. «La legge è ancora in vigore», spiega l'ex sindacalista ricordando come i ricorsi giunti alla Comco provenissero da ditte di Uri e Lucerna. «La situazione del Ticino è un unicum a livello nazionale. Ma anche i lavoratori di oltre Gottardo tra poco rischieranno».
I sindacati e l'UAE oggi hanno lanciato un chiaro messaggio alla politica. «La morte della Lia sarebbe una perdita per tutta la popolazione ticinese. Deve essere salvata».