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BELLINZONATicino 2030: sarà un Cantone di filo nazisti?

04.12.17 - 06:01
Inneggiano alla supremazia della razza bianca. Finora si tratta di casi isolati. Ma gli esperti invitano a mantenere alta l’attenzione. La sensazione è che il problema sia sottovalutato.  
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Ticino 2030: sarà un Cantone di filo nazisti?
Inneggiano alla supremazia della razza bianca. Finora si tratta di casi isolati. Ma gli esperti invitano a mantenere alta l’attenzione. La sensazione è che il problema sia sottovalutato.  

BELLINZONA – Tre giovani, nati e cresciuti nella Svizzera italiana. È l’equipaggio della Crew 38, gruppo filo nazista che inneggia alla supremazia della razza bianca. Il dato è emerso in seguito a un accoltellamento verificatosi di recente a Locarno, in cui era coinvolto proprio uno dei tre giovani. Già un paio di anni fa in Ticino era emersa la problematica degli skinhead. E il Governo, in risposta ad alcune interrogazioni, aveva gettato acqua sul fuoco. Sostenendo che nelle scuole medie del Cantone i ragazzi sono già adeguatamente informati sul tema del nazismo. Esther Lienhard, collaboratrice del DECS che segue il fenomeno, è chiara: «Al momento i casi sono isolati – dice –. Ma dobbiamo stare attenti. Gli estremisti, e alcuni media sensazionalistici, stanno forgiando slogan pericolosi. Che stanno inculcando in alcuni ragazzi false letture della realtà».

La radiografia – E che la situazione nella Svizzera italiana non sia del tutto pacifica lo spiega Markus T. (nome di fantasia), membro di Antifa Bern, associazione nazionale antifascista. «Solitamente gli skinhead ticinesi si orientano verso la Romandia, ad esempio il Vallese, seguendo le orme degli Swiss Hammerskins (SHS). Alcuni si recano a Milano, dove si trova la Skinhouse Milano. Altri, legati al gruppo Blood & Honor (B & H), si spostano fino a Zurigo, o in direzione di Venezia, dove c’è il Veneto Fronte Skinhead. Un tempo c’erano gli "Skinheads del Ticino". Ma erano poco organizzati. Oggi i ticinesi puntano su grossi gruppi come Swiss Hammerskins (SHS). E la Crew 38 fa proprio parte di questo giro».   

Alla ricerca di un capro espiatorio – Come si arriva a questo? Lienhard ha una sua teoria. «Non si tratta di un fenomeno limitato alla Svizzera italiana. Anzi. Il ritorno di queste idee trova terreno fertile in un mondo che sta vivendo grossi cambiamenti. Pensiamo a ragazzi disorientati, che magari non hanno un supporto in famiglia. Sono confrontati con fenomeni importanti, come quello della migrazione o del frontalierato. Constatano che ci sono problemi sociali, o di disoccupazione. A cui prima non si era abituati. E allora iniziano a cercare risposte e rassicurazioni in internet. Imbattendosi in persone che danno loro certezze fasulle. Si sente il bisogno di dare la colpa a qualcuno. Ed è a quel punto che il “diverso” diventa il capro espiatorio». 

Inno a Hitler – Ma un 18enne che inneggia a Hitler sa davvero chi era, e cosa ha fatto, il “Führer”? Ed è possibile fermare, per tempo, ragazzi che stanno prendendo una brutta strada? Lienhard racconta di due casi verificatisi nelle scuole medie ticinesi. «Situazioni in cui ragazzi fragili hanno trovato su internet persone che li spingevano alla ribellione. Attraverso un approccio multidisciplinare, si è riusciti a recuperare questi giovani e a fare capire loro che certi concetti sono sbagliati».

Presa di coscienza – Markus T. invita tutti a una riflessione. Comprese le autorità politiche e non. «La società non si può più nascondere. E deve chiamare queste persone per quel che sono. Neonaziste, disumane, discriminatorie e razziste. Troppo spesso quando ci sono concerti di queste organizzazioni, ci si limita a dire che tutti si sono comportati bene e che non ci sono stati incidenti. Ci si dimentica, tuttavia, a cosa servono questi eventi. E quale ideologia ci sia dietro. Lì si raccolgono fondi per finanziare i movimenti».

La banalizzazione del problema – Il problema finora è stato, dunque, banalizzato? Probabile.  Lienhard insiste sulla potenza di certi messaggi. «Capisco che alcuni giornali vogliano fare il titolone. Ma così si crea solo confusione nella testa di alcune persone già disorientate. La scuola? Non può agire da sola. Su questo tema devono intervenire anche la famiglia e la società». 

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